La crescente disaffezione per le frequentazioni termali, sia terapeutiche sia turistiche, è evidente, grave e irreversibile se le caratteristiche dell’offerta non saranno profondamente rinnovate adeguandole alla domanda potenziale che mantiene ancora una notevole consistenza e le cui caratteristiche sono ampiamente note a chi abbia una seria consuetudine con un marketing sanitario basato su indagini corrette, approfondite, frequenti e disincantate. Addolcire le pillole nel marketing è inutile.
Questa grave crisi non fa eccezioni. Tutte le stazioni termali di eccellenza
(Salsomaggiore, Abano, Montecatini, Chianciano, Fiuggi, Ischia e Sciacca) soffrono della medesima crisi, indipendentemente dalle caratteristiche delle loro acque e dalla maggiore o minore efficienza delle loro strutture di servizi. Il calo sensibile delle presenze e dei budget individuali (non contano i pernottamenti ma i ricavi), riguarda in particolare quelle stazioni tradizionalmente predilette dagli stranieri ed in special modo dai tedeschi i quali, dopo mezzo secolo di interesse quasi esclusivo per l’Italia termale, si trovano oggi di fronte ad un’offerta alternativa particolarmente interessante, sia in assoluto, sia in rapporto alla crisi economica che stanno vivendo come tutti i cittadini dei paesi europei un tempo considerati “ricchi”.
Questa crisi economica che ha determinato anche la riduzione dei sussidi sanitari e le scelte individuali orientate ad un rigoroso controllo delle spese non indispensabili, ha giocato a favore di località termali mitteleuropee e in particolare nell’ambito della tradizione asburgica (Ungheria e Slovenia), il cui rapporto costi-qualità è sensibilmente più favorevole di quello praticato in Italia.
Per tracciare un quadro di riferimento utile per le successive analisi possiamo sintetizzare le caratteristiche della crisi termale in questi termini:
1 – Progressivo invecchiamento delle presenze.
-L’immagine obsoleta del termalismo italiano determina nei giovani un netto rifiuto pregiudiziale per le cure termali mentre emerge un interesse crescente per le cure naturali più o meno efficaci ma “alternative”.
– La vecchiezza e la staticità dell’offerta, che mantiene la struttura e i contenuti degli anni 50, non tiene conto che il fenomeno abnorme delle cure pagate dallo stato è finito da decenni e che la tradizione di passare le acque almeno una volta l’anno, è ormai appannaggio solo degli ultra ottantenni.
– L’inadeguatezza delle strutture sia termali sia ricettive, che non hanno sviluppato un programma di evoluzione e aggiornamento mantenendo una sostanziale separazione tra loro, è aggravata dall’attesa passiva da parte degli albergatori e dei commercianti nei confronti dei benefici derivanti dalla capacità di attrazione delle terme. Sebbene questa si sia fortemente indebolita, non riescono a superare l’abitudine a considerare legittimo il
diritto ad una rendita di posizione priva di contropartite.
– L’immagine poco appetibile che si desume dalla scarsa, scoordinata e inadeguata comunicazione, affidata (raramente) alle pubblicazioni periodiche e alla rete, ha effetti particolarmente negativi per i nuovi possibili clienti. I diversi palinsesti che si riescono ad individuare navigando su internet presentano immagini vecchie e sfuocate, testi approssimativi e riferimenti culturali il cui aggiornamento, se pur c’è mai stato, risale a 30 anni fa. Abbiamo addirittura trovato un nostro testo pubblicato negli anni ‘80 per conto di Chianciano…
– L’informazione sulle acque e sulle cure non presenta motivi di attrazione efficaci perché è formulata in modo banale, con la pretesa di offrire orientamenti terapeutici semplicemente elencando le patologie interessate. Oggi l’informazione sanitaria, grazie ai diversi strumenti informativi dalla stampa periodica alla televisione, ha fatto sensibili progressi e fornisce con sorprendente rapidità, esattezza e abbondanza, sia ai lettori che ai telespettatori, informazioni scientifiche e strumenti critici che inevitabilmente portano a far valutare severamente le proposte termali inconsistenti. In particolare l’informazione termale non è riuscita a superare, neppure in parte, il durissimo ostacolo rappresentato dall’atteggiamento profondamente negativo dei medici di medicina generale (medici di famiglia), la cui ferma vocazione allopatica, dovuta anche a motivi inconfessabili, fa sì che le cure termali non siano quasi mai prescritte.
2 – Una struttura produttiva senza imprenditori.
