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Le Componenti della Soddisfazione Lavorativa

La trasformazione della relazione tra individuo e organizzazione e quella tra l’organizzazione e il cliente sembrano seguire le “leggi della velocità” che caratterizzano la nostra epoca, per cui il dibattito sulle componenti analitiche della soddisfazione rimane più che mai aperto e degno di
rinnovato interesse. Quindi appare sterile farne un elenco senza sottolinearne la rigidità. Inoltre sembrano farsi strada nella cultura organizzativa delle imprese contemporanee nuovi valori, che Spector (1997) ha definito di tipo “umanitario”, nel senso di una nuova prospettiva etica nell’affrontare le problematiche delle realtà organizzative, con una sentita necessità di superare la prospettiva prettamente utilitaristica e quella diagnostica, per cercare invece il benessere dei lavoratori, al di là di vantaggi esclusivamente pragmatici. Questo punto di vista appare a nostro avviso utopistico, nel senso che le organizzazioni del lavoro per definizione nascono per fini di lucro, tuttavia sembra che stia aumentando l’interesse in Italia da parte degli imprenditori di far “entrare” la cultura nelle aziende, significativo segno di emancipazione.
E’ necessario comunque di componenti della soddisfazione, perché alla domanda “sei soddisfatto del tuo lavoro?”, molto probabilmente le persone rispondono di esserlo per alcuni aspetti, e non per altri.

La soddisfazione per il lavoro in sé
Hackman e Oldham (1976) hanno rilevato delle relazioni significative tra il contenuto del lavoro e la soddisfazione. In generale, infatti, sembra che i lavori complessi siano più soddisfacenti dei lavori ripetitivi, che spesso sono carenti di significato e richiedono abilità inferiori a quelle che il lavoratore percepisce di possedere. Gli stessi autori hanno elaborato il modello delle caratteristiche del lavoro, che individua cinque dimensioni del lavoro che dovrebbero influenzare la soddisfazione.
Tali dimensioni vengono misurate dal Job Diagnostic Survey e sono:
– abilità, cioè il grado di complessità e di abilità richieste dal lavoro;
– identità del compito, si riferisce alla possibilità del lavoratore di seguire l’intero processo del lavoro;
– significato del compito, cioè quanto il compito è significativo all’interno del processo lavorativo;
– autonomia, vale a dire il grado di autonomia nel decidere passi e metodi del proprio lavoro. Tale dimensione influenza il sentimento di responsabilità.
– feedback, cioè quanto un lavoratore ha accesso ad informazioni circa la qualità del lavoro svolto e ai risultati.
Sull’importanza di queste dimensioni influiscono fattori soggettivi, come il bisogno di crescita e di sviluppo. Dagli studi di Loher et al. (1985) si evince che nei lavoratori con un più alto bisogno di crescita personale, l’associazione tra queste dimensioni e la soddisfazione è più forte e meno varia rispetto ai lavoratori con un bisogno di crescita minore. Per questi ultimi il lavoro arricchito non è fonte di soddisfazione, che troveranno invece in fattori estrinseci (ad esempio, la remunerazione).

La soddisfazione per la retribuzione
Secondo alcuni studi, la retribuzione è predittiva della soddisfazione dei lavoratori, ma altre ricerche non confermano la correlazione o, meglio, indicano che è solo moderatamente forte, suggerendo che ci sono altri fattori che la determinano.
Inoltre, ci sono diversi aspetti della retribuzione indagabili, al di là dell’ammontare della paga. Ad esempio, la trasparenza e coerenza dei criteri utilizzati per definire la retribuzione e la modalità di ricompensa data dal datore di lavoro (Dyer e Theriault, 1976; Weiner, 1980). Non solo. All’interno di questo scambio, agisce anche la percezione del singolo lavoratore della correttezza della retribuzione per il lavoro svolto, per cui sarà soddisfatto se la ricompensa è uguale o supera la percezione del valore del proprio lavoro (Berkowitz et al., 1987; Dyer e Theriault, 1976).
A sua volta, tale percezione è influenzata da standard di riferimento che secondo le teorie dell’equità e delle sfaccettature si formano attraverso il confronto sociale, mentre Berkowitz et al. suggeriscono che il confronto con gli altri non è sempre prioritario nella formazione degli standard di riferimento, ma vi influiscono confronti interni all’individuo, vale a dire i confronti tra le esperienze passate e quelle attuali.

