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L´obbedienza

Sappiamo che un requisito essenziale per una buona interazione tra genitori e figli è l’obbedienza di questi ultimi, tuttavia Spitz sostiene che la capacità di dire no, tipica del secondo anno di vita, rappresenta il risultato intellettuale più importante della prima infanzia. In un’ottica di lungo termine, la capacità del bambino di affermare se stesso e andare contro i desideri dei genitori rappresenta un’auspicabile espressione di crescente autonomia. La disobbedienza può dunque avere una funzione positiva nello sviluppo sociale, dando ai bambini un’occasione di affermare la loro indipendenza e di sviluppare abilità e strategie sociali per esprimere la loro autonomia in modi socialmente accettabili. Si può dire che la disobbedienza riflette la competenza sociale se è espressa con modalità adeguate, divenendo risultato positivo. Di solito il controllo genitoriale è più efficace nel promuovere l’obbedienza se è accompagnato da un certo controllo accordato al bambino sull’interazione, se sono seguiti gli interessi del bambino e le sue azioni come guida per le richieste e le direttive, se l’interazione ha come sfondo una relazione affettuosa e di sostegno. Più le tecniche di controllo sono coercitive, minori sono i tentativi di mantenere reciprocità, maggiore la probabilità che l’obbedienza non si raggiunga e che non si faciliti l’interiorizzazione dei valori. Le tecniche educative sono quindi efficaci se, oltre a dare al bambino informazioni chiare su ciò che si vuole da lui, invitano anche a condividere il potere riconoscendo al bambino il ruolo di persona distinta e attiva, con bisogni e desideri propri. Si dovrebbe quindi operare entro il quadro di riferimento del bambino, assicurandosi che la sua attenzione sia centrata sul medesimo oggetto; condividere gli argomenti, essere sensibili alle richieste esplicite e non.

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