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La Pubblica Opinione Nel ‘900

Lo studioso di comunicazione e opinione pubblica americano Vincent Price (2004), parla di alcune preoccupazioni e di alcuni problemi che hanno sempre assillato gli studiosi di scienze sociali nell’analisi dell’opinione pubblica e sono preoccupazioni tanto più fondate se ci si confronta con il fenomeno opinione pubblica in rapporto ai sondaggi.
Price (2004) parlando di questi problemi, ne elenca essenzialmente cinque, raggruppandoli in due macro categorie. La prima categoria riguarda la presunta e potenziale superficialità dell’opinione pubblica che, nello specifico, si concretizza nella mancanza di competenza (che può tradursi in disinteresse o poca attenzione nei confronti delle questioni pubblico-politiche) e nella mancanza d’informazione da parte del cittadino, che in generale è da ascrivere ad una cattiva, o comunque lacunosa, comunicazione politica.
Nella seconda categoria, lo studioso, raccoglie i problemi che riguardano la potenziale influenzabilità dell’opinione pubblica, vale a dire il dominio di poche èlite politiche o economiche rispetto alla passività della massa, condizionamento e persuasione dovute principalmente a sollecitazioni non razionali, che quindi fanno leva sulla emotività del pubblico, e la cosiddetta tirannia della maggioranza, ovvero la volontà di mantenere l’opinione pubblica ad un livello di conoscenza e consapevolezza mediocre, non dando un’adeguata visibilità e spazio d’espressione a segmenti quantitativamente minoritari del pubblico.
La vera rivoluzione per quanto riguarda lo studio dell’opinione pubblica avviene negli anni ’30 del XX secolo soprattutto grazie agli sviluppi che si sono avuti nelle ricerche di opinione con l’elaborazione di tecniche quantitative per la misurazione degli atteggiamenti e l’applicazione della teoria del campionamento alla ricerca sociale. L’esperienza delle previsioni sugli esiti delle presidenziali americane del 1936 è un esempio eclatante del cambiamento che le nuove tecniche metodologiche appena citate, hanno portato nell’ambito della ricerca d’opinione. I primi celebri sondaggisti, Gallup, Crossley, Roper, avvalendosi, infatti, dell’uso scientifico delle tecniche di campionatura, riuscirono a prevedere con una certa precisione gli esiti delle elezioni presidenziali. Al contrario molti quotidiani e riviste dell’epoca, primo fra tutti il prestigioso “Literary Digest”, sbagliarono completamente la previsioni di voto perché condussero sondaggi su un pubblico vastissimo ma secondo campionature totalmente casuali.
Nel corso del ‘900, assistiamo a due mutamenti, uno di tipo tecnologico l’altro di tipo sociale, che investono sia l’Europa che gli Stati Uniti e che portano anche il fenomeno dell’opinione pubblica a cambiare radicalmente la sua essenza.
Nei primi decenni del secolo nasce la radio, il primo vero mezzo di comunicazione di massa che permette un flusso d’informazioni da pochi emittenti ad una moltitudine indistinta di persone, la massa appunto. Con la televisione, nei decenni successivi, si avrà la consacrazione definitiva della comunicazione di massa, mutando definitivamente l’identità del cittadino da quella di singolo individuo a quella di massa indistinta di soggetti.
Lo sviluppo della società di massa, mutuato anche da cambiamenti di tipo economico rappresentati principalmente da un’economia che si fa essenzialmente consumistica, prevede un inevitabile mutare anche del significato e del ruolo che l’opinione pubblica riveste in questo particolare momento storico.
Il giornalista Renato Parascandolo in un breve saggio dal titolo “Opinione pubblica e opinione di massa”, mette in luce proprio questa evoluzione del concetto del fenomeno di cui stiamo parlando facendo soprattutto una distinzione di significato fra i termini ‘pubblico’ e ‘massa’.
Secondo lo studioso, infatti, è in questo scarto di significato tra i due termini che si concentra la nuova idea di opinione pubblica. Secondo il concetto tradizionale che abbiamo visto svilupparsi in seno all’Illuminismo e al pensiero liberale, l’opinione pubblica ha la forma di un’entità organizzata, numericamente molto inferiore a quella che si sviluppa nella società di massa, ma soprattutto basata su un ragionare e confrontarsi di idee in modo razionale e non emotivo. L’opinione di massa, invece, è costituita da quella moltitudine indistinta di individui denominata “gente” e non prevede nessun tipo di dibattito o di confronto razionale.
L’opinione di massa è preda, secondo Parascandolo, delle suggestioni dei media, è vittima della sua stessa emotività. Quindi anche il ruolo della politica cambia, diventa demagogico e deve cercare di conquistare il pubblico con l’arma della persuasione, della demagogia, puntando sull’emotività, sulla seduzione e non su ragionamenti di tipo argomentativo. La comunicazione politica allora si avvicina sempre più alla comunicazione pubblicitaria e il cittadino-elettore sempre più al consumatore. L’opinione di massa non ha un ruolo attivo nella discussione sulla cosa pubblica, può far sentire la sua voce solo in modo passivo attraverso i sondaggi. L’autore sintetizza bene il concetto, affermando che “ l’opinione pubblica conta mentre l’opinione di massa è contata, dai sondaggi per l’ appunto” .
