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Relazioni

Mariti di Angeles Mastretta: Racconti davvero Terapeutici

Ci sono diversi modi per iniziare una giornata di vacanza: io mi alzo senza essere strattonata dalla sveglia, faccio il caffé, me lo porto a letto e leggo un racconto della Mastretta, dal suo ultimo libro Mariti.
Il mio, di marito, è al lavoro, la stanza è silenziosa, le finestre ancora chiuse a ritardare l’appuntamento con il quotidiano che può attendere. Tante cose possono riempire le ore a venire, ma nessuna preme con urgenza.
In questa sospensione riesco a sentire di più gli angeli che la Mastretta fa svolazzare sulla testa di un bambino, che testimoniano la nascita di un amore o l’ineluttabilità di un ritorno e passano con la loro scia di silenzio “perché dietro il silenzio di un angelo c’è sempre una storia. O tante storie”.
In ognuna delle storie che Angeles Mastretta ci racconta invece c’è un marito (o un amante) presente, assente, che rimane, che torna o se ne va, insostituibile e sostituibilissimo (com’è scritto nel risvolto di copertina); perché essendo i mariti “stati d’animo” sono visti tutti attraverso il filtro degli occhi grandi delle loro donne, dai loro sguardi pazienti, ostinati, scintillanti, curiosi, profondi, ironici, nostalgici, ma soprattutto benevoli.
I mariti possono costituire rimpianto, ma qualche volta no. “Avrebbe voluto che suo marito le dicesse che era bella e che il suo amante le dicesse che l’amava. Impossibile. Stando così le cose, li lasciò entrambi e si comprò un grande specchio e le opere complete di Mozart. Non fu mai tanto felice come in quell’estate azzurra.”
Resta, alla fine di ogni ritratto di donna e dell’uomo che spesso è il suo necessario completamento, una sorta di gratitudine nei confronti del nostro stare al mondo. Anche se il marito in questione è in realtà più dedito all’alcool che alla famiglia e quando muore lascia una pace totale, un sorriso sulle labbra della consorte. “Aveva ragione la sua vicina che andava dicendo in giro: quando il marito della signora Fez è passato a miglior vita, è passata a miglior vita anche lei”!
Molti di questi mariti tradiscono, alcuni sono traditi, altri risultano inaspettatamente fedeli. La presenza della rivale può essere per Elisa talmente vera da sentirne la conversazione con il suo uomo, da immaginare come reali le rimostranze dell’altra che pretende, nel ruolo di fidanzata ufficiosa, qualcosa in più di un sabato mattina rubato alla pace coniugale.
E che sollievo (anche per noi) quando Elisa si accorge che il ritardo del marito è solo un equivoco! Non è passato a prenderla perché la sta aspettando al ristorante. E, non solo non sta tramando con l’amante (quando lei entra nel locale e lui la saluta festoso si capisce che non c’è nessuna amante), ma ha già ordinato una tequila per lei, per lei è andato davvero a comprare un nuovo paio di cesoie da giardino (il ferramenta non era per niente una scusa per uscirsene, da solo, di sabato mattina, come Elisa aveva temuto).
E’ come se tutti questi personaggi – persone, direi – uomini e donne, le donne soprattutto nella loro complicata semplicità, avessero letto, condiviso e fatto loro il saggio di Hillman sul tradimento, soprattutto quel passaggio in cui Hillman dice che la fiducia contiene il tradimento e il tradimento contiene la fiducia, anzi che la fiducia ha in sé il seme del tradimento.
In termini più semplici significa metterlo in conto, sempre, e nei racconti della Mastretta il tradimento è un fantasma perennemente in agguato, perché non esiste promessa che sia eterna, perché il matrimonio è una scommessa iniziale su cui vale la pena scommettere e riscommettere ancora. Affidarsi alla relazione con l’altro senza mai sospettarne la fine è come andare incontro disarmati alla delusione più potente.
Anche in questo la Mastretta va d’accordissimo col saggio di Hillman, che dice: “Siamo traditi proprio nei rapporti più intimi, quelli in cui è possibile la fiducia originale”. Coincide la fiducia originale con l’archetipo dell’Eden, con la sensazione di abbandono totale a Dio, con la certezza della protezione.
