La cultura della S.P.A., la “salus per aquas”, ha radici profonde in larga parte dell´Europa e si ricollega al costume romano della pratica termale, considerata più come elemento della vita sociale ed esperienza edonistica che come mezzo curativo.
Le terme però da allora sono cambiate e soprattutto lo hanno fatto negli ultimi anni. Già nel 1988 il professor Emilio Becheri, nella terza edizione del “Rapporto sul turismo italiano” e più esaustivamente l’anno successivo a Budapest, presentò, in mezzo alle polemiche “Dal turismo termale al turismo della salute”. Si parlava, come adesso appare più che logico, dell’integrazione fra terme e benessere e della concezione di benessere termale come valore aggiunto. In quegli anni la situazione era difficile e si stava assistendo in particolare alla perdita di credibilità che il comparto assumeva verso il Servizio Sanitario Nazionale. Fra terme ex Eagat, ferie camuffate, restrizioni legislative, la realtà italiana era, ancora nel 1995 come ne parla il Sole 24ore dell’epoca, diciamo assai particolare: la gestione
dell’attività termale era completamente fuori dal mercato, si trattava di istituzioni che si aggiungevano e talvolta si contrapponevano ad altre e come tali non soggette alle regole del mercato. L’appartenenza e la identificazione con il Servizio Sanitario Nazionale portavano ad escludere qualsiasi forma di marketing, anche perché proprio dal SSN era proibita qualsiasi forma di pubblicità; allo stesso modo la gran parte delle entrate era determinata dai contributi dello stesso SSN.
Il che ha determinato un paradosso: di fatto il benessere stava diventando un vero e proprio “mercato della salute”, qui da noi tale comparto, che aveva nelle terme il proprio contesto naturale, si è sviluppato in modo del tutto autonomo fuori dal contesto termale, soprattutto al di fuori delle terme storiche e importanti, con gli health center e le beauty farm che trovavano terreno fertile presso alcune terme minori, alcune delle quali allora marginali.
Ormai il concetto di fitness e di wellness ha in parte superato quello di cura tout court: non più il rigido rituale albergo-terme ma un turismo della salute in senso più ampio che deve le sue motivazioni alla voglia di restare giovani ed efficienti, abbattere lo stress, mantenersi attivi e felici, curare il proprio corpo anche esteticamente.
Con la crescita delle cure cosiddette collaterali (bagni, fanghi, inalazioni, irrigazioni e riabilitazioni) ci si è resi conto che negli stabilimenti si può andare per i motivi più diversi e il pubblico stesso è cambiato: più giovani e più famiglie che hanno fatto superare nell´immaginario collettivo quell´idea del termalismo collegata a file di anziani con bicchieroni in mano che girano per i viali degli stabilimenti.
Sono nati poi i primi itinerari turistici abbinati alla permanenza nelle località termali: percorsi nel verde, artistici, ma anche enogastronomici perché finalmente si è arrivati a comprendere che la salute non è composta soltanto di rinunce. Il wellness, al contrario, attenendo alla persona nel suo complesso, è raggiungibile attraverso una visita in un´abbazia o assaggiando i genuini prodotti locali che, in un paese come il nostro, ricco di una variegata e ben definita caratterizzazione paesaggistica, culturale, enologica e gastronomica, non mancano di certo.
Un secondo paradosso è il fatto che gli stabilimenti termali sono inseriti in un contesto ambientale che si caratterizza, grazie anche alle grandi modifiche realizzate nel corso degli ultimi venti anni, per la presenza di molte tipologie di ricettività e di altri turismi.
La principale e più sostanziale è data dal fatto che se le grandi città termali restano tali sul piano dell’immagine, in realtà le modifiche che si sono realizzate nella composizione della clientela, da un punto di vista sostanziale, non le fanno più essere città termali (proprio Montecatini registra su 580mila arrivi all’anno, 55mila arrivi propriamente termali, con una percentuale che si attesta sotto il 10%). In tali località di grande tradizione, dunque, esistono di fatto due mercati del turismo fra loro separati in casa: quello propriamente termale e del benessere termale, e quello più articolato, più complesso e più dinamico, rappresentato dal soggiorno per praticare i diversi turismi che ogni regione rende possibili, compresa la partecipazione a eventi e manifestazioni.
Non va dimenticato che l’Italia è il paese europeo che vanta il maggior numero di stabilimenti termali, ma concentrati in alcune regioni. Complessivamente nel 2006 sono state attive 380 imprese termali in 170 destinazioni comunali, articolate in modo assai diversificato, in quanto molte, nei casi di Ischia e delle Campania (114 unità), delle Terme Euganee e del Veneto (110 unità), sono strutture di piccole dimensioni, quasi sempre come pertinenze di esercizi ricettivi, per cui gli stabilimenti che si distribuiscono fra le restanti regioni sono 158.
Le tendenze attuali nel comparto termale e del benessere possono essere così individuate:
forte aumento di weekend e short break presso i centri termali, del benessere termale e presso i centri benessere non termali;
estensione dell’apertura stagionale delle strutture termali, e anche degli hotel con terme interne, per fare fronte e favorire questa nuova domanda;
ringiovanimento della clientela e maggiore appeal per gli stranieri;
richiesta sempre maggiore da parte del cliente della disponibilità di prestazioni all’interno o collegate all’esercizio ricettivo ove alloggia;
aumento dei grandi centri wellness destinati ai residenti nei dintorni dei grandi agglomerati urbani, a testimonianza di una attenzione sempre più generalizzata per la cura del proprio aspetto fisico e psichico e per forme di relax.
Le nuove dinamiche del mercato, orientate al benessere tout court piuttosto che alle cure tradizionali, richiedono una riqualificazione dell’offerta per acquistare maggiore competitività sul fronte nazionale e internazionale.
Per lo sviluppo futuro servono azioni congiunte tra pubblico e privato volte a recuperare, come ville d’eau e del benessere termale, le destinazioni capofila (Montecatini e Chianciano per la Toscana); azioni tese a valorizzare il benessere termale come forte valore aggiunto, rispetto al termale tradizionale e al benessere tout court; pronte a incoraggiare una maggiore integrazione delle terme con le policy generali delle località e dei comprensori.
E’ necessario introdurre servizi orientati al dopo-benessere per favorire un soggiorno più integrato da parte dei clienti termali e definire proposte differenziate per realizzare una penetrazione del comparto benessere termale nel turismo congressuale e nel turismo d’arte. Da qui la proposta, per la regione, di una Toscana Terme Card che promuova le risorse ambientali insieme alle offerte termali.
Ma per poter fare tutto questo, è essenziale sviluppare politiche territoriali con riferimento ai distretti locali (come hanno fatto ad esempio in Francia) e strategie generali di filiera secondo la logica dei metadistretti. Il primo passo in tale direzione potrebbe essere quello di definire il sistema non più come terme o termalismo, ma, piuttosto, come sistema del benessere termale, in modo da determinare un valore aggiunto reciproco e da superare la contrapposizione fra prestazioni tradizionali e quelle benessere.