Fraaaank … Fraaaaaaaank … Fraaaaaaaaaaaaaaaaaaaank … Inutili le grida disperate della moglie e la rocambolesca corsa contro il tempo di Steve Everett, mentre il cloruro di potassio e il bromuro di curaro continuano, inesorabili, a scorrere nelle vene dell’efferato omicida … Il nero di trent’anni, condannato per il deliberato assassinio di Amy Wilson, una studentessa universitaria bianca incinta, lavoro estivo nella zona di Richmond come cassiera alla Pocum Grocery, è veramente colpevole? E, anche in tale circostanza, non è vero, forse, che ”uccidere chi ha ucciso è un castigo senza confronto maggiore del delitto stesso?”1 … E che “un assassinio non è cancellato da un altro assassinio”?2
Chi, di contro, ha interesse a difendere un uomo di colore, meccanico alla stazione Amoco di Clayton, aprioristicamente considerato un delinquente? Solo un giornalista “un po’ strambo”, che già aveva lasciato il New York Times per aver “sputtanato il Sindaco di New York, responsabile di un memorandum segreto con l’ex presidente di una circoscrizione”, ora, lasciandosi guidare dall’assioma secondo cui “verum scire est scire per causas”3, è deciso a dimostrare che, per far risaltare il senso di giustizia, bisogna attenersi al “vero sapere”, quello che si raggiunge attraverso lo scandaglio delle cause. “Fino a prova contraria”, pertanto, si dipana intorno alla storia personale dell’anziano cronista che, egregiamente definito dalla voce italiana di Michele Kalamera, viene incaricato di scrivere, al posto di Michelle Ziegler, la collega morta in un incidente d’auto la sera prima, un “articolo umano” sull’esecuzione prevista allo scadere della mezzanotte. Dodici ore di tempo per smontare la logica del sistema giudiziario della bigotta California e trovare la prova dell’innocenza del giovane rinchiuso da sei anni nella cella della morte del carcere di San Quentin …
L’idea della calibratissima creazione artistica di Clint Eastwood, regista “che ama gli errori degli attori per dare un senso di realtà”4 e Primo attore di grande talento, sboccia dal binomio fantasia-realtà. Uno dei fatti storicamente determinati scaturisce, probabilmente, da “ A case of mistaken identity”, un caso di errore di persona, vicenda drammatica risolta positivamente da Ray Herndon del “Los Angeles Times Staff Writer” … Dallas. Il trentenne Tony Wooten in un supermercato che, due settimane prima, aveva subito una rapina, lamenta con il gestore lo sguardo malevolo degli astanti, lascia le proprie generalità e va via … Da questo momento l’inizio della fine … Raggiunto dalla polizia, è condannato a cinquantacinque anni di detenzione, praticamente la pena di morte per un semplice “confronto all’americana” … 8 anni di isolamento … Inutili i vari ricorsi in appello … Tante le possibilità di dimostrare la propria estraneità, ma è circondato da fantasmi … Scrive al “Dallas Times Herald” e comincia il conto alla rovescia … Don Feinter ricordava Tony, ma la sua compagnia era fallita e l’impresa dei trasporti che l’aveva rilevata in bancarotta … Spasmodico esame di documenti lacunosi … E via a Centerville, in Kansas … Gli incartamenti incrostati di fango da un’alluvione … Poi, in un capannone a Quonset … Ecco le prove!!! Don era realmente partito da Wichita Falls per raggiungere il confine tra il Texas e l’Oklahoma … Trovato lo scontrino della pompa di benzina, della colazione, della bomboletta spray … E’ stato eticamente corretto, però che un innocente, ingiustamente condannato, venisse scagionato dalla testardaggine di un reporter incapace di accettare prepotenze immeritate? … Specialmente perché, dopo solo otto mesi, un tragico impatto automobilistico è stato il premio per un’iniqua condanna …
