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Scuola

Gli stili cognitivi in classe

Nell’ambito dell’insegnamento delle lingue sta crescendo l’attenzione per la dimensione cognitiva dell’apprendimento linguistico, ed in particolare per i diversi stili cognitivi che supportano tale processo.
L’interesse di questo tema per la glottodidattica è duplice: in primo luogo, la conoscenza delle modalità intellettive attraverso cui gli studenti elaborano le informazioni offre all’insegnante la possibilità di conoscere più a fondo i suoi alunni e costituisce, dunque, un punto di partenza essenziale per porre realmente lo studente al centro della didattica. In secondo luogo, l’insegnante di lingua, conoscendo le propensioni intellettive dei suoi alunni, potrà progettare percorsi formativi che da un lato rispettino i diversi stili cognitivi e dall’altro il promuovano, in modo tale che ciascuno studente riesca gradualmente ad affrontare con successo anche attività o modalità di lavoro in classe che non sempre rispecchiano il suo personale modo di apprendere. Ciò è fondamentale perché l’educazione linguistica è innanzitutto educazione alla vita, e nella società contemporanea sono sempre più frequenti le situazioni lavorative che richiedono flessibilità, cooperazione e capacità di adattamento. Se ne deduce chiaramente dunque l’importanza di educare l’allievo alla flessibilità cognitiva, intesa come capacità di interagire anche con persone che posseggono uno stile cognitivo diverso, e disponibilità a modificare – almeno temporaneamente – il proprio stile cognitivo per affrontare al meglio una situazione d’apprendimento.
In questo contributo offriamo alcune coordinate teoriche utili ad identificare gli stili cognitivi ed alcuni strumenti che aiutino l’insegnante di lingua ad acquisire consapevolezza sulle proprie inclinazioni cognitive, e a conoscere maggiormente quelle degli studenti.
 
