Le nozioni di cui do relazione nelle pagine seguenti sono state raccolte con un interesse particolare, in modo forse meno accademico ma sicuramente di “brillante attualità, aggiornamento e di aiuto” per tutti quei neo genitori che danno prova del loro amore e del loro coraggio verso uno dei momenti più belli e più critici della loro vita: la nascita di una/o figlia/o.
L’articolo funge da pronto soccorso quando l’ovvio non è più dato per scontato e nuovi problemi si pongono. Se consideriamo che il periodo che coincide con la nascita del primo figlio costituisce una fase cruciale nella vita dell’adulto che induce modifiche sia a livello di identità personale, sia a livello di rete di relazioni in cui l’individuo è inserito. A tal proposito possiamo dunque focalizzare maggiori attenzioni principalmente su quattro categorie di problemi presenti nei neo genitori:
1. impegno fisico associato alle cure parentali. Molto spesso i genitori vivono un periodo di stress causato dalla mancanza di sonno e dall’ impegno continuo;
2. nervosismo nella relazione coniugale, con riduzione del tempo trascorso insieme, modificazioni nel rapporto sessuale e sospetto che il figlio sia più importante per il partner;
3. stress emotivo, legato alla sensazione della recente responsabilità ed ai dubbi circa la specifica preparazione di genitore;
4. costi economici e limitazioni sul piano relazionale e sociale.
I risultati di queste ricerche tuttavia non sono concordi nell’evidenziare conseguenze negative della nascita del primo figlio, in quanto da alcuni studi emerge come questa sia un’esperienza che favorisce un aumento di amore e intimità della coppia e l’arricchimento personale dei genitori.
Se questi lavori di ricerca pervengano a risultati non univoci (in particolar modo in relazione alla valutazione dello stress che il periodo particolare comporta) hanno concordato a stabilire che gli individui e le coppie reagiscono in modi alquanto differenti a questa mutazione, che per alcune coppie è solo relativamente stressante, mentre per altre è particolarmente difficile. Manifestazioni di grande disagio del neonato, come quelle di disturbo psicosomatico della sfera digestiva, possono interferire sulle iniziali tappe di acquisizioni di competenze sia del neonato che dei genitori.
Le problematiche che l’area psicosomatica pone sono varie: innanzi tutto in questi anni lo sviluppo delle scienze neurobiologiche ha posto molto l’accento sui livelli di integrazione tra psiche e soma; potremmo dire, in questa ottica, che l’area psicosomatica si è molto ampliata tanto da riconoscere, ipotizzare e cercare in ogni disagio psichico il suo corrispettivo organico. Quindi la parola psicosomatica riunisce in sè, parallelamente, due aspetti, quello dell’immagine del corpo e quello della mente. La questione dunque va ad intrecciarsi con la denominazione corpo-mente. Corpo e mente sono dunque valutati sotto l’aspetto di un continuum funzionale, il cui elemento basilare è costituito da quel processo di differenziazione della funzione mentale sopra citato, pertanto è importante mettere in risalto come la direzione di tale evento vada dal corpo alla mente.
In particolar modo parlare di psicosomatica nel bambino ci colloca fra due posizioni alquanto rilevanti: da un versante quello di allargare smisuratamente la definizione di malattia psicosomatica; dall’altro la possibilità di incorrere nel rischio di mettere in atto generalizzazioni con gli studi psicosomatici degli adulti, omettendo il carattere particolare delle manifestazioni del bambino.
In età evolutiva, nell’orizzonte psicoanalitico, Winnicott ha percorso la strada mente-corpo in due direzioni, il suo pensiero si è volto a cogliere sia l’effetto delle cure corporee adeguate in termini di integrazione del sè (nella direzione dal corpo alla mente), sia il senso della somatizzazione (nella direzione dalla mente al corpo). Winnicott pone un forte problema legato all’espressione psicosomatica: il bambino più è piccolo più è un’unità psicosomatica: il neonato è l’essere psicosomatico per eccellenza .
Turbe funzionali del lattante: la Colica idiomatica del I trimestre
La colica idiomatica del I trimestre è caratterizzata dal manifestarsi di crisi di pianto incontrollabili durante le quali il neonato è difficilmente consolabile. Popolari da molto tempo dai pediatri e, affrontate fino a poco tempo fa in modo alquanto superficiale, e a volte nientemeno descritte semplicemente dal proprio medico curante come:
– “un periodo che passerà da solo entro i primi tre mesi di vita del bambino”.
