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Scuola

L’Importanza di un’Alfabetizzazione Video per gli Studenti

Nel trattato sull’Unione Europea, in vigore dal primo novembre 1993, il settore dei beni audiovisivi figura esplicitamente all’articolo 128 che tratta della cultura, assumendo in tale modo un rilievo ed una dignità prima sconosciuti; in esso viene previsto che l’Unione deve incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri e, se necessario, “appoggiare ed integrare la loro azione” in settori quali “la creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo” [Pistacchi: 2008: 26].
L’audiovisivo, dal punto di vista percettivo, risulta come una successione di strutture visive e sonore fortemente integrate; in esso, ogni elemento sonoro si allaccia con gli elementi visivi e compositivi, rappresentando un potente mezzo per creare suscettibilità nel grande pubblico. Esso infatti, soprattutto negli ultimi decenni, ha acquisito sempre più importanza e visibilità nella realtà quotidiana di ognuno, prima con la televisione ed il cinema, poi con internet ed i nuovi media.
Oggi, soprattutto per via dalla drastica diminuzione del costo dei mezzi di produzione, l’audiovisivo può essere utilizzato anche nella scuola come un potente mezzo di comunicazione, in grado di consentire la circolazione di informazioni all’interno di una singola scuola, tra scuola e scuola, e tra la scuola e il mondo esterno.
La necessità di fornire agli studenti gli elementi base dei linguaggi del cinema e della televisione, per metter loro in grado di fruire con maggiore consapevolezza dell’ampia gamma di messaggi che i nuovi media offrono, è unanimemente riconosciuta; sono molti ormai i testi che trattano della comunicazione audiovisiva e che invitano gli insegnanti a guidare i propri studenti alla visione critica di film e programmi televisivi, per non caderne passivamente nel vortice senza comprenderne le potenzialità.
L’analisi delle strategie comunicative che questi media mettono in atto dovrebbe essere finalizzata a fornire gli strumenti per il riconoscimento e una maggiore consapevolezza della comunicazione audiovisiva, conducendo i ragazzi al superamento di un atteggiamento passivo nei confronti delle immagini.
Come però avviene per tutti i linguaggi dell’uomo (verbale, scritto, pittorico…), anche i linguaggi audiovisivi possono essere compresi e apprezzati a un livello più profondo e consapevole se ne viene sperimentata la produzione. In effetti, quando gli studenti partecipano attivamente alla realizzazione di un video, sperimentano la messa in scena del loro punto di vista sulla realtà circostante, constatando di essere in grado di vedere in chiave più critica anche film e TV.
Questo è senz’altro il primo e, per la maggior parte degli insegnanti, il più evidente dei motivi che consigliano l’introduzione nella scuola di attrezzature e soprattutto di competenze per la produzione di audiovisivi.
La Media Education
La Media Education è un’attività, educativa e didattica, finalizzata a sviluppare nei giovani una informazione e comprensione critica circa la natura e le categorie dei media, le tecniche da loro impiegate per costruire messaggi e produrre senso, i generi e i linguaggi specifici; essa si pone epistemologicamente al confine tra le Scienze della Comunicazione e le Scienze dell’Educazione, come versanti correlati e in reciproca interazione [http://www.medmediaeducation.it].
Lo scopo della Media Education è principalmente quello di offrire alle nuove generazioni le chiavi per la comprensione dei media, ma anche per formare nuovi ‘artigiani’ per una migliore qualità dei media di domani e per un apporto costruttivo della loro cultura alla civiltà degli uomini. Gli obiettivi a cui verte si possono riassumere in:
promozione della capacità di lettura del testo (scritto, filmico,…);
favorire la capacità di distinguere tra i generi, individuandone le convenzioni;
sviluppare il confronto critico;
favorire le capacità espressive attraverso i media.
Il termine Media Education, compare per la prima volta nel giugno del 1973, quando l’International Film and Television Council, organizzazione operante sotto l’egida dell’UNESCO, formula una prima definizione di questo termine:
«è lo studio, l’insegnamento e l’apprendimento dei moderni mezzi di comunicazione ed espressione considerati come specifica ed autonoma disciplina nell’ambito della teoria e della pratica pedagogiche, in opposizione all’uso di questi mezzi come sussidi didattici per le aree consuete del sapere, come ad esempio la matematica, le scienze e la geografia».
A Parigi nel 1979, lo stesso organismo modifica la precedente definizione:
«La Media Education comprende lo studio, e per esso si intende il suo apprendimento e insegnamento in vari modi e ad ogni livello: primario, secondario, postsecondario, nell’educazione degli adulti e nell’educazione continua e in ogni circostanza, della storia della creatività, dell’uso e della valutazione dei media come arti pratiche e tecniche; così come del ruolo svolto dai media nella società, del loro impatto sociale, delle implicazioni che derivano dalla comunicazione, dalla partecipazione e dalla modificazione delle modalità di percezione che i media comportano; nonché dell’accesso ai media e del lavoro creativo che con essi si può svolgere».
Nel “secolo dei media” (dal cinema, alla televisione, a Internet) era inevitabile che educazione e media venissero a confronto. Il dialogo non è stato facile, considerata la diversità delle due tradizioni. La prima, quella dell’educazione e della scuola in particolare, ha, secondo una consolidata esperienza, una prevalente attenzione al passato, esalta il ruolo della ragione, si basa sull’oggettività, si costruisce nella durata, mira alla formazione del cittadino e dell’uomo integrale. La seconda, quella dei media, si presenta come una conoscenza rivolta all’attualità, fa leva sull’emozione e il piacere, si costruisce sull’effimero, esalta la soggettività, è condizionata da pesanti fattori economici e ideologici (Jacquinot 1999).
Un confronto non facile che, tuttavia, ha già dato dei buoni risultati: ha stimolato la scuola a ridisegnare il proprio ruolo nel nostro tempo e ha stimolato i professionisti dei media ai problemi dell’educazione. Dal confronto tra media ed educazione è nato non solo un nuovo capitolo della pedagogia speciale o un’attività occasionale della scuola, ma anche un vasto movimento di idee e iniziative a livello locale e internazionale, al quale hanno aderito ricercatori, educatori, professionisti dei media, che si riconoscono nell’impegno comune per la Media Education (a Torino tale impegno è portato avanti dalla Dottoressa Tirocchi, che da anni contribuisce anche attraverso la stesura di libri a rendere nota l’importanza della Media Education).
Essa si è delineata come un’attività, educativa e didattica, finalizzata a sviluppare nei giovani una informazione e comprensione critica circa la natura e le categorie dei media, le tecniche da loro impiegate per costruire messaggi e produrre senso, i generi e i linguaggi specifici. Si è anche studiato il condizionamento che i media subiscono da parte di fattori economici, politici e ideologici, e l’impatto che essi hanno sul pubblico. La Media Education non si limita a ‘proteggere’ dai media, ma mira piuttosto a fornire una competenza mediale, cosicchè il ragazzo sappia confrontarsi in modo critico e costruttivo con l’universo dei media, e sappia creare, egli stesso, nuove forme espressive e di comunicazione.
La scuola si dovrebbe dunque proporre come agenzia di sviluppo culturale, che infonde la conoscenza e la comprensione critica dei nuovi fenomeni sociali e, in particolare, di quelli relativi ai contenuti e ai linguaggi della comunicazione.
Di conseguenza la proposta didattica di una scuola moderna si allarga e si estende verso la “quarta dimensione” dell’educazione rappresentata dalla competenza mediale, che integra quelle tradizionali del “leggere, scrivere e far di conto” [Guastavigna: 2005: 12].

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Isabella Chiariglione