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Il genere Gangsteristico nel Cinema Americano dagli Anni 70

All’interno del genere gangsteristico e poliziesco è possibile individuare un intricato sistema di parentele. Questo genere non tramonta mai perché i problemi che affronta sono sempre stati al centro dell’esperienza americana.
Il film gangsteristico è socialmente e intellettualmente disprezzato, non perché possa corrompere o perché sia artisticamente inferiore ad altri generi di film, ma perché realizza i nostri sogni e fa affiorare i nostri più profondi impulsi psichici.
Il genere si è imposto di non scostarsi minimamente da quegli aspetti pacchiani, spiacevoli e abbietti tipici della vita americana. Film del genere offrono discordanti prospettive della vita americana, nel suo insieme il genere presenta l’America come luogo di eterno e violento conflitto.
Il gangster è un paradigma del “mito americano” ed il film di gangster risponde al desiderio di visualizzare i nostri sogni in una forma che conservi la proprietà del fantastico e dell’immaginario, ma contenga anche una storia che sia l’ideale vivente del nostro eroe, pronto a far sì che le fantasie accadano ed egli le realizzi nel migliore dei modi.
Il genere gangsteristico ha una sua struttura tipica per talune specie di situazioni:
a)Un uomo o un gruppo si oppongono alla società o ad altri gruppi. Questa opposizione dà luogo ad un conflitto e si scatena così la violenza.
b)Il conflitto è di natura sociale. Il gangster viola un sistema di norme che regola la vita di un gruppo di persone.
Nel film gangsteristico emergono indicazioni significative sulla natura della società e sul tipo d’individuo che essa crea. Il gangster è al di fuori o contro il legittimo ordine sociale. Il film di gangster costituisce perciò uno scorcio della società americana, in quanto ha creato situazioni e personaggi perfettamente inseriti nei suoi aspetti più appariscenti.
c)Il film gangsteristico fu generato dalla storica comparsa del gangster. Il film gangsteristico individua un mondo sotterraneo, ostile alla società legale, il mondo della malavita e ce lo mostra1.
Dalla fine degli anni Cinquanta in poi il mondo della malavita diventa visivamente e concettualmente meno identificabile, poiché viene inserito in una visione più generalizzata del mondo contemporaneo.
Nel pensiero americano c’è un’intrinseca contraddizione tra l’America capace di offrire ogni possibilità di riscatto per ciascun individuo e la visione di una società rigidamente chiusa in classi ben definite. Il gangster serve da veicolo per presentare questo problema centrale del popolo americano.
Il tema del successo è quello forse più ricorrente nel cinema americano: raggiungere ricchezza, posizione sociale e potere è spesso al centro del genere gangsteristico che spesso rappresenta l’inebriante vita sulla cresta dell’onda e la morte brutale.
Il successo è ottenuto con le proprie forze, grazie ad un esplicito o implicito evento criminale. Il gangster funziona da capro espiatorio d’una aspirazione di tale genere. Il gangster non è vittima di rimorsi o ripensamenti, poiché non c’è separazione tra ciò che professa di essere e ciò che è e fa.
La maggioranza dei film di gangster implicitamente rispecchiano la natura e il potere della città, scenario fondamentale per il film di gangster ed è una trappola mortale. La rappresentazione di scene efferate offre uno dei piaceri più sottili di questo genere. La violenza rappresentata è una componente negativa essenziale, inserita per fini speculativi e fa di sé uno dei generi più raccapriccianti del cinema.
In passato l’insistenza su qualche particolare truculento, ai limiti dell’orrido, serviva a dare enfasi e tensione allo svolgersi di una vicenda. Dalla fine degli anni Sessanta il crescendo della ferocia gratuita non ha conosciuto limiti ed è diventato soprattutto un fattore estetico.
Il tema comune del film gangsteristico è la disintegrazione e la distruzione della famiglia. I gangster hanno spesso una famiglia molto numerosa e nel bene e nel male la difendono sempre.
L’atteggiamento del gangster verso la polizia e le istituzioni varia da film a film. In genere i poliziotti sono figure sbiadite e corrotte, proprio come le istituzioni.
Sia la polizia che le istituzioni raramente adottano una strategia preventiva, si muovono quando il male è stato fatto. A volte però non si muovono neanche.
Fino agli anni Quaranta e Cinquanta i film sui gangster erano storie favolose di sconfitte, che rimandavano a eroiche e positive riflessioni. Il gangster era edificante, ispirava timore reverenziale ed era grandioso persino nella morte.
Dagli anni Sessanta in poi il genere diventa estremamente flessibile e diventa più sfuggente il ruolo del gangster.
Nei nuovi film è la società ad essere cattiva, non il gangster. Le scelte fatte dai gangster classici – come Rico in Piccolo Cesare – erano scelte che scaturivano da ciò che chiaramente pensavano di loro stessi. Volevano diventare uomini di potere e, di conseguenza pensavano con grande arroganza.
Successivamente il gangster diventa una figura meno lontana da noi, poiché vivere significa corruzione, corruzione significa vivere. Il gangster è entrato ancora di più nella società, vicino alla gente comune.
L’eroe del film gangsteristico è diventato progressivamente più consapevole della sua umanità rispetto al mondo. Il genere ha assunto nuove caratteristiche di una consistenza chiara.
I “nuovi” gangster vogliono semplicemente denaro e potere, e quando li ottengono, ne vogliono di più.
