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Spiritualità

La Modernità del Pensiero Junghiano nella Riattualizzazione di Tematiche Antiche

Nella moderna percezione teorica delle varie psicologie, esistono differenti campi di studio che si differenziano spesso per la dimensione psicopatologica che si tenta di spiegare.
La psicologia legata alle strutture della psiche è solo una branca descrittiva che fa luce sui meccanismi inconsci legati alle nevrosi. Le istanze freudiane hanno avuto una notevole eco per gran parte del secolo scorso. La personale concezione dell’Es, Io e Super Io presenta tuttora il punto di partenza per una comprensione dinamica dell’inconscio, dei meccanismi di difesa e dei conflitti dai quali emergono situazioni polisintomatiche da affrontare. Senza http:\\/\\/psicolab.neta togliere a Freud e alla sua pionieristica teorizzazione del linguaggio mentale è necessario evidenziare alcune lacune che solo altri psicologi hanno cercato di colmare.
La psicanalisi classica sembra essere pansessualista ( e quindi riduttiva) nel momento in cui la libido è solo energia sessuale, mentre nella concezione junghiana la libido è intesa come un’energia vitale che si indirizza su sue campi: l’introversione e l’estroversione. Nell’introversione parliamo di energia di ritorno da un oggetto esterno verso uno interno, mentre nell’estroversione l’interesse va dal soggetto verso l’esterno. Questi due passaggi interessano tutti gli individui. Si evidenzia dunque un netto contrasto tra le due teorizzazioni, laddove la prima è intrapsichica e interessa la dimensione inconscia e relazionale con i genitori mentre la teoria junghiana interessa la persona non solo nell’ambito energetico della libido ma come struttura complessa nella quale sono presenti tratti di un’antichissima filogenesi umana e animale. La religione, la mitologia, i sogni, la psicosomatica e gli opposti antichi delle filosofie orientali sono tratti innati nella psiche come complessi; il complesso indica un contesto psichico attivo i cui elementi molteplici (sentimenti, pensieri, percezioni, ricordi) sono unificati dalla comune tonalità affettiva. Un esempio è il complesso materno. Gli archetipi, strutture fondamentali della persona, sono immagini e rappresentazioni antiche e moderne che rese coscienti fungono da legame con L’io cosciente. Sono costellazioni innate nell’inconscio collettivo che sono in grado di elaborare dimensioni arcaiche. Non intendo qui trattare i principi analitici della psicodinamica junghiana quanto piuttosto allargare il campo alle conoscenze che Jung attribuisce alle alla collettività perché si possa delineare una concezione psico dinamica complessa.
Intendo qui proporre una breve storia del pensiero religioso e dei suoi legami con la psicologia, legami affrontati e studiati a fondo da Jung.
Quando Jung usa l’espressione religione non intende una professione di fede. La religione è l’espressione che definisce l’atteggiamento proprio di una coscienza la quale, attraverso l’esperienza del numinoso ha subito un cambiamento.

[…]Parlando di religione, debbo spiegare anzitutto che cosa io intenda per tale concetto. La religione come indica il vocabolo latino religio è un’osservanza accurata e scrupolosa di quello che Rudolf Otto definì giustamente numinosum cioè un’essenza o un’energia dinamica non originata da alcun atto arbitrario della volontà. Al contrario, questa energia afferra e domina il soggetto umano che né è sempre la vittima piuttosto che il creatore. La religione mi sembra un atteggiamento peculiare della mente umana che si potrebbe definire in armonia con l’uso originario del termine religio, come la considerazione e l’osservanza scrupolosa di certi fattori dinamici riconosciuti
come “potenze”: spiriti, demoni, dèi, idee, ideali[…] .(Jung, 1938/49)

Nell’uomo complesso di Jung la religione è soprattutto una condizione a priori che esiste in quanto tale. I dogmi hanno una vita propria e si modellano nel tempo a seconda delle culture. Tuttavia dogmi e rituali provengono da esperienze primarie di tipo adattivo per l’evolversi di un gruppo o una comunità. Con questo non si vuol dire che esiste un´unica verità, anzi ogni profeta che sia Dio, Buddha, Maometto o Confucio visto da un ottica psicologica non evoca pretese, ma un atteggiamento scientifico dello studioso che coglie il lato umano dell’ottica religiosa originaria, prescindendo dal resto. Jung ci dice che il suo interesse non ha nessun tipo di impostazione metafisica, anzi studia l’esperienze dell’ homo religiosus come colui che è influenzato da rituali e devozioni. Non si può pensare all’uomo eludendo l’essenza del pensiero religioso. Per Jung l’esperienza religiosa è di natura psichica, una ierofania, all’interno della psiche, di archetipi e di potenze esterne all’Io cosciente ma intrapsichiche. Nel volume Psicologia e religione, del 1940, egli considera la fede nell’esistenza reale di esseri spirituali solo come proiezione all’esterno di potenze interiori di natura meramente psicologica: “[…] non può neppure essere sostenuta una dottrina della deità nel senso di un’esistenza non psicologica[…]. Poiché sono medico e specialista di malattie nervose e mentali, il mio punto di partenza non può essere una qualsiasi professione di fede. Il contributo che io posso dare al problema religioso lo devo esclusivamente all’esperienza pratica che ho fatto tanto sui pazienti, quanto sui cosiddetti individui normali.”

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Gian Marco Gregori

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