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Salute

L'integrazione tra gli Opposti e la Neurofisiologia del Benessere III

Capita spesso che, talmente concentrati su di un aspetto del problema, non riusciamo a cambiare minimamente punto di osservazione sul problema stesso ed in tal modo non riusciamo a vedere che non solo la soluzione è a portata di mano, già bella e pronta, ma anche “magicamente” potente e semplice.
E questo fenomeno si presenta anche nel delicato ambiente del benessere psicologico, per lo meno in quello che non sia ostacolato da reali deficit neurobiologici. Cerchiamo di capire il perché.
“La natura non ama giocare a dadi” con questa frase Albert Einstein intendeva dire che il fenomeni fisici oggetto dei suoi studi dovevano essere guidati da regole molto semplici e se ciò vale per il mondo fisico, molto probabilmente vale anche per il mondo biologico del quale l’essere umano fa parte.
Credo che più o meno a tutti, facendo un qualsiasi normale movimento, sia capitato di prendere inavvertitamente una bella botta.
Quando sei protagonista di un fatto del genere, oltre al conseguente dolore fisico, nasce nella tua mente un più che giustificato senso di sconforto “Con tutte le difficoltà della vita vado pure a farmi del male per conto mio” e possiamo dire che si generi, per intensità e durata, un micro stato depressivo dal quale, per fortuna, normalmente ci si riprende senza far ricorso a psicoterapie o psicofarmaci.
Allo stesso modo e in direzione opposta, più o meno a tutti è capitato di essere stati spettatori, magari casuali, di uno spettacolo naturale, un tramonto, un panorama o chissà che altro, o anche di uno spettacolo prodotto dall’uomo, come un’opera d’arte, un concerto, una commedia, ed aver ricevuto in quell’occasione una carica energetica talmente forte da ancorarsi nella nostra memoria in modo così forte che il solo ricordarla, anche a distanza di tanto tempo, ci da ancora un’intensa sensazione di gioia e di benessere.
L’efficacia di questo fenomeno è ben nota non solo a chi usa la PNL ma anche a tutti coloro che nei più diversi settori del benessere psicologico usano con finalità più o meno “terapeutiche” visualizzazioni o meditazioni guidate.
E’ altresi noto che anche le più avanzate ricerche delle neuroscienze che con sofisticate apparecchiature (FMRI in italiano Risonanza Magnetica Funzionale) sondano l’attività, la funzionalità nonché lo stato di benessere biologico del cervello hanno definitivamente confermato che chi pratica in modo costante forme di meditazione profonda, oltre a godere di un benessere psicologico invidiabile racchiudono nel loro cervello un ippocampo particolarmente sano e ben sviluppato che al contrario si ritrova debole e letteralmente ridotto in chi soffre di gravi forme depressive.
E a che cosa ci servono tutte queste belle informazioni?
Se quando siamo fisicamente sofferenti come naturale conseguenza ci deprimiamo, e se quando siamo psicologicamente soddisfatti il senso di benessere si estende anche a tutto il corpo, forse esistono altre pratiche oltre alla meditazione con le quali è possibile “forzare artificiosamente” ma in modo del tutto naturale il senso di benessere fisico e psicologico.
Questo rinnovato e potenziato nuovo senso di benessere psicologico probabilmente si estenderà a tutto il corpo offrendo all’intero sistema neurobiologico quelle energie necessarie per consentire il cambiamento del punto di vista sul problema; il problema stesso potrebbe essere affrontato in modo nuovo e molto probabilmente sarebbe possibile risolvere o comunque superare il problema che è causa del disagio.
Ed è così che potrebbe nascere quell’integrazione tra le parti, mente e corpo, per dare il via ad una strategia sinergica nella quale la mente ordina al corpo di “forzare artificiosamente” il suo benessere ed ottenere quelle energie necessarie per cambiare punto di vista così da affrontare le cause del disagio psicologico da un’altra prospettiva e superarle felicemente.
Ecco quindi che il corpo, semplice contenitore e specchio di stress, ansie e disagi, sapientemente guidato dalla stessa mente potrebbe diventare l’artefice di un benessere psicologico creato “forzatamente” ma non per questo meno reale ed efficacie, che offrirebbe alla mente le energie per quel cambiamento di punto di vista, indispensabile per uscire dal disagio.
Fantascienza? Pratiche esoteriche? Esseri bionici? Sogno irraggiungibile di un reale benessere alla portata di tutti?
Assolutamente no!
Tutto ciò esiste già, in tutto il mondo migliaia di persone già lo mettono già in pratica e questa cosa si chiama Yoga della Risata.
Inventata dal medico indiano Madan Kataria questa tecnica, che unisce la giocosità dei bambini alle pratiche di respirazione dello yoga pranayama, provoca in chi la pratica una ininterrotta sequenza di risate per una durata che dipende esclusivamente da quanto si intende far durare la sessione, di solito dai 15 ai 45 minuti.
Anche se chi inizia una sessione di Yoga della Risata è in una situazione di stress, durante la quale quale è in piena attività il sistema ortosimpatico, dopo un minimo di 15 minuti di risate continue il sistema ortosimpatico si disattiva ed inizia ad operare il sistema parasimpatico con la conseguente produzione di endorfine, serotonina e l’attivazione di tutti quei meccanismi neurobiologici che creano quella sensazione di benessere che, in realtà, è benessere a tutti gli effetti.
Ecco quindi che il corpo, guidato dalla mente, diventa artefice di quelle energie che consentono alla mente stessa di mettere in atto quel cambiamento di punto di vista, indispensabile per uscire dal disagio.
Non sono uno psichiatra, non sono uno psicoterapeuta, non sono un neurologo, sono un semplice counsellor con la passione per le neuroscienze, la psiconeuroendocrinoimmunologia ed il ben-essere; pratico lo Yoga della Risata e conduco sessioni di questa straordinaria pratica per il benessere da meno di un anno e devo dire che ogni volta che ho impiegato le tecniche di Yoga della Risata nei lavori di gruppo, i risultati sono stati sorprendentemente positivi.
In questo articolo ho riportato semplicemente delle mie considerazioni che al momento hanno solo parziali riscontri scientifici, ma si sa che, di solito, la scienza si limita a dimostrare ciò che qualcun’ altro ha già capito benissimo.

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Daniele Berti