“Il film non si basa sulla drammatica agonia spirituale di Tony Wooten”5, né sull’eroica tenacia di Ray Herndon, ma l’humus ispiratore di Andrew Klavan, da cui esso è stato tratto, indiscutibilmente, si lega ai tanti casi in cui presunte “prove” con accuse infamanti, dovute a una incredibile serie di coincidenze o a una non ineccepibile valutazione dei riscontri che cadono uno dopo altro, spingono gli inquirenti verso identificazioni sbagliate. Accanto a questo tema, sull’implicita condanna della pena capitale “con una sentenza che, dettata dall’istinto, in nome della giustizia, del diritto, della ragione, per grazia di Dio e della nazione, si contrappone alla ragione stessa”6, ruotano, inoltre, nella coproduzione Warner Bros. Pictures, Malpaso Productions, Zanuck Company, The, molte e attraenti tematiche che vanno dalla forte denuncia della sperequazione razziale, al latente razzismo della maggioranza silenziosa, al sistema formalistico di una democrazia fittizia, alla crisi della famiglia monocellulare, al conforto ipocrita e subdolo del reverendo Shillerman, un Michael McKean del tutto assoggettato all’ingranaggio, secondo cui “la morte rende innocente un uomo colpevole”, alla negazione degli atroci sistemi carcerari che coartano le coscienze, al conforto di una fede benefica che, nella fattispecie, prepara Isaiah, con grande dignità e forza d’animo, all’immeritata “morte agrodolce”7 anche se egli “non sa cosa lo aspetti dall’altra parte del fiume in procinto di attraversare”8 … “Questo fa un uomo. Si dimostra forte e coraggioso, così le persone che ama non avranno paura e si sentiranno sicure. “9. Sta in tale poliedrica tessitura il tanto immediato successo di questa pellicola che, apparsa nelle sale cinematografiche degli USA il 19 marzo 1999 e in Italia il 30 aprile 1999, è stata già resa disponibile in DVD il 10 agosto 1999 … “True Crime”, Prima di mezzanotte, ha risvegliato le coscienze al punto che, nella prima settimana di apertura, ha registrato un incasso, su un budget di 55.000.000, 5.276.109 di dollari negli Stati Uniti e, in totale, sempre negli Stati Uniti, complessivamente 16.649.768 di dollari.
AVVIO IN MEDIA RES con quadri in apparenza staccati tra di loro “per una sceneggiatura difficile da costruire perché il romanzo di Klavan è così ricco di monologhi interiori e pensieri che, per trasferirli nel film, è stato indispensabile creare dei piccoli primi piani su cui si è lavorato molto per renderli sempre più fedeli”10. Il cast ben armonico ha certamente favorito tutta la complessa architettura, incentrata sulla vicenda di Isaiah Washington, “attore di grande spessore con davanti un brillante avvenire”11 e “impegnato a documentare ogni emozione del personaggio a cui ha data vita insieme a Clint, l’eroe della sua infanzia”12 … LA PANORAMICA DI SAINT-QUENTIN, il penitenziario del braccio della morte a Point Quentin nella Contea di Marin, un ambiente asfittico ritmato da regole e cinici riti come la raffinata colazione con “brioche e caffè” che gli riserva Reedy … o la gentile disponibilità di Bernard Hill che ordina di preparargli una lauta “ultima cena con bistecca, patatine e dodici bottiglie di coca”, gli propone di addossarsi “le spese del funerale” e gli garantisce “abiti puliti” prima di