La molteplicità degli stili cognitivi: a ciascuno il suo
Ormai esiste una vasta letteratura di matrice psicologica e psicopedagogica che affronta questo tema ed offre svariate classificazioni e denominazioni.
A livello glottodidattico questo tema risulta essenziale perché lo stile cognitivo di uno studente è profondamente influenzato dalla cultura di provenienza; soprattutto chi opera nel campo dell’insegnamento dell’italiano a stranieri si rende conto di quanto il modo di apprendere di uno studente dipenda dalle sue esperienze scolastiche pregresse e dall’importanza che la cultura d’origine assegna ad alcuni aspetti dell’educazione e della vita in generale (ad esempio, il ruolo dell’apprendimento mnemonico, individuale/cooperativo, globale/analitico, il rapporto studente-insegnante). D’altro canto, se non si utilizzano strumenti teorici ed operativi per osservare ed identificare gli stili degli studenti, si corre il rischio di cadere nello stereotipo culturale, associando a ciascun allievo quello che nell’immaginario collettivo è lo stile cognitivo tipico dei suoi connazionali (un esempio emblematico è lo spagnolo collaborativo, comunicativo e dinamico… ma tutti gli spagnoli sono davvero così?).
Prendendo spunto da alcune classificazioni esistenti, ed in particolare dai modelli teorici di Grinder (1991), Gardner (1987, 2000), Mariani (1996), Sternberg (1997, 1998), Willing (in Mezzadri 2002), possiamo innanzitutto definire lo stile cognitivo come l’insieme delle strategie selezionate, consciamente o inconsciamente, ed attuate durante il processo di apprendimento; tali strategie possono coinvolgere le modalità percettive e neurosensoriali, i meccanismi mnestici, le rappresentazioni mentali e gli emisferi cerebrali. I diversi stili cognitivi possono coinvolgere la dimensione:
·                     verbale: l’apprendimento avviene soprattutto raccogliendo e rielaborando informazioni espresse in forma linguistica; chi possiede questa inclinazione può prediligere l’oralità, e dunque il canale auditivo, o la scrittura, e dunque il canale visivo, o entrambe. Lo studente che preferisce il canale auditivo può far leva sulle strategie di ripetizione e sulla riorganizzazione linguistica del materiale da apprendere (attraverso la creazione di rime, assonanze, onomatopee…) per favorire la memorizzazione. Chi invece preferisce il codice scritto usa maggiormente le strategie di espansione reticolare delle informazioni, ed apprende leggendo testi scritti, prendendo appunti e sottolineando parti di un testo. Lo stile cognitivo verbale può coinvolgere sia la memoria implicita sia la memoria esplicita[1], a seconda delle preferenze individuali;
·                     non verbale: l’apprendimento può avvenire sfruttando quella che Gardner definisce intelligenza visuo-spaziale, ossia la raccolta di informazioni a partire dall’osservazione dell’ambiente circostante, e la conseguente formulazione di ipotesi. Chi predilige questa modalità cognitiva apprende mediante l’esplorazione dell’ambiente, attivando il canale visivo, spesso integrato con l’uso di altri canali sensoriali; a livello mnemonico possono essere coinvolti sia la memoria esplicita che quella implicita, e in entrambi i casi svolge un ruolo importante la formazione di immagini mentali, sia di natura concreta sia di tipo simbolico. Di carattere non espressamente verbale è anche lo stile cognitivo di chi apprende facendo leva sulla musicalità di un testo, e dunque sulla dimensione paralinguistica;
·                     cinestetica: l’apprendente preferisce imparare attraverso esperienze concrete che coinvolgano più modalità sensoriali simultaneamente; le informazioni vengono raccolte mediante diversi canali sensoriali e poi integrate a livello cerebrale; uno studente che privilegia la dimensione cinestetica durante l’apprendimento linguistico può riflettere sulla lingua e sistematizzare quanto appreso solo dopo aver svolto esperienze concrete (un’intervista, un role-play, un’attività cooperativa, una ricerca), seguendo il principio “prima fare, poi riflettere” e facendo leva pertanto primariamente sulla memoria implicita;
·                     logico-matematica: chi ha una propensione verso l’apprendimento logico-matematico attribuisce un ruolo centrale alla riflessione e alla sistematizzazione del materiale, individuando regolarità e contrasti, e privilegiando i meccanismi deduttivi; durante l’apprendimento linguistico segue spesso il principio “prima riflettere, poi fare”, attivando principalmente i meccanismi di memoria esplicita; tende inoltre all’astrazione ed ha una forte capacità di ricordare dettagli e particolarità linguistiche.
Potremmo affermare che ogni studente possiede un proprio stile cognitivo, risultante dalla diversa combinazione di questi quattro fattori, i quali sono comunque presenti e si intersecano continuamente. Così ad esempio, chi privilegia l’apprendimento musicale spesso ha anche una propensione cinestetica perché può associare la melodia a gesti e movimenti che coinvolgono il corpo; allo stesso modo chi adotta la modalità logico-matematica, durante l’apprendimento linguistico può far leva su alcune strategie verbali (stesura di appunti, individuazione di parole-chiavi) per la sistematizzazione del materiale. Come sottolinea Gardner, dunque, una persona può possedere diversi stili cognitivi (o intelligenze), che attiva in modo diverso a seconda delle situazioni in cui si trova.
Gli studi sugli stili cognitivi si possono coniugare con i dati provenienti dalla ricerca neuroscientifica sull’elaborazione delle informazioni negli emisferi cerebrali (si vedano le ricerche riportate in Battaglini 2002 e Danesi 1998). Come è ormai noto, in ogni persona vi è una dominanza emisferica, ossia una propensione ad apprendere favorendo maggiormente uno dei due emisferi. Chi ha un orientamento cerebrale a destra, ad esempio, ha maggiori capacità di discriminare l’input visivo, predilige il ragionamento induttivo, e a livello linguistico ha un maggior controllo degli elementi prosodici, comunica integrando diversi linguaggi (verbali e non verbali) e ha bisogno di un input contestualizzato. Chi è orientato a sinistra, invece, preferisce il pensiero deduttivo, i compiti logici, e l’input verbale, ed apprende seguendo i principi della linearità e della sequenzialità; a livello linguistico tollera in misura minore un input ridondante, ha una capacità maggiore di memorizzare nozioni grammaticali astratte, ed è indipendente dal contesto.
Ad eccezione degli stili cinestetico e logico-matematico, che sono connessi rispettivamente all’emisfero destro e sinistro, sembra che gli altri stili cognitivi interessino in misura diversa entrambi gli emisferi. Chi possiede uno stile verbale può avere una dominanza a destra, e dunque prediligere l’apprendimento linguistico mediante rime, assonanze, giochi di parole, o una dominanza a sinistra, e dunque preferire la ripetizione, il riassunto e la riorganizzazione del materiale mediante schemi, tabelle e grafici. Chi ha uno stile visuo-spaziale può esplorare l’ambiente analizzandolo da subito dettagliatamente o prima in maniera generale.
Infine, a livello socio-relazionale potremmo dire che tutti gli stili cognitivi possono essere orientati verso la sfera intrapersonale o interpersonale (che nella teoria di Gardner costituiscono due tipi di intelligenze distinte). Ogni studente, infatti, qualunque sia il suo stile cognitivo, può preferire l’apprendimento individuale o cooperativo; così ad esempio uno studente cinestetico può preferire l’esplorazione dell’ambiente circostante da solo, così come lo studente che possiede una propensione logico-matematica può anche dimostrare una disponibilità a riflettere insieme ai compagni, negoziando, formulando e verificando ipotesi comuni.
 
