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Azienda e Organizzazione

Verso una Classificazione del Consumatore

Necessaria premessa è che i ragionamenti elaborati finora ci permettono di dire che il consumatore consuma immagini, ma prima di tutto segni che gli permettono di raggiungere obiettivi sì individuali, ma anche sociali in generale, per integrarsi nel gruppo di consumatori, ricercando al contempo qualcosa che lo distingua. Dunque apparentemente ci sentiamo liberi nella scelta di un prodotto, ma in realtà i meccanismi scatenanti tale momento sono profondamente vincolati: Baudrillard lo chiamava infatti il locus di maggiore dipendenza.
La società moderna merita che sia aperto un apposito capitolo che la riguarda: nell’era dell’eccesso, dell’ “in più”, dell’apparire per essere, i bisogni hanno un significato rivoluzionato rispetto ad una più vecchia ma comunque recente concezione; niente serve, ma tutto serve.
Se Cartesio diceva cogito ergo sum, oggi si direbbe habeo ergo sum: si sviluppa una tendenza all’ossessione del possesso secondo la logica del “più possiedo, più sembro, più sono” e ci sarà sempre un livello di consumo più elevato al quale potremo aspirare e del quale ci serviremo per conseguire obiettivi che diversamente faticheremmo a raggiungere. Non si ha bisogno di qualcosa, si ha “bisogno di aver bisogno di qualcosa”.
Il consumatore di oggi tende a fidarsi della grande marca, ma non a stabilire un rapporto di fedeltà con essa; allo stesso tempo però è fortemente attratto dalla firma e dal nome del designer che accompagna il prodotto, perciò sarà altamente imprevedibile nei suoi comportamenti, rendendo difficoltoso un percorso verso una sua classificazione. Studiare i trends può essere un utile elemento per perseguire tale scopo e anticipare in qualche modo i futuri atteggiamenti del consumatore, anche se il panorama che ci si presenta il tal senso come abbiamo detto è profondamente frastagliato. Si afferma la volontà di acquistare qualcosa che privilegi il tema della personalizzazione, o che coinvolga l’utente nel suo utilizzo sempre alla ricerca di una identità nel caos merceologico.
I consumatori poi vogliono trattarsi sempre meglio, concedendosi il lusso di una vita piena di comfort dopo anni di ristrettezze determinate sia da tabù di tipo morale che da vincoli di natura ideologica. E i beni di consumo sono sempre più vissuti come uno strumento che consente facilmente questa soddisfazione edonistica delle pulsioni individuali; non siamo soli, ma ci sentiamo unici e vogliamo che questa unicità venga ribadita anche nel settore dell’offerta commerciale, ricercando un prodotto che si prenda cura di noi, che ci coccoli e ci vizi, per poter trovare rifugio dalla solitudine e generare affezione grazie a questo strano rapporto. Per questo è fondamentale per l’individuo stabilire da subito, ancor prima dell’acquisto, un rapporto fisico con il prodotto, verificandone le potenzialità e le qualità nell’immediato. Una determinata prestazione non è sufficiente, serve offrire dell’altro per soddisfare le esigenze del consumatore. Si spiega così evidentemente perché il consumatore cerchi di aumentare il più possibile la disponibilità di tempo nel corso delle sue giornate e perché, quando ha del tempo libero, vuole goderselo e non sprecarlo per acquisti ripetitivi e noiosi. Ricerca quindi nelle sue scelte di consumo tutto ciò che può aumentare il tempo a sua disposizione. Il consumatore sa quello che vuole, è consapevole e attento alla qualità, fa una richiesta chiara ma dall’altro lato vuole sapere perfettamente cosa acquista, vuole conoscere l’oggetto della sua spesa e pretende che ci sia coerenza tra la realtà dei fatti e il prodotto come ci era stato presentato in pubblicità; desidera non propriamente spendere meno in assoluto, piuttosto spendere bene.
Il prodotto deve avere un’identità molteplice, comunicare emozioni che possano essere assaporate e in più , secondo Baudrillard, gioca il ruolo di espositore dello status.
Il rapporto tra consumatori e beni può comunque essere conflittuale, in quanto i secondi possono generare delusione laddove risultino inadeguati al contesto nel quale vengono utilizzati.
Altro aspetto evolutosi nel tempo è la conoscenza dei propri diritti in materia di acquisto: richiedono all’azienda un suo più attivo impegno di tipo sociale e ambientale, come, ovviamente, di farsi carico di molti problemi più strettamente legati al mercato ed ai prodotti, quali, ad esempio, quelli dovuti ai ritardi della distribuzione.
