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Azienda e Organizzazione

Linguaggio del Corpo: Posizione del Braccio

 

 
 
 
 
 
La mano è il simbolo della volontà umana. Ne rappresenta l’essenza. Essa è la parola più utile, l’occhio più importante.
E’ il terminale energetico di un complesso processo elettrico e metabolico. Quando facciamo un lavoro con la mano, è acclarato che l’energia che parte dal cervello passa il nervo del braccio, ciò che si distingue è se siamo in grado di distribuire quest’energia a tutti i muscoli coinvolti e non solo quelli della mano. Quando lanciamo qualcosa o la prendiamo, se concentriamo energia solo sulla mano, essa risulta pesante e poco energetica al tempo stesso e per lo stesso motivo: Perché è piccola e se si concentra troppa energia si appesantisce, ma questa troppa energia è tale solo per la mano ma non per il pallone che dobbiamo prendere o lanciare. Cioè il lavoro sul pallone lo possiamo anche completare ma non nei termini che ci eravamo prefissati, il lancio diverrebbe debole e cortissimo. La mano deve essere invece un continuo movimento di energia che gli arriva dai muscoli dell’avambraccio a loro volta non statici, ma coinvolti in un altro flusso con i muscoli del braccio. Nel tutto il segnale elettrico è distribuito in tutto il nervo dell’arto e non solo nel terminale del polso. Questa distribuzione fa cambiare continuamente cellule delle fibre muscolari della mano, avendo l’impressione che quando solleviamo qualcosa sia leggera, che di fatti è vero, solo che alterna decimi di secondi di leggerezza, cioè mentre avviene lo scambio e i muscoli si rilassano, con decimi di pesantezza quando le proteine delle nuove cellule fanno contrarre i muscoli compiendo la resistenza all’oggetto sollevato.
Il nostro cervello programma il nostro organismo all’efficientamento energetico, il massimo lavoro con l’energia necessaria, al limite se ce n’è di più funge da riserva, stipata nei meandri dei tessuti. Nell’arto superiore l’efficientamento è dato da una precisa angolazione dei muscoli di spalla, braccio, avambraccio, polso e mano tra di loro che rendono il nostro l’arto tonico a riposo.
Ecco com’è messo l’arto quando non è impegnato in un grande sforzo, ma neppure quando è a riposo totale. La potremo chiamare la normalità dell’arto: Bicipite solo leggermente piegato e tricipite detonificato fatto salvo la parte vicina al gomito. Questa tensione stabilizzata crea una fossetta sulla pelle proprio al confine tra i due muscoli nella parte più vicina alla spalla del braccio. I muscoli flessori delle dita che si trovano nell’avambraccio sono tesi e rialzati rispetto alle ossa ulna e radio alle quali sono attaccati e sono rialzati anche rispetto al carpo. Anche i muscoli laterali sono in tensione, essendo estensori e non flessori non creano rialzi sulla pelle e sono più bassi dei flessori. Flessori ed estensori dell’avambraccio sono perfettamente contigui e allineati quando sono vicino al gomito. I muscoli del pollice si suddividono in tre strati. Il primo corrisponde all’inizio del palmo, si chiama adduttore breve, è molto grosso ma poco esteso. Subito al di sotto c’è uno strato più piccoli che funge da supporto per la sollevazione del “breve” e da suo opponente, difatti si chiama flessore del pollice. In uno strato inferiore è presente l’adduttore del pollice, muscolo piccolo e grasso perchè non facente parte di nessun tendine, è collegato ai muscoli metacarpali. I muscoli lombricali, quelli del metacarpo,devono essere sempre flessi, perché quando lo sono, adducono le dita al palmo, potendole gestire come vogliamo. Ovviamente non possiamo stare in flessione completa sempre, per cui la loro angolazione ideale a riposo è tra i 60° e i 75°.
E quando raggiunge il braccio questa perfezione energetica? Quando è disteso parallelo al tronco, con l’interno della mano rivolto ad esso. Se l’arto è precisamente in questo modo, l’individuo che stiamo osservando, che cammina, che gioca a qualcosa, che sta seduto e perfino dorme, ha energia. E’ di buonumore ed ha voglia di usare quell’energia per dire o fare qualcosa. Se invece un palmo non è rivolto al corpo, ma verso avanti o dietro, egli deve utilizzare l’ energia per flettere i muscoli in altro modo, molto più disallineato, per evitare lo slogamento del polso.
Questa postura la si può osservare in ogni lavoro come si deve. Noi quando prendiamo una busta, i pallavolisti, cestisti, pugili e calciatori, non quando hanno completato il tiro o il lancio o anche prima di farlo, ma nel mentre che lo compiono e si vedrà questo passaggio. Tra l’altro è anche più facile l’individuazione dei solchi tra i muscoli perchè la tensione è più forte.
E’ così che il pugno, cioè l’apice dell’energia della mano, raccoglie quanta più forza possibile. In qualunque altro modo si pone la mano e il braccio, il pugno, serva esso a prendere qualcosa o a colpire qualcosa, avrà una minore potenza, dovuta alla scordinazione e si avvertirà dolore anche solo nell’avere qualcosa tra le mani, figurarsi a menarsi con qualcuno.

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Luca Martino