– In tutte le stazioni l’imprenditorialità locale è stata “assistita” sviluppandosi quindi in modo distorto. Il sistema ricettivo termale italiano è, infatti, sorto senza alcun contributo da parte degli operatori allo sviluppo delle terme e solo grazie a consistenti sussidi finanziari e ad attività promozionali a totale carico dello stato e degli enti locali. Questa cattiva abitudine all’assistenza e il corrispondente rifiuto di riversare benefici sul territorio (salvo un’occupazione lavorativa, in generale mal pagata e stagionale), hanno ingenerato una cultura egoistica che rifiuta qualsiasi forma di rischio e quindi risulta scarsamente imprenditoriale. È derivata da questo gap culturale l’incapacità di intravedere neppure a gradi linee quali erano gli elementi degenerativi che stavano da tempo insidiando quel “termalismo immobile” che aveva portato agli albergatori grandi benefici per decenni, ma che stava ormai esaurendo la propria spinta produttiva. “Correre ai ripari? Non ce n’è bisogno: interverrà come sempre Pantalone”.
– Lo sviluppo scientifico termale è considerato inutile da parte degli imprenditori perché le acque, da millenni sono benefiche e non si vede quindi come si possa o si debba migliorare qualcosa. L’impreparazione persino sui dati scientifici elementari relativi all’idrologia termale, rende gli imprenditori locali di tutti i settori, “assenti” e insensibili nei confronti di un patrimonio tutt’altro che solido, e refrattari a qualsiasi impegno per la sua difesa e la sua indispensabile più approfondita conoscenza. E´evidente la gravità della carenza relativa alla scarsa conoscenza della medicina termale da parte degli albergatori anche solo per ciò che concerne la capacità di favorire un’ottimizzazione della fruizione degli stabilimenti termali da parte dei loro ospiti. Nessuna stazione termale italiana ha mai pensato ad un corso di medicina termale essenziale destinato agli albergatori!
3 – Le condizioni ambientali e urbanistiche degenerate.
– L’impoverimento progressivo dell’ambiente termale dovuto alle sconsiderate deformazioni del contesto a scopi speculativi, ha anche portato alla decadenza del livello di ospitalità generale, riducendo progressivamente gli spazi disponibili per la frequentazione urbana degli ospiti che oggi si trovano di fronte a situazioni conflittuali che si configurano come vere e proprie vessazioni da parte della pubblica amministrazione. Sembra quasi che frequentare Chianciano, Abano o Montecatini debba essere considerata una colpa. Oltre a queste difficoltà e limitazioni, è sufficiente guardare qualche vecchia cartolina di stazioni termali per constatare un generale “intristimento” delle cittadine, dovuto spesso al “mucchio selvaggio di edifici” cha fanno da tampone tra le Terme e l’antico borgo storico.
– L’ospitalità che caratterizza i soli alberghi, dove mantiene una grande dignità dovuta alla preziosa tradizionale gestione “materna” dei rapporti con i clienti, non si manifesta in modo particolare nel contesto generale. La fidelizzazione che per decenni ha fatto la fortuna delle stazioni termali è stata sempre e comunque un fatto privato, mentre l’attività delle pubbliche amministrazioni si è progressivamente allontanata dall’impegno
che dovrebbe essere considerato istituzionale di valorizzare con politiche adeguate il carattere “ospitale” della città.
4 – I costi non competitivi del soggiorno termale.
– Le caratteristiche e i costi effettivi del soggiorno termale, sebbene tendano ad un ridimensionamento, non sono rapportabili ai risultati sanitari prevedibili e neppure ai servizi effettivamente erogati. Paradossalmente, sebbene la situazione generale delle prestazioni non sia certo soddisfacente considerando i livelli europei, quella che si percepisce attraverso la comunicazione è persino inferiore. In particolare non viene evidenziata e valorizzata una delle caratteristiche che contraddistinguono comunque il termalismo italiano e toscano in particolare e cioè lo straordinario contesto ambientale. Lo scenario ad esempio del territorio di Chianciano, famoso ormai in tutto il mondo (ad opera del best seller mondiale “Sotto il sole della Toscana”), offre opportunità che consentono esperienze di vita inimitabili: dall’archeologia etrusca (Chiusi) alla contemplazione artistica (San Biagio, Pienza), dall’enogastronomia (Montepulciano, Montalcino) alle diverse forme di ospitalità nel territorio e interne agli alberghi. La loro ”italianità” in un certo senso facilita in modo inimitabile l’inserimento degli ospiti nell’ambiente con un primo immediato effetto benefico e psicologicamente disintossicante. Le terre di Montecatini, o i colli Euganei e la Ciociaria non sono da meno.