In passato si tendeva a considerare i consumatori come dei soggetti passivi, facilmente corruttibili, dimenticando anche in quest’accezione che il consumatore è un soggetto pensante, fatto di esperienze, sensazioni e cultura, elementi questi che si riflettono sulla sua scelta d’acquisto. È pur vero che attualmente ci si trova di fronte fenomeni dilaganti diffusi dalla moda, che impone, per chi scelga di seguirli, dei comportamenti ben precisi e delle scelte di consumo premeditate. I fenomeni di moda tendono a indirizzarsi verso gruppi sociali diversi in diversi momenti: da una parte gli innovatori – i cosiddetti leaders – dall’altra coloro che imitano – i cosiddetti followers. I primi avvertono nei secondi una sorta di minaccia in quanto in essi si sviluppa la ferma volontà di tutelare i privilegi guadagnati grazie all’acquisto dell’oggetto di ultimo grido e non intendono assolutamente rinunciarvi, o dover modificare i propri comportamenti d’acquisto a causa di qualcuno che li osservi continuamente e cerchi di emularli a tutti i costi. Questo perché il consumatore effettivamente trae soddisfazione dal fatto che i beni di cui egli entra in possesso siano testimoni di status economico-sociali più elevati rispetto agli altri. I fenomeni di moda sono tipici delle società aperte; essi più di qualunque altro comportamento d’acquisto rendono plateali le motivazioni significanti e qualificanti degli acquisti. Alla base della scelta dell’oggetto di moda vi è un profondo desiderio di emulazione: si vogliono imitare i comportamenti dei modelli che la moda ci propone, ancor di più se essi sono a noi estranei, cioè se non sono tipici della nostra quotidianità.
Ma alla radice dei comportamenti del consumatore – anche se più che di consumatore, dovremmo parlare di consumatori, infiniti quanto infiniti sono gli stili di vita attualmente diffusi – si possono rintracciare diversi fattori: in primis il fatto che la famiglia tradizionale non può più essere intesa come tale si pensava, l’individuo è solo per sua scelta e di conseguenza agisce, scegliendosi il proprio ruolo nella società e subendo un’inversione di ruoli, l’uomo acquistando prodotti che prima si concepivano solo per la donna, come i cosmetici, la donna rivolgendo la propria attenzione a oggetti dall’elevato contenuto tecnologico. Di contro, i giovani – considerati per la prima volta in qualità di categoria sociale a sé stante da Elio Fiorucci, sviluppata poi da Benetton con la diffusione della maglieria – fuori controllo da parte della famiglia di appartenenza, si comportano atteggiandosi ad adulti e aspirando ai medesimi consumi. Altri fattori fortemente condizionanti sono da ricercare – secondo quanto elaborato da J.N. Sheth – nell’assetto sociale e organizzativo, negli stili di vita e nelle stratificazioni sociali, nonché nella cultura.
Rispondere alla domanda “perché la gente compra?” non è certo cosa da poco, le spiegazioni possono essere molteplici e comunque vincolate agli aspetti sopra citati. Certo è che il grado zero del consumo nasce già a livello dell’immagine prima ancora che a livello della funzione. Spesso infatti si finisce con l’acquistare beni che ci appagano esteticamente, ma che non hanno niente a che vedere con quello che ci eravamo proposti di acquistare prima di uscire di casa, cioè con quegli oggetti che davvero ci sarebbero serviti.
C’è da aggiungere poi che i beni di oggi sono in grado di soddisfare più di un solo bisogno e che dunque chi acquista non lo fa in termini di una specifica utilità: nascono così una confusione e una schizofrenia incontrollabile nell’utente, il quale a volte per inerzia o per sfinimento tende a scegliere un prodotto piuttosto che un altro. L’elemento temporale inoltre è fondamentale in quanto anch’esso contribuisce a spiegare le scelte del consumatore: i tempi si sono ristretti, spesso si tende a non rimandare l’acquisto e lo si effettua sull’onda del carpe diem, cioè il tutto e subito, senza possibilità di rimuginamento. Certo, conoscere i bisogni del consumatore è una condizione necessaria per le aziende che devono essere in grado di anticiparli per creare autonomamente i propri vantaggi competitivi sul mercato e sviluppare così le più efficaci campagne comunicative del prodotto. Si era soliti anni fa campionare i consumatori sulla base delle più classiche variabili legate al sesso, alla classe sociale, al reddito eccetera, ma secondo quanto affermato finora, anche questi criteri risultano inefficaci e ci si è dovuti appellare a fattori ben diversi da questi.
Alla luce di quanto detto dobbiamo concludere con un’osservazione: non lasciamoci ingannare dai consumi degli individui perché spesso nemmeno quelli riescono a dire la verità su di essi e rappresentano solo un disperato tentativo di affermare una posizione personale nel mondo che effettivamente essi non ricoprono. Ricordiamoci dunque che quanto più un oggetto è posseduto per essere mostrato, tanto meno elevato sarà il valore del suo status reale.

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Linda Meoni

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