Anche in Italia si parla ormai da anni di “utilizzazione delle risorse umane” per indicare un’inversione di tendenza delle politiche lavorative rispetto al passato: il termine vuole riflettere così un mutamento della logica del turbolento mercato lavorativo, dove diventa sempre più imprescindibile apprezzare e riconoscere le qualità degli individui.

Mottaz, nel 1986, definisce la soddisfazione come un appagamento di bisogni, esigenze, desideri, aspettative che implica una valenza positiva ed è accompagnata da sentimenti di piacere, gioia e benessere. Quindi considera la soddisfazione come la risposta affettiva dei lavoratori nei confronti della totale situazione lavorativa.
Cosa sono le Work Reward (ricompense lavorative)? Mottaz afferma che esse si riferiscono agli intrinseci od estrinseci benefici che i lavoratori ricevono dal loro lavoro.
Cosa sono i Work Values (valori lavorativi)? Si riferiscono a loro volta a cosa i lavoratori desiderano o considerano importante nel loro lavoro. E’ partendo da queste due definizioni che vari autori (Morse,1953; Katzell, 1979; Vroom, 1964; Locke, 1969; Kalleberg,1977) definiscono in maniera più esaustiva di Mottaz la soddisfazione lavorativacoma una risposta emotiva risultante dell’interazione delle ricompense lavorative e dai valori lavorativi: più grande sarà la percezione della congruenza tra rewards w values più grande sarà la soddisfazione lavorativa: più grande sarà percepita la discrepanza minore sarà la soddisfazione. (Mottaz nella sua ricerca sottolinea le differenze di genere)

Nella work satisfaction un articolo molto interessante è lo studio di Orpen & Bonnici 1990, che esplora le cause e le conseguenze della soddisfazione del salario su varie caratteristiche del lavoro, prima fra tutte la work satisfaction. I risultati di questo studio offrono un sopporto al modello della soddisfazione di Lawler 1971. Lo studioso afferma nella sua ricerca che la soddisfazione nella paga è in funzione di quanto si riceve, della percezione di quanto ricevo gli altri e della ulteriore percezione di quanto dovrebbe essere ricevuto. Il modello suggerisce, poi, che la soddisfazione della paga può essere positivamente correlato a degli aspetti lavorativi, come il coinvolgimento nella mansione, la motivazione e la soddisfazione nel lavoro. La ricerca di Orpen & Bonnici 1990, conferma però solo una correlazione ipotizzata da Lawler 1971: quella fra la soddisfazione nel salario e work satisfaction. Per quanto riguarda le altre correlazioni non c’è significatività statistica. I due autori australiani cercando di spiegare questi risultati contrari a quelli attesi dal modello di Lawler suggeriscono che ci sono delle circostanze dove una varietà di fattori, non esplicitamente incorporati nel modello, possono creare, pur essendoci una forte soddisfazione nella paga, solo delle piccole differenze nella quantità del contributo individuale nel lavoroo nell’impegno che essi potrebbero dare .

Judge e Watanabe 1994, hanno tentato di esplorare le differenze individuali nella natura della relazione fra la soddisfazione nel lavoro e quella nella vita. I due autori hanno voluto dimostrare che la relazione tra i due tipi di soddisfazione è positiva per molti individui, ma non per tutti. Poche sono le ricerche che hanno investigato come la natura delle relazioni fra soddisfazione nella vita e in quella del lavoro possa differire tra gli individui.
I due autori sono partiti dalla ricorrente e classica distinzione circa la relazione tra la soddisfazione nel lavoro e nella vita.
tre ipotesi tradizionali:
1) spillover, i lavoratori soddisfatti e insoddisfatti nel lavoro avranno anche delle insoddisfazioni e soddisfazioni nella vita e viceversa
2) compensation, suggerisce al contrario che i lavoratori insoddisfatti nel lavoro saranno soddisfatti nella vita e viceversa
3) segmentation, quest’ipotesi afferma che non c’è relazione fra la soddisfazione nel lavoro e quella nella vita.
Judge e Watanabe ipotizzano che tutti e tre i modelli siano giusti in rapporto a diversi sottogruppi.

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