farlo accompagnare nel viale del tramonto … o, peggio, il “tutto bene” del Medico, soddisfatto nel trovare “sano come un cavallo” un condannato a morte!!! … UN BAR, un dialogo intimo tra l’articolista Mary McCormack e il redattore Clint Eastwood … BEECHUM che, prima dell’esecuzione, sogna, “sono colori e visioni, fantasie di dolci affetti, di una vita aperta e libera, una felicità falsa si dilata”13, si trova ancora nel cortile dietro casa sua a costruire il suo futuro accanto a Bonnie e alla deliziosa Gail, prima della drogheria, prima del picnic, prima dell’arresto …
L’intreccio, in cui, essenzialmente, il tempo della storia è maggiore del tempo del discorso, si va arricchendo di frequenti entrelecements, flashback o, addirittura, foreshadowing, ombre che acquistano una luce a mano a mano che i nuclei e i satelliti, funzionali a definire le tessere di questo inestricabile puzzle, acquistano una fisionomia più precisa e dipanano la matassa ingarbugliata in cui la microstoria di Frank Louis e di Steve s’interseca a quella della macrostoria. La redazione è già in attesa del reportage che farà scalpore, ma lo “scribacchino”, personaggio dinamico auto-omodiegetico ormai teso alla rinascita interiore tanto da accontentarsi di “un mezzo solito nuovo Virgin Mary”, dopo i 15 minuti concessigli per parlare al condannato e la disamina di una serie di circostanze, PERCEPISCE con “il suo naso”, che gli indizi raccolti non sono cosi evidenti da inchiodare il giovane padre, AVVERTE che la probabile fallibilità della giustizia è stata generata da indagini frettolose e dall’esame di “discrepanze” non adeguatamente vagliate o approfondite né dalla polizia né dal pubblico ministero, SENTE, con la sua profonda humanitas, che l’accusato, legatissimo alla famiglia, fermo nel professarsi innocente, non sia il vero uccisore e che la macchina disumana della pena di morte stia per cadere, con la freddezza di un crudo sintagma, su di lui senza che nessuno prenda in considerazione, nella lista dei sospetti, la presenza, al momento del delitto, di Marissa Ribisi, il ragazzo che avrebbe comprato “una Coca dalla macchinetta fuori del locale senza guardare dentro”, o noti, soprattutto, la mancanza della “rastrelliera delle patatine” in seguito rimossa che, impedendo la visuale, non avrebbe consentito a Dale Porterhouse di vedere l’accusato, con una pistola in mano “abbassata lungo il fianco”, accanto alla donna “dopo averla uccisa a sangue freddo”.
La corda sempre tesa, però, è una vox clamantis in deserto, nessuno gli dà credito; il suo passato di ex alcolizzato, fumatore, marito infedele, padre assente, puttaniere, lo precede e la disistima si coglie già dalla locandina, i cui colori cupi o il chiaroscuro mettono in evidenza la fronte aggrottata, lo spasimo delle labbra, lo sguardo accigliato, l’espressione angosciata di chi, schiacciato da atavici pregiudizi ormai anacronistici, è immerso nella drammatica solitudine. Nell’immagine di copertina, comunque, rifulge proletticamente anche la prepotente personalità dell’antieroico redattore che, con una dolcezza insospettabile, invita lo spettatore a superare il relativismo gnoseologico generato dalla “lanterninosofia”14 e a seguire, insieme a lui, nei 127 minuti intensissimi di uno dei più bei film del panorama cinematografico, lo scorrere dell’incandescente magma vulcanico dominato dal disperato tentativo di sfruttare al massimo le dodici ore di tempo a disposizione per provare l’innocenza di Beechum.