Raggiungere la vetta significa avere un mucchio di denaro, avere un mucchio di denaro significa avere potere sugli altri, ed il gangster vuole quel denaro e il potere per comandare su tutti. Nei film questo è sempre più evidente2.
I film di gangster di questi anni sono caratterizzati da composizioni meno rigide e da un modo espressivo più freddo.
Dal punto di vista di questi ultimi anni, il vecchio gangster appare come un disadattato psicologico. Attraverso il cambiamento di genere, il gangster rappresenta sempre di più la società, e questa finisce con l’identificarsi nel gangster. I primi film gangsteristici poggiavano sul fatto che il gangster potesse essere separato dalla società e contrapposto ad essa. Il genere, dagli anni Sessanta in poi, fa capire che il gangster non moriva mai, ma si inabissava nella gente, nella società. Il gangster non è più fuori della società ma nell’interno, e anche profondamente.
Dagli anni Sessanta viene prestata grande attenzione all’ambiente in cui vive il gangster, che ora vive non solo nella città, ma nel mondo che noi tutti abitiamo.
Infatti, il grande capitalismo industriale e la malavita organizzata hanno in comune anche il territorio d’azione, la grande città, la metropoli. La città è immorale e la prosperità della malavita è lì a dimostrarlo. Tuttavia nel corso degli anni, i termini del rapporto cinematografico tra gangster e metropoli mutano profondamente. Agli inizi, il delinquente urbano è ancora un diretto discendente del fuorilegge di frontiera. Col tempo, la dimestichezza con gli spazi aperti è cresciuta, e questo nel gangster si traduce nella capacità di sapersi muovere con grande agio e disinvoltura fra le strade e i vicoli della città, di uscire vincitore da scontri a fuoco che ora si svolgono appena fuori da night- club e locali, e non più in periferia o in mezzo alla prateria3.
Poliziotti e gangster nei nuovi film sono posti sullo stesso piano. Possono tecnicamente opporsi l’uno all’altro, ma sono essenzialmente parte dello stesso sistema e le loro organizzazioni sono dirette su basi analoghe e con tattiche similari. Infatti la maggior parte delle forze dell’ordine sono corrotte.
In passato il genere risolveva i conflitti con la morte del gangster, adesso il malvivente sopravvive in un mondo che continua come prima, lievemente modificato dal fatto che egli ha compiuto un’azione violenta.
Il genere gangsteristico presenta l’America come sinonimo di fallimento.
Ovviamente il genere ha cambiato i suoi assunti ed il suo contenuto, ma il suo proposito fondamentale e le sue strutture sono ancora intatti.
Il gangster ora non è al centro dell’interesse, poiché rappresenta solo un aspetto della società, con cui la gente si ritrova mescolata e che impone l’uso della violenza per liberarsene.
Alla fine degli anni Sessanta il genere si è rinnovato ed è caratterizzato da film, che impediscono agli spettatori di alimentare l’illusione che essi stiano guardando un mondo reale.
La differenza più notevole che contrappone i primi film ai successivi è che i gangster degli inizi sono ritratti come individui ancora indecisi sul ruolo da assumere; invece quelli dei nostri tempi come individui dotati di grande autocontrollo. In entrambi l’accento è posto sul comportamento.
Con Il Padrino (1972) il fondersi e l’offuscarsi dei conflitti del genere terminano nella presentazione di un solo mondo, quello della malavita.
Il genere non registra più né sviluppa fatti sensazionali, ma costruisce poemi, sogni, epopee, miti. I suoi personaggi non hanno una forte identità individuale, sono paragoni, saggi, impressioni, non uomini o donne “reali”, che agiscono in un contesto sociale ben identificabile.
Dagli anni Sessanta in poi nel genere, come si è già detto, la violenza è prolungata e assume carattere pittoresco.
Due altri aspetti sono importanti del “nuovo” genere: l’uso del colore e l’emergere di un cinema dominato dal regista, come Coppola e Scorsese, grandi esponenti del genere.
Col tempo, i contenuti dei film appartenenti a questo genere cominciarono ad essere trattati sempre più con minore impegno morale. Il nuovo gangster col tempo si è fatto più scaltro, allacciando rapporti con la politica, con le istituzioni, e addentrandosi così ancora di più nella società in cui vive. Questo è molto evidente nella saga de Il Padrino di Francis Ford Coppola.
Soprattutto con questo film il genere torna ai suoi momenti migliori e, nel contempo, si rinnova. Nei primi due film, infatti, c’è un ritorno alla tradizione per quanto concerne le ambientazioni, ma vi sono anche nuovi temi e significati. La malavita non rappresenta più un mondo sostanzialmente estraneo all’esperienza comune, bensì una struttura perfetta che tende sempre più a confondersi con il potere e la politica. Allo stesso modo, i boss non sono più degli psicopatici, ma appaiono in primo luogo come buoni padri di famiglia. Inoltre, benché capaci di eliminare ferocemente tutti gli avversari, essi non sono più destinati a fini tragiche e neppure alla prigione: la morte può raggiungere il vecchio gangster in giardino, mentre gioca serenamente con un nipote4.
Note
1 Shadoian, J (1980) Il cinema gangsteristico americano, Bari, Dedalo.
2 Shadoian, J (1980) Il cinema gangsteristico americano, Bari, Dedalo.
3 Clarens, C (1981) Giungle americane. Il cinema del Crimine, Venezia, Arsenale Cooperativa.
4 Campari, R (2002) Cinema: Generi tecniche autori, Milano, Mondadori.

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Antonio Marchionna