Sembra un cosiddetto scherzo del destino, ma è vero; la notizia, comparsa su tutti i giornali , riporta che Thomas Beatie, nato donna, ha di recente partorito una bambina.
Ciò è successo in quanto, pur assumendo androgeni che gli hanno procurato una morfologia maschile ( peluria accentuata, cambio della voce, etc.), e pur sottoponendosi ad un ridimensionamento dei seni, non ha mai voluto rinunciare alla sua genitalità femminile e, pertanto, inseminato artificialmente, ha potuto rimanere incinta e partorire . Di fatto, sebbene si sia parlato di “ uomo che partorisce”, la straordinarietà diminuisce se ci atteniamo all’evidenza: una donna barbuta e senza tette che decide di rimanere incinta .
Nel rileggere quanto ho appena scritto, mi sono resa conto di aver usato articoli ed aggettivi, talvolta declinati al maschile, talvolta al femminile, pur rivolti alla medesima persona.
È proprio questo che Thomas Beatie rivendica nelle sue dichiarazioni: poter avere un figlio biologico in quanto persona, indipendentemente dalla propria identità di genere.
Il concetto di identità di genere viene adottato per descrivere il genere in cui una persona si identifica. Per genere si intende la consapevolezza che ogni essere umano ha di se stesso: o maschio o femmina, indipendentemente dalla morfologia maschile o femminile che incarna.
Tornando al nostro.T.B., da quello che ci viene trasmesso dai messaggi della stampa, apprendiamo che alla nascita Thomas è una bambina.
Le sue scelte comportamentali inerenti la sessualità non possono non essere condivise; appartengono al suo sentire la sfera dell’affettività e nessuno può entrare nel merito di una opzione sofferta e dolorosa, ma sicuramente meditata.
L’educazione culturale e sentimentale di ognuno di noi è il frutto della sinergia che intercorre tra la peculiarità dei nostri geni, il contesto familiare che ci accoglie e ultimo, ma non meno importante, il contesto sociale.
Thomas ha avuto sicuramente queste tre componenti in dotazione alla sua nascita.
I suoi geni hanno provveduto a confezionare un essere umano morfologicamente femminile, dotato di organi riproduttivi femminili. Il contesto familiare ed il contesto sociale hanno consentito che si formasse e si esprimesse la identità di genere, nella fattispecie maschile.
La letteratura scientifica è piena di studi ambiziosi di dimostrare la genesi della sessualità.
Uno dei più recenti, portato all’attenzione del mondo scientifico dal neuroscienziato Simon Levay, sostiene la tesi che l’ipotalamo anteriore sia coinvolto nella regolamentazione del comportamento sessuale maschile.
Infatti, Levay ed altri, hanno analizzato i tessuti autoptici di 41 cervelli provenienti da cadaveri di uomini presumibilmente eterosessuali, donne ed omosessuali.
Sono stati considerati quattro gruppi di cellule interstiziali del nucleo dell’ipotalamo anteriore, denominate INAH 1, 2, 3 e 4.
Nessuna differenza è stata riscontrata nel volume delle cellule dei gruppi 1, 2, 4.
Nel gruppo INAH 3, invece, il volume era doppiamente maggiore negli uomini eterosessuali che nelle donne e negli uomini omosessuali.
Quanto rilevato va a dimostrare che il gruppo INAH 3 dell’ipotalamo anteriore è dimorfico, ossia ha una connotazione biologica maschile ed una femminile; in quest’ultima rientrano sia le donne che gli omosessuali e, pertanto, l’orientamento sessuale può avere un substrato di natura biologica, oltre che genetica e psicologica. Molte critiche sono state mosse a questo studio: si è obiettato che il materiale esaminato provenisse da persone decedute a causa dell’AIDS; pertanto, la malattia avrebbe potuto provocare l’ingrossamento di alcuni gruppi di cellule, anziché di altre.
Comunque, ha significato , nel panorama degli studi di genere, un elemento di riflessione. Infatti, un gruppo di ricercatori dell’ Oregon Health Sciences University , di recente ha pubblicato un analogo studio sulle pecore (Roselli, Larkin et al. 2004). Un gruppo di cellule dell’ipotalamo degli animali studiati, che potrebbe essere l’equivalente dell’INAH 3 dell’essere umano, è risultato di dimensione maggiore negli arieti e minore sia nelle pecore anche negli arieti che si accoppiavano esclusivamente con altri arieti (“arieti omosessuali”).
Il gruppo di cellule, inoltre, evidenziava livelli superiori di aromatase – enzima che interviene nel processo di trasformazione del testosterone in estrogeni – negli arieti omosessuali piuttosto che negli eterosessuali.
La componente biologica, quindi, potrebbe avere un proprio peso sull’orientamento sessuale, ossia sulla scelta del partner sessuale, così come la componente genetica e la componente psicologica.
La donna che si sente uomo a tal punto da volerne assumere le caratteristiche fisiche, non dimentica, però, che può partorire, in quanto ancora di sesso femminile.
La identità di genere, pertanto, non è ben espressa.
La bambina messa al mondo avrà una coppia genitoriale formata da una donna che vorrebbe diventare uomo, ma senza rinunciare al sesso femminile, che probabilmente ricoprirà il ruolo di padre e da una donna sessualmente orientata verso una partner morfologicamente maschile, ma sessualmente femminile, che probabilmente ricoprirà il ruolo di madre.
L’educazione dell’essere umano avviene in maniera sostanziale nei primi anni dell’infanzia.
Di recente, l’Associazione Americana Psicologi ha pubblicato uno studio sui figli di genitori omosessuali, rilevando che non è stata riscontrata alcuna anomalia rispetto ai bambini figli di coppie eterosessuali.
Uno degli aspetti che sicuramente si trovano a dover affrontare i figli di coppie omogenitoriali è l’impatto con il mondo omofobico, soprattutto in età scolare ; sarebbe, pertanto, opportuno creare in loro la consapevolezza di questi probabili pregiudizi e fare in modo che l’autostima sia capace di superare certe spiacevoli situazioni.
Il contesto sociale in cui si vive non può essere trascurato, ma può essere modificato. Per fare questo bisogna credere in se stessi ed auto promuoversi continuamente.
Le relazioni che la famiglia omogenitoriale, così come la famiglia “normale”, intessono con il mondo esterno devono muoversi su una traccia di base in cui tutti i componenti della stessa abbiano chiara la propria identità di genere. L’importante è essere consci di quanto si è e di come si è; ricordiamo che le nostre incertezze verranno trasmesse ai nostri figli, così come le sicurezze. Pertanto, è comunque utile , prima di scegliere di diventare genitore, fortificare la propria personalità, in modo da poter gestire il futuro rapporto genitore – figlio in modo ottimale.
Questo può essere raggiunto attraverso una buona autoanalisi e, laddove se ne sentisse il bisogno, ricorrere alla psicoterapia, meglio se sistemico – relazionale, in modo da avere il quadro completo della propria dimensione psicologica.