In realtà sono rivelazioni di grande disagio del neonato e dell’intero nucleo familiare. Generalmente queste crisi di pianto si manifestano durante le ore serali, dopo pochi minuti dal pasto, per poi terminare nel momento in cui la madre nutre nuovamente il neonato, e, ricomparire un’altra volta subito dopo. La crisi comincia con forti pianti e un’agitazione fortissima, dimostrando una sofferenza digestiva. Tale situazione può durare per delle ore ed in genere è molto difficile da calmare, ma soprattutto, la condizione tende a riproporsi ogni sera e può interferire sul ritmo del sonno. Il neonato si rilassa e si addormenta in braccio all’adulto dopo che è stato a lungo cullato o calmato con dondolamenti da prono. Comunemente vengono attribuite a meteorismo intestinale e vengono utilizzati farmaci per la riduzione del meteorismo o il sondino rettale per la fuoriuscita di aria, ma entrambi, risultano essere spesso solo rimedi momentanei. Maggiormente verso il secondo mese di vita tendono a diminuire fino alla completa scomparsa. Spesso questi neonati sono primogeniti, frequentemente di basso peso, dotati di un buon tono motorio e principalmente hanno la tendenza a succhiare con una certa voracità. La frequenza è stimata tra il 10 e il 40 % secondo i ricercatori (Stagnara, 1997).
Le madri sono state descritte fin dai primi studi, con un ansia predittiva, e questo tratto, sembra essere confermato anche negli studi recenti. A tal riguardo Spitz nel 1953 aveva già descritto le coliche del neonato come un quadro legato alla tensione che lo circonda , illustrando le madri come poco pazienti ai segnali di disagio e di crisi del proprio figlio, e molto sollecite, a colmare e addolcire subito il neonato attraverso l’allattamento. Queste madri ansiose e molto tese dimostrano un’eccessiva preoccupazione verso il loro bambino, tanto da interpretare il pianto “disperato” del neonato sia come un segno di inidoneità genitoriale, sia come una conferma dell’incapacità di tranquillizzarlo. Molte volte mi è capitato di assistere scene dove sia la madre che lo stesso neonato durante queste crisi piangevano entrambi ed a mio avviso in tali situazioni, questa interazione contrassegnata dall’ansia della madre verso il neonato, comporta anche il mancato rispetto dei ritmi propri del bambino. Concludendo si è osservato come sistematicamente le coliche si attenuano o addirittura scompaiono quando il bambino è accudito da un altro familiare come il padre o il/la nonno/a questo perchè nell’evoluzione del quotidiano del lattante vediamo come questo quadro sparisce nel momento in cui il neonato matura mezzi più mentalizzati di manifestazione dell’agitazione. D’altra parte la stessa madre, all’interno del proprio cammino materno, acquisisce maggiore comprensione del figlio. Tale processo consente un migliore adattamento reciproco. A tal proposito potremmo ipotizzare, pertanto, che si considera questa sindrome come una risposta elettiva all’ansia materna se non una sindrome intesa come disturbo della “regolazione relazionale”.
Come già precedentemente accennato nella prefazione, l’approccio terapeutico della patologia psicosomatica in età evolutiva si contraddistingue per la sua singolarità di integrare contemporaneamente i due versanti quello somatico e quello psichico-relazionale, con una presa in carico unitaria e multiprofessionale. L’intervento sarà rivolto alla diade madre-figlio o genitori-figlio. Opportuno ricordare come interventi relazionali nella fascia precoce, esigono training e setting particolari per cui tali interventi conseguono spesso portare tempi relativamente rapidi, a positive modificazioni sintomatiche, specialmente se il terreno di base presenta buone risorse evolutive (Martinetti, Stefanini, 1998).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
G.Trombini, F.Baldoni, 1999, Psicosomatica, Bologna, Il Mulino
L. Solano, 2001, Tra mente e corpo, Milano, Raffaello Cortina
L. Plozza, W. Pöldinger, 1973, Il malato psicosomatico:teoria e terapia, Bologna, Cappelli
M.G. Martinetti, M.C. Stefanini, 2005, Approccio Evolutivo alla Neuropsichiatria dell’Infanzia e Dell’Adolescenza, Firenze, SEID Editori
J. Cremerius, 1981, Psicosomatica clinica, Roma, Borla
E. Gaddini, Note sul problema mente-corpo (1980); Fantasie difensive precoci e processo psicoanalitico (1981); In ” Scritti: 1953-1981″, a cura di R. Gaddini et al. , 1989, Milano, Raffaello Cortina