Parascandolo ritiene che una soluzione a questa passività e mancanza di partecipazione da parte della massa, possa essere in qualche modo superata grazie alle possibilità offerte da un nuovo mezzo di comunicazione quale Internet. Egli sostiene che Internet, rispetto alla stampa, alla radio, alla televisione, possa rendere alla collettività quello spazio di discussione che con il tempo si era perso. Internet rappresenterebbe un nuovo luogo pubblico virtuale di comunicazione per la cultura e la politica. La speranza, quindi, è che dalle ceneri della vecchia opinione pubblica possa nascere una nuova coscienza pubblica internazionale. I partiti democratici devono capire e riuscire a sfruttare le possibilità offerte dai nuovi media, in quanto questi costituiscono lo spazio per la formazione di un nuovo spirito pubblico e il luogo del confronto tra culture e civiltà.
Anche Francesco Saverio Trincia, docente di filosofia e studioso di scienze sociali, come Parascandolo, considera ormai perduta la tradizionale funzione di controllo e intervento politico, intesa secondo il modello classico, da parte dell’opinione pubblica. Secondo Trincia questa crisi del ruolo dell’opinione pubblica era già chiara all’inizio degli anni ’60 del XX secolo, come già evidenziava Habermas ma, a differenza della soluzione proposta da Parascandolo, Trincia crede che la cura più efficace  a questa crisi che affligge l’opinione di massa risieda nella ripresa della dimensione del ‘privato’ all’interno del dibattito pubblico. Il privato, inteso come momento di formazione culturale e civica, è stato travolto dalla società di massa. Quindi ripristinare una politica che sia difesa della democrazia, significa rendere all’opinione pubblica la possibilità di esprimersi ed intervenire sulle questioni pubbliche. Per fare questo è necessaria la restaurazione del rapporto comunicativo tra privato e pubblico, interrotto dall’insorgere della società di massa e dalla cultura del consumo, che hanno reso possibile l’espressione della voce del pubblico solo attraverso i sondaggi d’opinione.
Un’altra riflessione sul ruolo dell’opinione pubblica nella società contemporanea ci è offerta da Stefano Cristante, docente di sociologia della comunicazione, il quale partendo sempre dalla tradizionale concezione settecentesca di opinione pubblica, non può che constatare, come abbiamo visto fanno gli studiosi appena citati, la fine del ruolo partecipativo del pubblico.
Cristante evidenzia il ruolo fondamentale che hanno avuto i mezzi di comunicazione di massa, in particolar modo negli anni dei due conflitti mondiali, per quanto riguarda la formazione dell’opinione pubblica. Questi mezzi, soprattutto la radio, sono stati lo strumento di condizionamento che i “politici” dell’epoca hanno sfruttato per plasmare le masse. L’altro elemento di cambiamento dell’opinione pubblica sul quale Cristante punta l’attenzione proviene, come abbiamo già visto, dagli Stati Uniti e riguarda il nuovo filone di studi collegato all’opinione pubblica, il sondaggio d’opinione. Questo sbarca nel vecchio continente dopo la seconda guerra mondiale, stravolgendo la funzione e l’essenza stessa della pubblica opinione. Si passa dalla tradizionale élite illuminata e orientata alla discussione civile, alla partecipazione politica, ad una massa che è espressione della gente. La gente è connotata da valori che vengono definiti triviali, come la maggioranza, intesa come altissimo numero di individui raccolti sotto l’insegna di opinione pubblica. Altro valore che caratterizza la gente è l’esposizione ai media generalisti, che sono visti come garanzia di libero accesso al mercato delle idee e quindi come forma di adesione ai principi democratici tipici delle democrazie occidentali. Secondo la prospettiva di Cristante, l’opinione pubblica contemporanea è svuotata della sua essenza originaria e rimane soltanto un’espressione colta per identificare la gente, la massa, cioè chiunque. L’opinione pubblica si riduce ad oggetto, da poter sondare attaverso le ricerche d’opinione, e diventa un campione della popolazione nazionale, uno strumento nelle mani del mondo dell’informazione e del sistema politico.
Viste le posizioni di questi studiosi sembrerebbe che il celebre saggio del 1976 di Pierre Bourdieu dal titolo “L’opinion publique n’existe pas”, fosse profeticamente veritiero.


Price, V. (2004), L’opinione pubblica, Bologna, il Mulino.

Parascandolo, R. Opinione pubblica e opinione di massa, dal sito web www.filosofia.it.

Trincia, F. S. Osservazioni sull’opinione pubblica (tra Habermas e Foucault), dal sito web www.filosofia.it.

Cristante, S. Opinione Pubblica, dal sito web www.filosofia.it.
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Silvia Nocini

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