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Azienda e Organizzazione

Incompetenza: il Principio di Peter

In una gerarchia ogni lavoratore tende a salire sino al proprio livello di incompetenza e con il tempo ogni posto tende ad essere occupato da un lavoratore incompetente a svolgere le proprie funzioni. La promozione intesa come premio è un errore se non mette la persona giusta al posto giusto e anche per il dipendente, assumere un ruolo per il quale si renderà conto, prima o poi, di non avere le competenze può essere molto frustrante.
Il Principio di Peter è stato studiato dallo psicologo canadese Laurence Peter che, assieme a Raymond Hull, ha descritto in chiave satirica il meccanismo della “gerarcologia” aziendale.
Un individuo inserito in una scala gerarchica inizia la sua attività lavorativa in una determinata posizione, svolgendo compiti precisi, e se dimostra buone capacità in questa posizione, dopo un certo periodo di tempo, viene promosso ad un livello superiore. Anche in questa nuova posizione, se dimostra capacità e competenza, verrà poi promosso ad una posizione superiore.
La carriera dell’individuo continuerà in questo modo, di promozione in promozione, fino al momento in cui egli occuperà una posizione nella quale dimostrerà incompetenza e scarse capacità e da quel momento in avanti non avrà più promozioni.
In breve: le persone competenti in una posizione, al momento debito, vengono promosse al livello superiore dove possono essere competenti, e quindi essere ancora promosse, o rivelarsi incompetenti, fermando qui la loro carriera.
Ecco realizzato il Principio di Peter che dice: “In una gerarchia ogni lavoratore tende a salire sino al proprio livello di incompetenza“.
Da questo principio discende che ogni posto chiave tende nel tempo ad essere occupato da un incompetente, un soggetto cioè in grado di creare più problemi di quanti ne possa risolvere.
Da qui il corollario di Peter: “Col tempo, ogni posto tende ad essere occupato da un lavoratore incompetente a svolgere le proprie funzioni“.
Ad aggravare la situazione vi è il fatto che, nella maggior parte dei casi, l'”incompetente”, non venendo più promosso a livelli superiori proprio per le sue scarse capacità, occuperà quella posizione, per la quale è appunto incompetente, a vita, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare.
La promozione finale rappresenta pertanto il passaggio da un livello di competenza ad uno di incompetenza.
Spesso le promozioni scaturiscono dalle abilità che un dipendente dimostra prima di avere quell’incarico (nella posizione sottostante) e non si concentrano sulle capacità che servono invece per svolgere bene i compiti previsti da un determinato ruolo professionale.
Promuovere un bravo venditore a capo dei venditori o un bravo primario a Direttore Sanitario o un bravo operaio a capofficina, da un lato premia il soggetto che in una certa posizione ha fatto un buon lavoro ma non è detto che a livello aziendale sia una mossa azzeccata.
Promuovere ad una posizione superiore dei dipendenti perché hanno svolto un buon lavoro nella posizione precedente è un grave errore se non si valutano bene le caratteristiche necessarie a ricoprire un determinato ruolo e se la persona da promuovere le possegga.
Tale valutazione non è sempre facile perché nella posizione gerarchica inferiore certe caratteristiche necessarie al livello superiore non sempre sono gradite e valutate positivamente.
Per essere un buon capo occorrono, fra le altre cose, capacità organizzative e attitudine al comando, doti che ai livelli inferiori non solo non sono richieste ma spesso sono mal viste, preferendo promuovere un buon gregario, solitamente bravo ad obbedire, che una persona con l’attitudine al comando, caratteristica che nei lavoratori che non si trovano in posizioni apicali è vista spesso come insubordinazione.
I buoni gregari però difficilmente diventano buoni capi in quanto dall’essere bravo ad obbedire non consegue necessariamente l’essere bravo a comandare e pertanto un buon gregario può ottenere diverse promozioni ma non diventerà mai un buon capo.
Ecco perché prima di un avanzamento di carriera bisogna fare un’analisi approfondita e non offrire un posto allo scopo di gratificare chi ha svolto il suo lavoro in modo esemplare.
La promozione intesa come premio è un errore se non mette la persona giusta al posto giusto e anche per il dipendente, assumere un ruolo per il quale si renderà conto, prima o poi, di non avere le competenze può essere molto frustrante.
Può essere utile, a mio parere, prevedere per i dipendenti migliori, oltre alla possibilità di una promozione (ma solo se la persona abbia i requisiti per occupare la posizione superiore!), incentivi economici e fringe benefits che premino giustamente, anche ai livelli più bassi, chi ottiene buoni risultati ma che non portino ad improbabili e disastrose scalate gerarchiche da parte di chi non ha le caratteristiche adatte a certe posizioni di comando.
1) Peter Laurence J – Hull Raymond, Il principio di Peter, Calypso, 2008.

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Simonetta Bettini