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Scuola

Ragionare sulla natura

Abstract
I bambini hanno sicuramente la mente meno inquinata degli adulti, più liberi nel modo in cui prestano orecchio alla natura.
Il problema ambientale non è dei bambini, è degli adulti, appartiene al loro stile di vita, di cui si fanno carico allorché rilevano deficienze e tentano di promuovere forme di maggiore cura e rispetto dell’ambiente.
E quelli che gli adulti chiamano deficienze, cattiva gestione e cura della ambiente, i bambini rilevano come scandalo.
Parole chiave: dialogo filosofico, ambiente, natura, domande, ricerca.
Le parole vogliono silenzio, vogliono cura, attenzione, premura.
Le parole sono come l’aria e il verde, la stessa attenzione e premura, la stessa empatia nel dialogo.
I pesci non hanno casa, la loro casa è il mare.
Cecilia: si, ma per esempio, una balena può andare ovunque, ma poi quando va a dormire, fa attenzione a non schiacciare sotto il suo peso gli altri pesci?
Ma allora il problema ambientale non è dei bambini la cui sensibilità è infinita, è degli adulti, appartiene al loro stile di vita, di cui si fanno carico allorché rilevano deficienze e tentano di promuovere forme di maggiore cura e rispetto dell’ambiente.
E quelli che gli adulti chiamano deficienze, cattiva gestione e cura della natura, i bambini rilevano come scandalo.
Ma i bambini hanno sicuramente la mente meno inquinata, più liberi nel modo in cui prestano orecchio alla natura.
Se alla domanda “Cosa hai fatto oggi?” una bambina si permettesse di rispondere: “Andando a scuola ho notato che l’erba lungo il ciglio della strada in questa stagione ha quattro diverse sfumature di verde” si troverebbe accolta da sguardi diffidenti, preoccupati, impazienti. Perché mai riferisce una cosa del genere? Cosa vorrà realmente intendere? Starà male? Questa bambina dovrà quindi darsi da fare a giustificarsi, cioè a gettare la luce della normalità su quella osservazione anomala. Per esempio: “Era un compito per l’insegnante di scienze”. Adesso va bene, perché così si comportano normalmente gli studenti. Questo tragico e terribile destino discende direttamente dalla premessa implicita, data da tutti per ovvia e scontata, che l’esperienza sia qualcosa di relativo “a ciò che accade” e non ai modi di ascoltare/osservare.
I bambini, molto più degli adulti si interrogano sul rapporto uomo-ambiente-natura.
Noi adulti censuriamo le loro domande, accogliamo soltanto quelle per le quali avevamo già le risposte, come i quiz televisivi, vale la risposta decisa dal notaio.
Difficile porre domande, più facile dare risposte.
Ma uno sguardo critico, capace di elaborare ipotesi, una mente progettuale capace di prospettare scenari possibili ad un problema, passa attraverso l’interrogazione esistenziale, ovvero la domanda, e ancor prima attraverso la meraviglia, lo stupore.
Noi scansiamo le domande dei bambini, la verità è che non abbiamo risposte.
Il fumo di sigaretta è buono o cattivo?
Maria: «Una signora se fuma, il suo bimbo fa la tosse e non respira più».
Francesco: «Se fumi ti sporchi i dentini».
Alfonso: «Se fumi, il fumo uccide».
Sabatino: «Se fumi, fai lo stomaco nero come il buio».
Miriam: «Mia mamma fuma sempre e poi ha la tosse».
Simone: «Sopra il pacchetto c´è scritto: il fumo uccide. Perché continuano a vendere le sigarette, perché la gente continua a fumare anche se sa che fa male?»
Miriam: «Mio nonno fuma e quando gli diciamo che non si fa, lui risponde: Mi piace!»
Perché continuano a vendere le sigarette…
Un po’ come quando parliamo di PACE.
Luca: “Perché, se tutti parlano di pace c’è sempre la guerra?”
Occorrerebbe avere il coraggio di spiegare che dire PACE significa negare il sistema della società odierna basato su una continua, crescente, militarizzazione; un´industria delle armi che è industria di fame e di morte in quei paesi dove si alimentano le lotte tribali per assicurarsi un sicuro uso delle armi. Si avviano nelle scuole progetti di educazione alla pace. Ma la guerra come l’inquinamento è un problema degli adulti. I bambini naturalmente vivono la pace, compito della scuola è promuovere il dialogo filosofico intorno a queste tematiche perché il bambino viva sulla pelle la costruzione di concetti quali la difesa ambientale, la pace, la responsabilità del vivere. I bambini vogliono che gli venga consentito di pensare da se stessi e di dare delle risposte da soli. Non è che rifiutino le nostre risposte in sé; essi rifiutano piuttosto il metodo con il quale noi intendiamo fargliele acquisire. Non vogliono che noi pensiamo per loro; vogliono pensare per se stessi. Non è che abbiano definitivamente sposato le loro proprie spiegazioni, ma vogliono partecipare alla ricerca e condividere l’esperienza di scoprire come funzionano le cose. È familiare a tutti l’insofferenza dei bambini riguardo all’”aiuto”: “Lascia mi! Lascia mi!” insistono. E questo è tutto ciò che chiedono. Non dobbiamo temere che essi stiano tentando di “sostituirci”. Solamente vogliono appartenere, con noi, alla comunità di ricerca.

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Pina Montesarchio

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