Tanti i colpi di scena in climax vissuti da Eastwood, dall’ovvia ostilità di Denis Leary, alias Bob Findley, “una figura ben riuscita, divertente, intelligente, con tutto quello che gli uomini ammirano e le donne desiderano”15 il quale, ancora infuriato per l’incontro di lui con Patricia, lo licenzia, alla caleidoscopica “passeggiata allo zoo con Francesca Eastwood”, alla decisione di divorziare presa da Diane Venora nelle vesti dell’esasperata quanto distaccata Barbara, alla dichiarazione di Michael Jeter che dimostra l’incoerenza del principale testimone, al conflitto con Frances Fisher, la tracotante Cecilia Nussbaum che lo accusa di “confabulare assurde teorie cospiratorie” con ingiuriose allusioni a precedenti esperienze negative, alla ricerca di documentazione a casa di Mary McCormack, in cui scopre l’identità del vero assassino, all’individuazione di Warren Russel, 17 anni, 4331, Knight Street fino all’incontro con Angela Russel, la nonna del giovane drogato, l’omicida … Ev, intanto, si scontra e si incontra con Alan Mann, collerico “perché l’amico-nemico “vuole riaprire un caso dopo un’investigazione capillare, un processo e sei anni di appelli”16; lo spumeggiante James Woods, “una naturale mitraglietta dal giusto ritmo”17, comunque, è capace di riconoscere il genio di Clint, “una persona fantastica nella realtà quanto nello schermo”18 e, addirittura, da un incandescente dialogo risolutivo, si rende conto che l’ex alcolista, ormai orientato all’autodistruzione e “incapace di provare dei sentimenti nei confronti del prossimo”19, si è finalmente scosso dal torpore, l’epifania lo ha aiutato a liberarsi dalla trappola, a ridiventare padrone della sua vita, a evadere da una condizione che lo aveva imprigionato in una forma, a ritrovare il suo IO più profondo teso, continuamente, a contrastare ogni forma di prevaricazione e imporsi con la sua sete di giustizia … L’ “imbecille credulone”, ora, “dopo essere andato a caccia di salvezza”, ha realmente superato i tanti ostacoli che rendevano sempre più accidentata la strada che sta percorrendo? … Un lampo, il pendente appeso al collo di Hattie Winston … E’ lo stesso che indossava la vittima, ma è una prova sufficiente per dimostrare l’innocenza di Isaiah Washington?
Tutte queste vicissitudini tendono a sottolineare l’equilibrio compositivo di Joel Cox che, con un montaggio ad unguem, riesce a tenere avvinto l’animo del pubblico esterrefatto mentre assiste allo svolgersi dell’avventura esistenziale del reporter determinato a dimostrare il colossale errore giudiziario. Il ritmo del lungometraggio, con una frequenza di volta in volta singolativa, iterativa e ripetitiva, si fa sempre più incalzante … Interessante sprazzo di luce fra le tenebre è rappresentato dalla posizione assunta da Warden Luther Plunkitt, alquanto perplesso sulla colpevolezza del detenuto verso cui ha un atteggiamento paterno. Con lo sguardo accorato, manifesta una velata amarezza, lo invita più volte a “prendere un sedativo prima che lo attacchino all’elettrocardiografo e gli mettano l’endovena”, chiede ad Arnie se nutre dei dubbi sulla colpevolezza del giovane, contrae i muscoli infastidito allo scherzo di Atkins disteso sulla brandina, fa cercare dalle guardie il colore con cui la bimba vuole disegnare per il suo papà i “verdi pascoli della speranza”, gli garantisce che, “fino a mezzanotte e 1 minuto, i telefoni saranno tenuti liberi, in linea diretta con il procuratore e il governatore”, per l’implicito NON SI SA MAI del “fino a prova contraria”, nel quale mostra di credere sin dall’incipit. Alla domanda diretta di Steve, “Direttore, Lei non è sicuro che Frank sia colpevole”, segue un imbarazzato quanto eloquente silenzio, connotato, in maniera pregnante, dall’incrocio suggestivo di 4 occhi che urlano codificati da un laconico “Guidi con molta prudenza”, sottintendendo quanto gli aveva già dichiarato … “noi facciamo quello che lo Stato ci dice di fare anche se sui giornali soltanto noi diventiamo spietati assassini” … La risposta all’interrogativo rivoltogli, in ogni modo, si coglie, nell’explicit, in quella mano che, dopo aver aspettato invano il miracolo di un telefono che giungesse provvidenziale, ventata di aria fresca in una giornata torrida, trema esitante mentre dà il via alla distruzione di un uomo, nel suo cuore pietà e ragione sono strettamente connesse …
Le lancette dell’orologio scorrono inesorabili, è già stata completata la prima fase anestetizzante, si aspetta l’arresto cardiaco e la paralisi del diaframma che impediranno la ventilazione dei polmoni … Suspense … I cervelli in stand-by … DRIN, DRIN, DRIN … “Presto, Presto!!! … ma ormai è troppo tardi” … Il “piccolo giudice”20 è riuscito a raggiungere il governatore per convincerlo, in dubio pro reo, “fino a prova contraria”, appunto, a far squillare il telefono, ma Warden Luther Plunkitt ha avuto il tempo di intervenire fattivamente? E l’eventuale dose di NOME DEL MEDICINALE già inoculata sarà stata neutralizzata?
