L’interiorismo cateriniano sembra attingere dalla scuola, agostiniana e bernardiana, questa idea del conoscimento proprio per eleggerla come base della vita spirituale e del suo sviluppo. Per molti autori essa può essere considerata come una base di vita spirituale, per S. Caterina è la base dell’edificio spirituale che si consuma nell’amore. Basta scorrere la sua opera per convincersi di questo, tante sono le volte che la Santa ritorna a raccomandare e ad esaltare la conoscenza di sé e di Dio come mezzo indispensabile per giungere all’amore. Nella senese questo motivo così diffuso nell’ascetica medievale riceve dunque un carattere di necessità e di centralità del tutto nuovo ed originale.
L’idea di conoscimento proprio viene qui presa in considerazione in rapporto all’orazione come ambiente della stessa, luogo spirituale che la rende possibile e la fa nascere e crescere. E’ quanto si trova nei testi fondamentali della dottrina sull’orazione che esamineremo attentamente a partire dal Proemio del Dialogo che presenta immediatamente un piccolo trattatelo su di essa.
Per Caterina comunque, anche l’ambiente materiale e le condizioni esterne non sono indifferenti al cammino orante e ciò a dall’insistenza con cui richiama tutti, laici e soprattutto religiosi, a restare ben chiusi nella cella vera e propria cioè quella materiale onde evitare la dispersione della mente. E così ritroviamo spesso in lei il vecchio adagio di Antonio il Grande che colui che vive fuori dalla cella è come un pesce fuor d’acqua e quello pure tradizionale che la cella deve essere come il cielo del contemplativo. La fedeltà assoluta alla cella favorisce e stimola l’orazione intesa come comunione personale con la persona umano-divina del Cristo, permette lo studio, il lavoro, e impedisce quelle distrazioni e conversazioni ritenute pericolosissime e causa di tanti fallimenti. Nelle varie descrizioni di Caterina questo luogo è veramente paradisiaco in quanto avvengono le cose più belle e intime tra Dio e l’anima.
Per contro anche la cella può essere pericolosa quando favorisce l’ozio, l’incomunicabilità, la vanità, la vita privata ed è evidente chiusura ai bisogni del prossimo . Se per fuggire i nemici della vita spirituale occorre rifugiarsi –serrarsi – e restare nella cella materiale, è altrettanto importante occupare sapientemente il tempo e servirsi dei mezzi a disposizione per non cadere nell’apatia, e nelle altre tentazioni ad essa collegate. La solitudine infatti per Caterina, è condizione dell’orazione più ardente e quindi della costruzione dell’uomo nuovo virtuoso. Ma in Caterina è vero anche il contrario poiché la fuoriuscita dalla cella interiore può causare quella dalla cella esteriore e ciò a significare che la cella interiore deve sussistere anche senza l’altra per accompagnare l’apostolo in ogni luogo, tempo e attività ed essere la vera sorgente della vitalità dell’anima. Nell’affrontare il tema cateriniano della cella si scoprirà ben presto che la santa passa in continuazione da quella materiale (che chiama attuale) a quella spirituale insistendo sulla necessità di ambedue e mostrandone la opportuna relazione. Anche se l’insistenza sulla cella materiale si ritrova negli scritti rivolti ai contemplativi non di rado esortazioni analoghe sono presenti nelle lettere ai laici e ai sacerdoti diocesani. Ma la mirata e fine pedagogia cateriniana preferirà, in questo caso, insistere sul valore della cella interiore e sul suo carattere permanente al di là dei luoghi, dei tempi e delle occupazioni. E’ uno dei temi di straordinaria attualità che trova interessanti sviluppi nello studio dei modi concreti in cui si deve esprimere la preghiera. Anche in questo caso la “laica” Caterina, fedele alla sua dottrina dell’interiorità, saprà indicare una via all’orazione percorribile da tutti.
Ma questo luogo che poi è spesso denominato cella del conoscimento di sé, è, per il Dottore della Chiesa Caterina, innanzitutto ed essenzialmente un’operazione che si deve compiere su sé stessi in una specie di autoanalisi, studio, ricerca, esame di coscienza, introspezione alla ricerca del significato più profondo di quello che si è alla luce della storia della salvezza. Si vedrà come questo cammino all’interno di sé stessi non rappresenta in alcun modo una fuga dal mondo, nel senso di un’abdicazione alle proprie responsabilità o fuga egoistica dai drammi sociali, ma è invece la condizione sine qua non per potersi presentare con un’identità ben definita nel confronto con il mondo. Non bisogna mai dimenticare che la grande contemplativa Caterina è stata una – e forse l’unica – donna veramente attiva, a largo raggio e ai massimi livelli, compreso quello civile ed ecclesiale, nel suo secolo.