La cacciata dal Paradiso, la fine dell’Eden è comunque l’inizio della vita, la nascita della drammaticità dell’uomo che sempre cercherà di tornare alla sensazione iniziale di totale fiducia; ci riuscirà nei momenti dell’amore, nelle relazioni intime, nella relazione analitica, che Hillman definisce efficacemente recinto sacro.
Ma che ne sanno le donne di Puebla o di Città del Messico di tutto questo? Non conosceranno la teoria, ma la pratica della vita, della quotidianità e del senso da dare all’intera esistenza, quelli sì; lo sa bene Rosa che incontra ancora quasi bambina Antonio Ibarra, un libanese che la tradisce non con altre donne, ma con il gioco delle carte. Lei lo ama, lo sposa, e dopo otto figli lo lascia perchè non ha mantenuto la promessa di resistere al vizio. A settantacinque anni lo riprende in casa e lo perdona.
Già Jung sosteneva e lo risostiene Hillman che il perdono “è il sale dell’amarezza trasformato nel sale della saggezza”. E Hillman ancora che “è l’individuo tradito a dover trovare il modo di risorgere, a dover fare un passo avanti dandosi da sé un’interpretazione dell’accaduto”; addirittura che l’esperienza del tradimento può essere creativa se non si cade negli errori comuni della vendetta, della negazione, del cinismo, del tradimento di sé o, infine, della scelta paranoide. E poi aggiunge: “desiderare che il perdono arrivi e attendere che arrivi è l’unica cosa che possiamo fare”.
Lo dice anche la Mastretta nell’intervista di Marta Cervino su Marie Clair, che l’infedeltà si lava via con un bagno (massima della nonna) e il rancore invece non si lava via con niente, ma che bisogna imparare a farselo scivolare addosso
E in tutto questo il traditore, la traditrice, che fanno? Anche loro dovranno perdonarsi, ma solo dopo aver espiato, perché l’espiazione è il riconoscimento dell’altro, oltre che del proprio errore (ancora una volta per dirla con Hillman) e se non siamo consapevoli dei nostri errori non possiamo davvero pentircene. Quindi un atto di umiltà nei confronti dell’altro, che diventa amore.
Antonio Ibarra è davvero rinsavito nel momento in cui torna, ormai anziano, dalla sua Rosa? Lo ritrovano, dopo decenni di silenzio, dimentico di sé, non ricorda il suo nome, ma quello della moglie sì. Insieme a quello della città, Merida, e ad altre notizie che riaffiorano dal passato: aver avuto otto figli, un negozio ed essere nato in Libano. Insieme a questi elementi confusi, anche quello di volere a tutti i costi dire a Rosa che lei aveva ragione.
Non smetterei mai di parlarvi dei tanti mariti di Angeles Mastretta,. C’è quello che lascia, lasciando dietro di sé una nostalgia fisica peggiore della menopausa e che con questa si confonde; c’è l’uomo maturo e affascinante che torna da un’adolescenza ormai dimenticata e diventa l’amore che un tempo non si era voluto vedere.
E poi chi si perde lo splendore di un arcobaleno , chi invece si innamora per tutta la vita di una donna ondivaga; chi è solo un fidanzato passeggero, chi rappresenta un sogno per sempre.
In realtà non sono loro i protagonisti delle storie. Al centro sono ancora le tenaci figure femminili, cresciute in media di vent’anni rispetto alle Donne dagli occhi grandi (altri bellissimi racconti pubblicati vent’anni fa e di enorme successo), ma i loro occhi non sono rimpiccioliti, anzi…Sono le donne di oggi un po’ “sgualcite dalle disillusioni dell’esperienza, stropicciate dagli anni” (come le definisce Iaia Caputo in una bellissima intervista alla Mastretta), ma ancora fortemente desideranti.
Il desiderio sopravvive all’età e dura per sempre, finché saremo vive, e può riguardare un uomo, o anche la voglia di riscoprire in noi nuovi talenti, oppure solo quella di mantenere in vita la curiosità di sapere come andrà a finire. E nello stesso tempo il saper accettare che le cose “succedono perché succedono, perché sì”.
Non sono lezioni di poco conto! Oggi che va di moda la consultazione filosofica (quella psicologica qualcuno la dà già per tramontata) e si spendono, che so, cento euro per sedersi in salotto davanti ad un esperto sulla vita e sul pensiero, forse vale di più leggere la saggezza delle nostre donne messicane, e bere idealmente una tequila insieme a loro.

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Margherita Fratantonio

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