Uno strumento per la riflessione metacognitiva dell’insegnante
Dopo aver presentato una breve panoramica sui diversi stili cognitivi, vedremo ora alcune possibili implicazioni in sede didattica.
Ancor prima di osservare gli studenti, il primo passo per insegnante consiste innanzitutto nel compiere una riflessione metacognitiva sul proprio stile di apprendimento. Tale riflessione porterà di conseguenza ad una maggiore consapevolezza su come il proprio modo di insegnare sia influenzato dalle propensioni cognitive; può accadere infatti che un docente, del tutto in buona fede, sia convinto dell’efficacia di certe tecniche didattiche solo perché queste rispecchiano il suo personale stile di apprendimento, o trovi difficoltà nell’interagire con alcuni studenti perché non ne condivide lo stile cognitivo. La riflessione metacognitiva costituisce dunque il primo passo per una didattica che si avvicini sempre più allo studente.
Uno strumento particolarmente utile è quello delle “domande guida”, di cui presentiamo un esempio, presupponendo che siano queste le domande essenziali che ci si dovrebbe porre per iniziare a conoscere di più le proprie inclinazioni cognitive. Tali domande possono costituire una sorta di “checklist” da spuntare, sebbene vadano considerate un elenco aperto, da arricchire alla luce della propria esperienza.
 
MODALITA’ DI APPRENDIMENTO LINGUISTICO[2]
·                     Preferisci attività orali o scritte?
·                     Quali abilità linguistiche ritieni più importanti?
·                     Nella tua esperienza di apprendente, quale abilità è più difficile sviluppare?
·                     Preferisci lavori individuali o in gruppo?
·                     Preferisci attività statiche o dinamiche?
·                     Per imparare una regola grammaticale, preferisci desumerla da un contesto o impararla a partire da uno schema?
·                     Preferisci prima capire e poi fare, o prima fare e poi capire?
·                     Nella tua esperienza quali attività sono state più utili per apprendere una lingua e perché?
 
MODALITA’ PERCETTIVE[3]
·                     Il tuo tono di voce è alto, medio o basso?
·                     Preferisci imparare vedendo, ascoltando o facendo?
·                     Se devi imparare il contenuto di un testo, preferisci visualizzare mentalmente le pagine del testo, ripetere a voce alta, o collegare il contenuto ad azioni e movimenti?
·                     Per imparare una canzone preferisci leggere il testo scritto, ascoltare più volte la canzone, o associare la canzone a movimenti tenendo il ritmo?
·                     Se devi imparare i passi di un ballo, preferisci guardare prima qualcuno che li sta facendo, seguire le istruzioni dell’insegnante di ballo, o provare da solo seguendo il ritmo della musica?
 
DOMINANZA EMISFERICA[4]
·                     Preferisci svolgere un compito alla volta o più compiti contemporaneamente?
·                     Nel leggere un testo ti soffermi subito sui dettagli o prima cerchi di avere una visione generale del contenuto?
·                     Sei ordinato/a o disordinato/a?
·                     Ricordi meglio il nome o il volto di una persona?
·                     Nello svolgere un compito ti attieni rigorosamente alle istruzioni?
·                     Quando ti esprimi cerchi di spiegare tutto verbalmente o lasci che l’interlocutore capisca anche dai tuoi gesti o dalle tue espressioni facciali?
·                     Quando usi la lingua straniera preferisci parlare lentamente ma in modo corretto o più velocemente, pur sapendo di commettere errori?
·                     Ti piace organizzare il tuo tempo o preferisci decidere cosa fare di volta in volta?
 
L’analisi delle propensioni cognitive degli alunni
Dopo acquisito consapevolezza sul proprio stile cognitivo, l’insegnante può ora concentrare la propria attenzione sui suoi alunni e cercare di identificarne le inclinazioni cognitive; ciò è fondamentale soprattutto durante le prime lezioni di un corso, quando l’insegnante non conosce ancora gli studenti ed ha bisogno di raccogliere dati prima di elaborare una programmazione didattica.
Presentiamo ora alcuni semplici strumenti sperimentati da chi scrive durante un corso di italiano di 50 ore rivolto a giovani stranieri presso la scuola di lingua e cultura italiana Istituto Venezia. La classe era composta da 14 studenti di diversa provenienza (tedeschi, polacchi, spagnoli, inglesi, americani, iraniani), i quali erano residenti in Italia per motivi di studio o di lavoro ed avevano sviluppato già una competenza di livello B1.
L’insegnante ha dedicato le prime 8 ore del corso alla raccolta dati circa gli stili cognitivi degli alunni, utilizzando due tipologie di strumenti: diretti ed indiretti.
 
