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Moda

Il Sistema Moda in Italia II

Nel corso degli anni Novanta nel sistema moda, ormai diventato un business globale, si innescano però alcuni cambiamenti destinati a modificare profondamente il quadro: viene a modificarsi il rapporto tra domanda ed offerta, sia per una maturazione dei consumi dei prodotti di moda nei paesi evoluti a favore di beni e servizi a maggior contenuto culturale, sia per lo svilupparsi di una forte concorrenza internazionale, proveniente dai marchi dei paesi evoluti e dalle aziende dei paesi a basso costo di manodopera.
I marchi americani, tedeschi e francesi in particolare cominciano a “copiare” il modello italiano nelle fasce di qualità alte e medio alte, valorizzando al massimo le loro competenze specifiche nel marketing, nella distribuzione e nella logistica produttiva.
Oggi la diffusione dell’industria della Moda in Italia interessa il territorio nazionale nel suo complesso, sebbene vada segnalata la presenza di vere e proprie concentrazioni spaziali delle industrie del settore in distretti industriali (ad esempio, Biella, Carpi, Castel Goffredo, Como, Prato, Vicenza) caratterizzati da economie esterne e sinergie inter-aziendali.
La produzione risulta organizzata prevalentemente in imprese di dimensione piccola e media, altamente specializzate e operanti spesso in nicchie di mercato, sebbene, specie nel segmento lusso, non manchino veri e propri gruppi multinazionali verticalizzati e integrati anche a livello distributivo.
Il know-how e le competenze diffuse, la flessibilità garanzia di quick response e di personalizzazione, la continua innovazione incrementale (sia sui materiali sia sul prodotto sia sul processo) lo stile e la creatività sono i principali asset che concorrono a determinare la qualità e l’eccellenza dell’offerta italiana.
Nel 2007 l’industria del tessile-abbigliamento-moda italiana ha fatturato complessivamente oltre 54 miliardi di euro1 ; l’export ammonta a 28 miliardi di euro e la sua incidenza sul fatturato è del 51,8% .
Le aziende sono circa 58.000, mentre gli addetti sono 513.000 unità. Più del 90% delle aziende ha meno di 10 addetti.
L’industria tessile-abbigliamento-moda rappresenta, rispetto a tutto il settore manifatturiero in Italia, il 25% dell’attivo della bilancia commerciale; l’11% dell’occupazione; il 7% del valore aggiunto. Si tratta di un valore aggiunto superiore a quello prodotto dall’industria dell’aerospazio della Germania e della Francia, messi insieme, o a quello degli apparecchi per telecomunicazioni della Francia e della Finlandia. Ciò risulta possibile grazie alle tante e diversificate imprese che concorrono a formare una filiera completa.
C’è da osservare come negli ultimi anni la proliferazione continua di marche e di prodotti sia arrivata a saturazione, dovendo fare i conti con una domanda sempre più selettiva a livello di consumatore finale.
Al prodotto va sostituendosi sempre più la marca come elemento di garanzia e di fidelizzazione del consumatore finale.
La necessità di creare una forte brand identity , che comporta un notevolissimo investimento sul piano delle politiche di comunicazione, sempre più in un contesto internazionale, ha innalzato sempre più la soglia minima degli investimenti, introdotto innumerevoli barriere in entrata e prodotto una crescita della dimensione media ed una progressiva concentrazione anche tra aziende esistenti.
Di tale processo di concentrazione hanno beneficiato soprattutto le griffe, ossia le marche facenti capo originariamente a delle case di moda o a dei singoli stilisti, per la loro maggior capacità di sviluppare una relazione emotiva durevole con il consumatore, ma anche per le forti politiche di comunicazione realizzate con le risorse dei loro licenziatari.
Ad esempio, nel caso di Benetton, le licenze nel settore dei profumi e degli occhiali, oltre a consentire alle case di moda di incamerare senza grossi sforzi notevoli risorse finanziarie sotto forma di royalties, hanno contribuito a rafforzare significativamente la notorietà e la forza del marchio sui mercati internazionali, creando le premesse per ulteriori sviluppi (diversificazione di prodotto, punti vendita,ecc).
Oggi il punto vendita non è più solo canale distributivo per il marchio, ma è diventato il punto di partenza per la costruzione della relazione con il consumatore finale e, quindi, anche per la definizione delle caratteristiche dell’offerta.
Uno dei limiti del modello italiano della moda, fortemente orientato al prodotto, in passato era quello di una certa “imposizione a valle” di scelte di prodotto, di prezzo, di servizio, fatte a monte e non sempre rispondenti ad esigenze di mercato, secondo una logica di tipo push.
In un mercato dove il consumatore è informato ed è più consapevole rispetto al passato, questa logica push, basata sull’idea che sia l’imprenditore a spingere la propria offerta nel mercato, deve essere sostituita da una logica pull, che preveda che sia il cliente a tirare l’impresa a se, qualora risponda ai propri effettivi bisogni.
Chi si occupa di marketing non deve più comportarsi da cacciatore che vuole catturare il cliente, ma deve diventare un giardiniere che coltiva con lui un rapporto di fiducia.
Solo attraverso un controllo o uno stretto rapporto con il punto vendita è possibile quindi avviare una relazione diretta con il consumatore ed “orientare la filiera” a soddisfarne le esigenze.
Questa e altre fondamentali considerazioni sono state alla base del progetto di apertura di nuovi punti vendita monomarca Benetton, in quanto a differenza di come accade per i negozi dedicati all’abbigliamento, si è deciso di fare in modo che i dati di cassa possano essere monitorati e comunicati all’azienda, in maniera tale che attraverso una semplice elaborazione possano orientare la produzione futura di accessori e calzature.
Un’altra importante osservazione riguarda il concept store , ossia il fatto che il punto vendita si è evoluto diventando veicolo di trasmissione dell’identità di marca più diretto ed immediato: in tale contesto il ruolo della distribuzione multimarca è stato ridimensionato a vantaggio di quella monomarca.
I marchi forti in generale hanno cominciato gradualmente ad abbandonare la prima, parallelamente all’apertura di negozi monomarca localizzati nelle principali località del mondo.
Tale processo di integrazione a valle, che ha visto come pioniere Benetton, è strettamente correlato al processo di estensione merceologica in atto, che spesso necessita di spazi espositivi e modalità di presentazione non sempre congeniali ad un punto vendita monomarca: è in questo panorama che si contestualizza la scelta di aprire dei negozi monomarca Sisley e Benetton dedicati esclusivamente alla vendita degli accessori e delle calzature.

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Anna Maria De Menech