La manifestazione essenziale del disturbo dissociativo dell’identità è la presenza di due o più distinte identità o stati di personalità. Queste identità assumono in modo ricorrente il controllo del comportamento. Vi è incapacità di ricordare notizie personali importanti, troppo estesa per essere spiegata con una banale tendenza alla dimenticanza. L’alterazione non è dovuta a un effetto fisiologico diretto di una sostanza oppure a una condizione medica generale.
Il disturbo dissociativo dell’identità è un’entità clinica che da sempre ha affascinato la letteratura e la cinematografia, basti pensare allo “Strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde” per avere un’idea di come la compresenza di identità multiple nello stesso soggetto abbia attirato l’interesse e la fantasia di milioni di persone.
L’identità e la personalità di un individuo rappresentano il nucleo della sua stessa essenza, le caratteristiche soggettive per mezzo delle quali egli si riconosce ed è riconosciuto dal mondo come essere distinto dagli altri e dotato di una soggettività unica e irripetibile.
L’identità è il frutto di un lavoro di sintesi ed elaborazione delle diverse esperienze, e presuppone l’integrazione e l’integrità delle diverse funzioni come la memoria e la coscienza.
Nel disturbo dissociativo dell’identità questa unicità della personalità dell’individuo viene meno tanto che diverse “entità personologiche” possono sovrapporsi o alternarsi nello stesso soggetto; in sostanza possono essere presenti diverse personalità, ognuna delle quali presenta caratteristiche, tratti, storia personale, nomi, modi di essere propri e diversi rispetto alle altre.
Tipicamente è presente un’identità principale “ufficiale”, spesso passiva, debole, dipendente, in genere permeata da vissuti di colpa, o sentimenti depressivi che, in determinate condizioni, viene “soffocata” e sostituita da una o più personalità “alternative”.
In genere le personalità che affiorano hanno caratteristiche differenti rispetto a quella “normale”( in una personalità fragile può innestarsi una seconda identità forte, aggressiva e prepotente, quasi a compensare la debolezza dell’identità ufficiale) e spesso, il rapporto tra queste e la personalità ufficiale, è governato da conflittualità o di aperta ostilità.
Un disturbo di personalità è, quindi, definito come un modello abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura a cui l’individuo appartiene e si manifesta in almeno due delle seguenti aree:
esperienza cognitiva/affettiva
funzionamento interpersonale e controllo degli impulsi
Il concetto di “disturbo” sembra ormai superato: esso, come la personalità detta”normale”, si forma dai primi anni di vita fino all’età adulta, è a una tipologia o a un modello di personalità a cui bisogna riferirsi.
Questo perché non si tratta di una personalità “normale” che a un certo punto diventa disturbata, ma una personalità che a seguito di diversi fattori( ambientali, biologici, traumatici, etc.) può assumere schemi e modelli disadattivi.
La disadattività può insorgere nella prima metà della vita adulta, ma può essere visibile già nell’infanzia, generalmente è stabile nel tempo e presenta un carattere inflessibile e pervasivo nelle diverse aree della vita.
In psichiatria il disturbo è riferito agli individui i cui tratti di personalità sono disadattivi in modo pervasivo, inflessibile e permanente, e causano una condizione di disagio soggettivo clinicamente significativa.
Benché non si arrivi a sfociare nella vera e propria patologia, sono in molti a vivere una scissione della propria identità globale. Il soggetto tende a creare un “alter”, un mezzo di evasione dalla realtà, quasi si volesse scappare da se stessi. Egli avverte il bisogno di libertà da critiche e giudizi, dal carico di aspettative attese, dall’eccessiva austerità autoimposta; essenzialmente, pensare ad essere spensierati , trovare la felicità cercata, sebbene solo per un tempo limitato.
Le due identità si disdegnano in modo reciproco, hanno timore l’una dell’altra, ma, allo stesso tempo, riconoscono la necessità della contemporanea presenza della duplice personalità: la prima volta all’eccessivo controllo e alle troppe regole, la seconda a vizi e dissolutezza. Il suo venir meno determinerebbe un crollo psicofisico della persona.
Di conseguenza, esse riescono a conciliarsi, senza sovrapporsi e/o cercare di soffocarsi: ognuna sa quando è il momento di venir fuori e quando è il momento di farsi da parte.
Vi è, pertanto, una differenza tra i due casi: uno è legato al disturbo, l’altro ad un bisogno umano che, esistente nell’intimo dell’individuo, si manifesta attraverso il desiderio di staccarsi dalla condizione di uniformità, di evadere dal regime solito, provando ad essere un qualcuno di totalmente all’opposto da sé. Occorre, tuttavia, tener conto dell’eventualità di uno stato di malessere, peggiore di quello iniziale, che potrebbe presentarsi una volta ripresa la routine quotidiana.