Lo stress occupazionale può essere definito come una “ risposta fisica ed emozionale dannosa che viene attuata quando le esigenze del lavoro non corrispondono alle capacità, risorse, o esigenze del lavoratore” (NIOSH, 1999).
L’interesse per la promozione della salute e del benessere al lavoro non è nuova, ma risale agli anni settanta, quando i movimenti insorti dalle reazioni ai danni fisici in alcune tra le più pericolose industrie statunitensi e svedesi portarono alla promulgazione di atti per la salute e la sicurezza sul lavoro, rispettivamente nel 1970 e nel 1974 ( Karasek & Theorell, 1990). Da allora, sono stati condotti migliaia di studi psicosociali (Cooper, 1986; Bagnara & Stajano, 1987; Favretto, 1994; Marocci, 1994) e di teorie nel campo dello stress occupazionale, del benessere, della soddisfazione lavorativa e del job-design, accrescendo, a livello di tutti i settori lavorativi e dei vari governi, la convinzione che l’esperienza dello stress ha delle conseguenze indesiderate sia per la salute e la sicurezza degli individui, sia per la salute e l’economia delle organizzazioni. Il lavoro salubre presuppone appropriati livelli di richieste di lavoro psicosociale, varietà del lavoro, autonomia e supporto da parte di colleghi e superiori. Se il lavoro fornisce una giusta combinazione di caratteristiche del lavoro – ad esempio un livello di job demands (comprese le richieste psicologiche, come la responsabilità) adeguate alle capacità del lavoratore e adeguati livelli di controllo e supporto – il lavoro stimola la motivazione, la soddisfazione e, di conseguenza, sia la salute mentale che la performance produttiva. Un vantaggio per i lavoratori e per le loro organizzazioni di appartenenza. Al contrario, in un processo di esposizione cronica a fattori di rischio, senza un sufficiente recupero, le reazioni (comportamento psicologico e fisiologico) possono, a lungo andare, condurre a serie malattie, in particolare di tipo cardiovascolare e muscoloscheletrico. Secondo la survey 2000 della Fondazione europea di Dublino (European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, 2000), attualmente si stanno riducendo le malattie professionali causate da un unico fenomeno eziologico, mentre aumentano le malattie correlate al lavoro a cui, come unica causa, se ne affiancano altre; per esempio le situazioni familiari e personali. L’indagine rileva anche come è cambiato il lavoro: alte percentuali di lavoratori dichiarano di dover svolgere incarichi complessi, di dover rispondere a precisi standard di qualità, di dover valutare la qualità del proprio lavoro, di usare il computer, di svolgere compiti monotoni, rispettare deadlines in modo rigoroso ed essere sottoposti ad alti ritmi di lavoro. Secondo stime effettuate da alcuni Stati membri dell’UE, la spesa di ciascuno di questi, causata da problemi di salute correlati allo stress si aggira tra i 185 e i 269 milioni di euro annui (Levi, 2000).
In pratica, divengono necessarie delle legislazioni, perché lo stress occupazionale e la fatica legata al lavoro sono diventati i problemi più grandi nelle organizzazioni di oggi. Da una ricerca condotta in Danimarca si è riscontrato che i costi connessi allo stress da lavoro sono dello stesso ordine di grandezza di quelli derivanti dall’esposizione ad altri fattori patogeni ben noti, come il rumore e le sostanze cancerogene. Sulla base di tali confronti, Levi e Lunde-Jensen (1996) giungono alla conclusione che “la prevenzione dello stress dovrebbe senz’altro essere inserita fra le priorità assolute delle politiche per la salute e la sicurezza sul lavoro”. Si è fatto quindi un ulteriore passo avanti, rispetto al diritto al lavoro (art.4 Cost.). Gran merito in materia di legislazioni va riconosciuto a Bertil Gardell e Lennart Levi per aver aperto la strada alla regolazione legale sulla qualità della vita lavorativa all’interno della legislazione nazionale europea, in particolare, con la direttiva europea sulla salute e la sicurezza al lavoro (89/391/EEC;1993); una direttiva che si occupa di fattori psicosociali del lavoro e del benessere legato al lavoro.
Nel 1981 lo scienziato svedese Bertill Gardell scriveva:
[…] lavorare dovrebbe essere organizzato in modo da poter permettere al lavoratore individuale di influenzare da solo la sua situazione lavorativa, disponendo i metodi e i passi. Il lavoro dovrebbe essere costituito in modo da permettere una comprensione e una visione del processo lavorativo per intero. Lavorare dovrebbe essere fatto in modo da dare al lavoratore individuale la possibilità di usare e sviluppare tutte le proprie risorse umane. Il lavoro dovrebbe essere fatto in modo da garantire al lavoratore individuale la possibilità di soddisfare i propri impegni extralavorativi; per esempio, famiglia e impegni politici e sociali, ecc. (Scandinavian Journal of Work, Environment and Health, 2002; trad. it. a cura dell’autore).
Più recentemente, il Parlamento europeo ha preso una chiara e comparabile posizione, esso:
[…] considera che il lavoro dovrebbe essere adattato alle abilità e bisogni delle persone e non viceversa e nota che preventivando una disparità nella crescita tra le domande di lavoro e le capacità dei lavoratori è possibile mantenere gli impiegati fino alla pensione ; considera che le nuove tecnologie dovrebbero essere usate nell’ ordine di rispettare questi punti, concentrare l’attenzione ai problemi risultanti dalla mancanza di autonomia nel posto di lavoro, monotonia e ripetitività di lavoro, e lavoro con una limitata varietà di contenuti, tutte caratteristiche che sono tipiche delle donne in particolare, e richiama l’attenzione per essere ripagato dell’importanza dell’ergonomia per lo sviluppo della salute e sicurezza delle condizioni sul posto di lavoro (Resolution A4-0050/99, 25th February 1999; trad. it. a cura dell’autore).
Nel 1999 il collega di Gardell, Lennart Levi, curò il rapporto dell’Unione Europea in materia di stress, definendolo:
[…] la reazione emotiva, cognitiva, comportamentale e fisiologica ad aspetti avversi e nocivi del contenuto, dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro. Uno stato caratterizzato da livelli elevati di eccitazione e ansia, spesso accompagnati da un senso di inadeguatezza (EC, 1999).