Più di trecento film-documentari e di fiction si sono ispirati alle vicende del territorio Jugoslavo: la nuova filmografia si basa sull’esperienza spettacolare della guerra, ma senza essere condizionata dall’ideologia.
I film sui partigiani di Tito sono stati adattati al caos balcanico con motivi ripresi dai film sul Vietnam e attraverso i traumi legati all’urbanicidio, la povertà, l’isolamento, la disgregazione sociale.
Denis Tanovic – sceneggiatore e regista bosniaco – ha visto la guerra con i propri occhi e decide coraggiosamente di mostrare il conflitto attraverso gli occhi di due soldati, un serbo ed un bosniaco. Ed è proprio questa la particolarità della pellicola: non ci sono i buoni o i cattivi, e risulta difficile per lo spettatore schierarsi dall’una o dall’altra parte.
Bisogna che passi del tempo perché, da una guerra, si possa ricavare una commedia: è accaduto col Vietman e ora accade con la guerra di Bosnia: ma, a ferite ancora aperte, No man’s land è una commedia nera, nerissima, che alterna il riso a denti stretti con la smorfia e chiude su un finale raccapricciante.
Dopo aver mostrato con profonda capacità comunicativa, una prima sequenza di guerra, Tanovic sceglie di mettere in scena la relazione tra due uomini di fronti opposti, chiusi in quel microcosmo che è la “Terra di nessuno”.
Poco dopo l’inizio della pellicola, ai due soldati – Ciki, bosniaco, e Nino, dell’esercito serbo ma originario della Bosnia del nord – se ne aggiunge un terzo, compagno d’armi di Ciki. La situazione in cui si trova questo soldato è grottesca ed assurda: giace infatti sopra una mina, detta “saltellante”: finchè un peso la schiaccia non accade http:\\/\\/psicolab.neta, ma se il peso è rimosso, questa esplode distruggendo tutto quello che esiste nel raggio di 30 metri. Disinnescarla è impossibile.
È da qua che prendono forma i dialoghi tragicomici dei soldati nemici: “Chi ha cominciato la guerra? Siete stati voi serbi”, “No, siete stati voi bosniaci”.
Dapprima i due soldati si azzuffano, poi tentano disperatamente di negoziare la propria sopravvivenza, invocando l’intervento delle Nazioni Unite.
Un sergente francese dell’Onu interviene per districare l’impossibile problema, mentre le televisioni si precipitano sull’evento come avvoltoi, trasformandolo in un cinico reality show. Qualche autentica scintilla di comprensione, e perfino di solidarietà, sembra scoccare tra Nino e Ciki; poi l’aggressività riprende il sopravvento, fino a un epilogo che autorità e media racconteranno a modo loro.
Era senza dubbio difficile costruire un film del genere, senza cadere nella metafora, o lasciarsi andare all’invettiva. La pellicola è un susseguirsi di dialoghi sferzanti e per alcuni tratti assurdi: sembra di assistere ad una commedia pinteriana.
Come in ogni conflitto moderno, non poteva mancare l’invasiva presenza dei media: arrivano infatti gli inviati di guerra delle televisioni internazionali con l’unico scopo dello scoop dal fronte: “L’hai ripreso l’uomo sulla bomba” dice con la faccia da vampiro l’uomo che dal suo comodo studio televisivo dirige la giornalista inglese. La tragica situazione di questi tre uomini in trappola diventa, sotto i riflettori, merce ed emozioni da vendere al pubblico televisivo.
Al seguito delle troupe televisive giunge il colonnello inglese con il suo elicottero, preoccupato dell’intrusione dei giornalisti; poi arriverà un esperto di bombe tedesco, che tenterà di fare qualcosa per disinnescare la bomba balzante. Nessuno di questi riuscirà a far niente per sbrogliare la complicata situazione, ed il tragico finale lo dimostra: i due soldati si uccideranno a vicenda. Ma non è abbastanza: vengono avvisate le troupe televisive che la bomba è stata disinnescata e vediamo andar via tutti i personaggi. Calato il sipario e spenti i riflettori, non c’è più alcun motivo per restare nella “Terra di nessuno”.
Ma appare un’altra inquadratura che sorprende: qualcosa è stato nascosto all’occhio delle telecamere. È un’inquadratura stretta sul corpo del soldato sopra la mina, poi lentamente la macchina da presa si alza fino a scoprire la solitudine e l’abbandono di quell’uomo in una trincea.
Il film quindi termina, senza lasciare il minimo barlume di speranza.