Tradizionalmente l’orientamento è stato indirizzato a migliorare il passaggio (una volta e per sempre) dal sistema dell’educazione formale al modo del lavoro, i servizi erano rivolti quasi esclusivamente a chi lasciava la scuola. Ma le carriere oggi non sono basate più su un singolo momento di decisione, ma su più decisioni durante tutta la vita, l’orientamento quindi deve essere reso disponibile per tutti e lungo tutto l’arco della vita, non vi si rivolgono solo studenti ma clienti di tutte le età in differenti stadi di carriera.
Oggi le attività di orientamento possono riguardare le scelte scolastiche o formative al termine o durante i diversi cicli scolastici, le modalità di ricerca di lavoro (sia al termine di percorsi formativi, che a seguito di un licenziamento, che quando si desidera reinserirsi sul mercato del lavoro), le strategie per inserirsi nelle professioni e, quando già occupati, per crescere professionalmente.
La carriera non è più interpretata come una sequenza di ruoli professionali, perché gli uomini attribuiscono significati diversi ai vari aspetti della carriera in base al modificarsi di altri aspetti della vita. La stabilità lavorativa è diventata per molte persone uno degli elementi fondanti della percezione di sé, se tale stabilità manca si possono sviluppare identità fragili con scarse risorse e progettualità. L’orientamento è così anche uno strumento per la “manutenzione dell’io”.
La pratica dell’orientamento fino agli anni ’70 consisteva nella somministrazione di test e nella restituzione al cliente di un responso prescrittivo. Negli ultimi decenni, invece, si è dato più valore al colloquio, condotto con modalità non direttive volto a promuovere e facilitare la capacità del cliente di esplorare le diverse alternative possibili e prendere decisioni in prima persona. L’orientatore deve essere un ascoltatore attivo avente lo scopo di mettere in moto il cliente per metterlo in grado di affrontare le transizioni e di governare il proprio percorso di carriera.