Strumenti diretti
·                     lettera all’insegnante: si è chiesto ad ogni studente di scrivere una breve lettera all’insegnante indicando le proprie aspettative sul corso, le tipologie di attività che vorrebbe svolgere (motivando la scelta), le abilità che vorrebbe sviluppare, raccontando inoltre le esperienze pregresse di apprendimento linguistico;
·                     test “che tipo di apprendente sei?”: prendendo spunto dalla checklist per la riflessione metacognitiva dell’insegnante, è stato redatto un breve test a risposta multipla; ciascuno studente ha compilato il test individualmente ed ha poi confrontato le proprie soluzioni con quelle dei compagni; successivamente l’insegnante ha fornito agli allievi alcuni brevi testi che descrivevano i possibili profili cognitivi ed ha invitato gli studenti ad individuare il proprio, anche sulla base dei risultati del test; infine in plenum gli allievi hanno raccontato ai compagni il loro profilo cognitivo, criticando o integrando i risultati del test con altre esperienze personali.
 
Strumenti indiretti
·                     schede di osservazione: durante le ore dedicate alla raccolta dati l’insegnante ha cercato di proporre attività diversificate[5], che mettessero in campo abilità e modalità di organizzazione della classe diverse (individuali, a coppie, a gruppi, in plenum) ed ha redatto una semplice scheda di osservazione per ciascuna attività. Sull’asse verticale della scheda sono stati disposti i nomi degli studenti, mentre sull’asse orizzontale alcune variabili da valutare con un punteggio da 0 a 4; tra le variabili considerate, ci si è concentrati particolarmente su quanto ogni studente fa uso del codice verbale (L1 o L2), sulla partecipazione attiva, sullo svolgimento dell’attività secondo le istruzioni, sull’interazione con i compagni. Sul margine destro sono state lasciate alcune caselle vuote per altre eventuali osservazioni.
 
L’uso di questi strumenti ha consentito all’insegnante di disegnare il profilo cognitivo di ciascun allievo in maniera piuttosto precisa; in genere, infatti, i dati diretti e quelli indiretti tendevano a coincidere, permettendo così di definire con chiarezza le propensioni cognitive dello studente. L’integrazione dei dati diretti ed indiretti è fondamentale anche perché gli strumenti diretti, richiedendo la scrittura e la lettura, privilegiavano il canale visivo, e potevano mettere in difficoltà gli allievi che invece prediligono altri canali sensoriali.
In due casi è emersa una discordanza tra ciò che lo studente ha dichiarato nel test sullo stile d’apprendimento e il suo reale comportamento durante le attività in classe. Nel primo caso, un’allieva che si dichiarava collaborativa e predisposta a lavorare con i compagni, durante tutte le attività di gruppo svolte in classe tendeva a non intervenire e a lasciare che gli altri decidessero per lei; nel secondo caso, invece, uno studente che secondo risultati del test sembrava prediligere le modalità globali di elaborazione, in realtà durante le lezioni dimostrava di essere molto più a suo agio durante le fasi di analisi linguistica. Nonostante la discordanza tra i dati ottenuti con gli strumenti diretti e quelli ricavati con gli strumenti indiretti possa essere stata influenzata da fattori esterni (nel primo caso, ad esempio, può aver influito il fatto che i compagni non si conoscevano e, dunque, forse non si era ancora instaurato un clima collaborativo e rilassato), è comunque plausibile ritenere che in questi casi gli studenti non fossero del tutto consapevoli del proprio stile cognitivo.
Inoltre, questo tipo di osservazioni in classe può anche rivelare profili cognitivi che si allontanano dagli stereotipi legati alle culture di appartenenza degli allievi; è il caso, ad esempio, di una studentessa tedesca, che dimostrandosi particolarmente predisposta alle attività cooperative e ludiche, e aperta verso nuovi metodi d’insegnamento linguistico, si allontanava dall’immagine stereotipata dell’apprendente tedesco, individualista, serio e concentrato sulla grammatica. Allo stesso modo, uno studente spagnolo, che dunque nell’immaginario collettivo avrebbe dovuto essere dinamico, aperto, cooperativo, ha dichiarato e dimostrato di preferire il lavoro individuale e di trovarsi a disagio in situazioni che prevedono la collaborazione con i compagni.
Infine, va sottolineato il valore degli strumenti diretti non solo per l’insegnante, che può così raccogliere dati sui suoi alunni, ma anche per gli studenti stessi, i quali possono riflettere sul proprio stile cognitivo, concentrandosi sulle loro predisposizioni e richiamando alla mente le esperienze di apprendimento pregresse[6]. Gli strumenti diretti possono dunque svolgere una funzione educativa, contribuendo allo sviluppo delle competenze metacognitive dell’allievo.

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Michele Daloiso

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