Durante il primo periodo, infanzia-fanciullezza, il bambino cresce vicino ai propri genitori, ne fa i propri modelli, vive in armonia con loro, con le loro idee, i loro suggerimenti, senza metterli in discussione. Tutto ciò cambia dopo i 12 anni, quando le idee del ragazzo iniziano a divergere da quelle dei genitori e solo dopo una piena realizzazione di tale divergenza può ritornare la sintonia. Questa divergenza consiste nel desiderio di autonomia dai genitori, di indipendenza, dimostrata dallo sviluppo di una personalità propria con idee e gusti personali; si tratta di una manifestazione che dovrebbe rendere felici i genitori in quanto rappresenta un segno positivo di crescita.
Tutt’altra cosa è la devianza, che consiste in un allentamento marcato del figlio che si contrappone radicalmente ai genitori rifiutandone i valori che essi rappresentano. I mezzi per evitare questo passaggio stanno nella comprensione dell’utilizzo della metafora della partita di calcio: una squadra che abbia fatto alcuni gol nel primo tempo, affronterà meglio il secondo e anche le eventuali novità negative, come l’infortunio del miglior giocatore. È fondamentale che il genitori ricordi che egli gioca la partita non contro il figlio ma contro il pericolo di fallire nel proprio compito genitoriale.
In ogni partita che si dica tale, per risultare vincitori, è necessario segnare dei punti.
La partita di cui noi stiamo parlando si gioca puntando a quattro importanti e diversi tipi di punti: il primo è farsi voler bene; entrambe i genitori devono riuscire in questo ambito, riuscendo ad essere figure con una valenza positiva e stabile, percepite dal figlio come parte del suo “io psicologico”. I confini dell’io psicologico si espandono anche grazie a rapporti affettivi positivi con altre persone o con certe attività verso cui si prova un interesse stabile. Al contrario, tutto ciò che è oggetto di un rapporto affettivo negativo, limita l’io psicologico e alcuni rapporti possono essere ambivalenti. L’importanza dell’espansione dell’io psicologico non risulta essere subito evidente, ma se ne capisce certo l’importanza quando nel processo di crescita il ragazzo incontra difficoltà affettive, momenti critici, decisioni da prendere… Il bambino stabilisce rapporti affettivi positivi con coloro che lo aiutano a crescere, che gli danno informazioni, stimoli, aiuti e possibilità di compiere esperienze capaci di soddisfare i suoi bisogni di crescita, con coloro che sanno valorizzare il lato positivo delle sue prestazioni e della sua personalità, con coloro che sanno aiutarlo a conoscersi meglio.
Ottenere questo punto significa far sì che i contrasti e le polemiche tipiche dell’adolescenza più facilmente resteranno tempeste superficiali su di una base solida fatta di rapporti positivi e profondi, il che garantirà un ritorno all’armonia e la permanenza del sentimento di appartenenza reciproca che allontaneranno il rischio di un passaggio da divergenza a devianza.
Il secondo punto è promuovere l’autonomia, ovvero favorire lo sviluppo graduale della capacità di affrontare e risolvere da solo alcuni problemi, quelli adeguati allo sviluppo del soggetto stesso, potendo comunque contare sull’aiuto di qualcuno; promuovere l’autonomia significa anche insegnare a reagire bene agli insuccessi senza rinunciare subito, riflettendo sulle ragioni dell’insuccesso e sviluppare la capacità di analisi utile e necessaria.
Riuscire ad ottenere questo secondo punto significa permettere al ragazzo di fronteggiare meglio i problemi personali e interpersonali tipici dell’adolescenza senza subire la pressione al conformismo, all’accettazione acritica di decisioni prese dal gruppo.
Il terzo punto da segnare consiste nel promuovere interessi e atteggiamenti positivi come la fiducia in se stessi, o la ricerca continua di ampliare il proprio io psicologico, oppure la disponibilità a mettersi in discussione, la curiosità, la flessibilità, il rispetto, l’ascolto dell’altro, l’obiettività, l’empatia. Il modo migliore per sviluppare nei figli certi atteggiamenti è quello di viverli in prima persona, secondo il principio secondo cui “noi educhiamo i nostri figli già per ciò che diciamo, ma ancor più per ciò che siamo e per come ci comportiamo”.
La ricchezza di interessi risulta fondamentale in adolescenza per non lasciare spazio al senso di vuoto, alla noia che sono condizioni favorevoli alla devianza, alla delinquenza, alla tossicodipendenza.
Il quarto punto è lo stabilire un buon rapporto con la scuola e con gli insegnanti per promuovere una conoscenza reciproca tra genitori e insegnanti utile e proficua per i fini educativi che la scuola si propone e per creare una partecipazione globale e costante che possa comunicare al bambino la sensazione di continuità e comunanza di interesse nei suoi confronti.
Questi quattro punti segnati dai genitori doteranno il figlio dello strumento di difesa più importante, la voce interna che la psicoanalisi chiama “super-io”, ossia la voce della coscienza. In larga misura essa deriva da quella che era prima la voce dei genitori, una voce interiorizzato se si è vissuto un rapporto buono con essi.