5 – il turismo “di passaggio” e l’esempio di Chianciano.
– Un ulteriore elemento degenerativo dell’immagine termale è dovuto all’inquinamento da parte degli operatori turistici che utilizzano le strutture di Chianciano per servizi estranei alle cure termali. La forte competitività dei “poveri” costi di Chianciano rispetto, ad esempio, alla ricettività umbra e le dimensioni quantitative della disponibilità di camere, favoriscono la sistemazione nella località termale di turisti le cui mete sono la Val d’Orcia, le città d’arte dell’Umbria e la stessa Assisi, destinazione di enorme rilievo religioso dotata di scarsa ricettività. Come per Montecatini e Fiuggi, anche Chianciano si vede quindi costretta ad integrare il fatturato alberghiero “termale” con quello più semplicemente turistico. Le conseguenze sono un progressivo calo concorrenziale delle quotazioni che, da quanto si legge nei siti internet, ha raggiunto livelli scarsamente remunerativi anche per le gestioni più spartane (B&B 22 Euro!!). Oltre ad una grave deformazione dell’offerta termale questa crescente condizione di “dormitorio”, ha portato ad un deprezzamento dei valori immobiliari, che in alcune importanti località termali ha ormai raggiunto un abbattimento del 50% rispetto ai livelli di solo dieci anni or sono.
Ma uno degli aspetti più gravi che interessano la decadenza del termalismo è rappresentata dalla mancanza di una certificazione delle strutture terapeutiche termali. Questa carenza “svuota” di fatto l’offerta termale rispetto alle garanzie scientifiche dovute al paziente, confermando ulteriormente la genericità dei contenuti delle terapie. In effetti, le diverse fonti termali sono certificate solo rispetto alla composizione delle acque che erogano. Quanto alla loro destinazione d’uso nelle varie affezioni ci si limita a una sperimentazione generica tendente ad escludere eventuali danni, senza specificarne l’efficacia: non ne determina infatti le modalità terapeutiche escludendo così di fornire qualsiasi garanzia ufficiale nei confronti dell’efficacia delle terapie termali. L’acqua, ad esempio, non fa male all’epatosofferente, …ma chissà se lo cura?
A parte il fatto che le sperimentazioni cliniche biennali e triennali basate sul prelievo stagionale delle acque e su test specifici, trovano enormi difficoltà nei codici etici e nella legge sulla privacy, l’autorizzazione all’uso terapeutico delle acque che fa seguito alla concessione mineraria, non è altro che un’assicurazione di “non nocività” dell’acqua in particolari applicazioni.
Da questo alla certificazione dei sistemi applicativi e dei servizi degli stabilimenti termali, ce ne corre. Alcuni anni or sono la Società delle Terme di Montecatini, sotto la direzione sanitaria del prof. Alberto Scalabrino, iniziò l’iter per la certificazione di uno stabilimento, ma le successive paradossali e dannosissime vicende della privatizzazione, bloccarono la procedura avviata che comunque sarebbe stata lunga, laboriosa e dagli esiti incerti, perché la medicina termale, considerata una “ars sanitaria minor”, finisce inevitabilmente per cozzare contro quella “ufficiale” e con gli ottusi (o interessati) burocrati statali.
Queste carenze che le gestioni pubbliche e l’EAGAT si rifiutarono di affrontare in modo risolutivo, anche perché il termalismo sovvenzionato non ne aveva, in effetti, bisogno, hanno mantenuto il sistema termale italiano nella sostanziale mancanza di effettiva scientificità che, con il progredire delle richieste di garanzie terapeutiche, finisce per collocare le cure termali nell’ambito dei “palliativi leggeri”, dei “coadiuvanti indefiniti” e dei trattamenti fideistici: ne più né meno di quando le acque erano considerate un beneficio sacrale e cioè più o meno quattro millenni or sono.
Ma la cosa più grave è che la mancanza di una certificazione effettiva delle cure fa decadere la possibilità, legittimata a nostro avviso dalle qualità “effettive” delle acque termali, di equipararle a farmaci come vorrebbero le recenti riforme sanitarie, la legge di riordino del sistema termale e la medicina termale europea più accreditata.
Mancanza di certificazione non significa tuttavia mancanza di efficacia: le carenze scientifiche risultano quindi ancora più frustranti, se si considera l’importante funzione del termalismo nella prevenzione e nella farmaco-economia.
La crisi termale è irreversibile? Crediamo di sì finché il termalismo mancherà di un’efficace azione di marketing sanitario.