Lunga ellissi … Il cuore delle platee in fiamme … “Si sente il bisogno di qualcosa che accenda d’improvviso l’orizzonte oscuro… Il dubbio è ancora un nodo da sciogliere, ma bisogna sempre sperare” (Francesco Augello, Una sofferta disputa di fede, 2013) … Steve è candidato alla più prestigiosa onorificenza nazionale per il giornalismo gestita dalla Columbia University di New York e istituita da Joseph Pulitzer … Ghiaccio bollente in sala … Successi e sconfitte … Il cronachista di “nera”, perfettamente ripreso dalla fotografia Jack N. Green, è stato licenziato dall’Oakland Tribune, compra per Katie “non un Pastore tedesco, né un Collie e neanche un San Bernardo ma … un ippopotamo”!!! … Lo aspetta un Natale triste, il suo “pupo”21 ha preso coscienza del carattere del tutto fittizio del meccanismo sociale e si esclude, si isola, si riserva solo il ruolo contemplativo di lucida coscienza critica del reale, capisce che “far parte della società mondana è una noia mortale ma che non farne parte è un dramma”22 … Nemmeno Lucy Liu, Toy Shop Girl, vuole adottarlo”, neanche Erik King, Santa Claus, riesce a regalargli un po’ di felicità … Tutto in fumo … ma … Quell’ uomo pacato e sorridente che, da lontano, appena uscito dal negozio con Lisa Gay Hamilton, confortato dalla tenerezza della sua piccola delicatamente rappresentata da Penny Bae Bridges, accenna, sulle note struggenti di Diana Krall scelte da Lennie Niehaus, un eloquente saluto è Beechum? Allora Frank Louis è stato salvato proprio all’ultimo secondo? O quella che Clint crede di vedere è semplicemente metafora del suo subconscio soffocato dalla potenza di una triplice iniezione letale?
Note
1 Fedor Dostoevskij, Delitto e castigo, 1866
2 Coretta Scott King, Voci dal braccio della morte, 24/3/2003
3 Aristotele, Stagira, 384 – Calcide 322 A. C., Aforismi
4 Clint Eastwood, Intervista, 2009
5 Ray Herndon, Intervista, 2009
6 Leonardo Sciascia, Porte aperte, 1987
7 Alessandro Ursic, L’agrodolce morte, peacereporter.net, 17/nov/2009
8 Lettera di Michael Sharp, Voci dal braccio della morte, 25/4/2003
9 Andrew Klavan, True Crime, 1995
10 Clint Eastwood, Intervista, 2009
11 Clint Eastwood, Intervista, 2009
12 Isaiah Washington, Intervista, 2009
13 Paul Rougeau, giustiziato in Texas il 5/3/94
14 L. Pirandello, Il Fu Mattia Pascal, 1904
15 Denis Leary, Intervista, 2009
16 James Woods, Intervista, 2009
17 Clint Eastwood, Intervista, 2009
18 James Woods, Intervista, 2009
19 Denis Leary, Intervista, 2009
20 Sciascia, Porte aperte, 1987
21 Pirandello, Il berretto a sonagli, 1918
22 Oscar Wilde, I paradossi di O. Wilde, cit. in Tullio De Mauro, Esprimersi per paradossi, 2000