Il recentissimo caso del marito trentottenne di Collegno, che ha accoltellato ed ucciso la ex moglie, davanti all’attonito assistente sociale che li aveva in carico, mi sembra uno spunto ottimale per un’efficace riflessione sulla reale importanza di uno strumento come la Mediazione Familiare, all’interno del contesto della separazione, sia essa consensuale o giudiziale.
Il percorso di Mediazione Familiare, proprio ultimamente, è posto all’interesse del Parlamento, per una sua valutazione che possa condurre ad una legge, che consenta di renderlo obbligatorio, dietro segnalazione del Tribunale competente, specialmente, appunto, in quei casi in cui la separazione sia particolarmente conflittuale, soprattutto in presenza di uno, o più, figli, come nel caso di Collegno.
Questo tipo di approccio , volto a risolvere, o, almeno, ad arginare il conflitto di coppia, risulta, infatti, molto efficace laddove, a fare le spese del conflitto, siano i figli, a maggior ragione se minorenni; la domanda che ci poniamo è: se il giudice, anziché delegare il caso ai servizi sociali, molto competenti in altri ambiti, ma, forse, poco adatti in questo, avesse obbligato i due ex coniugi a seguire un percorso di Mediazione Familiare, oggi quei due bambini, di 5 e 7 anni, avrebbero ancora i loro genitori?
Il mediatore familiare, infatti, preferibilmente, deve aver conseguito un titolo superiore di studio adeguato, come la laurea in Psicologia, e deve essersi formato, in seguito, attraverso uno specifico corso annuale, o biennale, che gli consenta di approfondire, oltre a diverse dinamiche relazionali, specifiche del caso, anche quelle argomentazioni di tipo legale, di cui manca; non è casuale che si chiuda un occhio sulla formazione degli avvocati, molto meno su quella di pedagogisti ed assistenti sociali, senza http:\\/\\/psicolab.neta togliere alla loro professionalità.
La conoscenza, nello specifico, delle dinamiche relazionali e di coppia, infatti, consente al mediatore di possedere uno strumento molto efficace, inizialmente, anche per valutare se la mediazione sia possibile, tentabile, tentabile ma pericolosa, oppure, addirittura impossibile: non dubitiamo che un’attenta valutazione della coppia di Collegno avrebbe condotto ad una delle seconde due ipotesi, permettendo, così, al giudice, di seguire il caso con maggiore attenzione, evitando quello che è accaduto.
Un percorso di mediazione, poi, avrebbe anche consentito di tenere in maggiore considerazione i due figli, i loro bisogni e le loro caratteristiche, dando loro l’opportunità, ad esempio attraverso il disegno congiunto, di esprimere sé stessi e le difficoltà del caso, magari contribuendo attivamente alla ricerca di una soluzione gestionale alternativa: adesso avremmo l’ennesima famiglia divisa, ma serena, e non l’ennesima tragedia da cronaca nera.