Ha collaborato Martina Amico
Morgan Freeman, miliare figura omodiegetica, racconta, analizza, commenta e accompagna lo spettatore, coinvolgendolo emotivamente con le vicende che si snodano ne LE ALI DELLA LIBERTÀ. Il dramma carcerario, con ben 7 nomination, i Premi Oscar, Golden Globe, Screen Actors Guild Award e Chicago Film Critics Association 1995, l’inserimento dell’AFI al settantaduesimo posto nella lista delle cento migliori pellicole americane di tutti i tempi, è una sorta di apologia del riscatto, la cui microstoria è liberamente tratta da RITA HAYWORTH AND THE SHAWSHANK REDEMPTION, di Stephen King. Frank Darabont, nel 1994, sulle note di “Brooks was here” e con il sostegno di un cast di notevole spessore artistico, fa del romanzo originale una splendida e toccante opera d’arte, attuale “strumento ottico” (Marcel Proust, Il tempo ritrovato, 1927) che, in 140 minuti circa, trasmette allo spettatore l’invito a sperare nel futuro, a lottare per gli obiettivi prefissati, a sprigionare l’energia infinita del proprio cuore, a resistere alle forze contrarie, a opporsi a chi vuol togliergli l’opportunità di seguire i propri sogni, a lanciarsi in avanti per difendere il diritto di autodeterminarsi …
LE ALI DELLA LIBERTA’ è anche un atto d’amore verso la musica che rende particolarmente significativa la sequenza in cui Andy Dufresne diffonde, con un colpo di mano dai microfoni del carcere, le note immortali “del signor Mozart” (Andy); il beneficio che ne ricevono gli stupiti compagni di sventura e l’ira feroce che esse suscitano nei secondini dimostrano come quest’arte, “aiutando a e-ducere, a portar fuori dal buio verso una maggiore consapevolezza” (Alessandra Improta, Arteterapia: l’arte che cura, Psicolab, 19/6/2005) e a rinverdire un passato della cui esistenza si era all’oscuro, “serva per non dimenticare posti meravigliosi da visitare e sentimenti che nessuno può toccare, né togliere, se non si vuole” (Andy). Le nozze di Figaro, insomma, si codificano come ostinata resistenza all’annientamento, “i detenuti non sanno cosa cantino quelle due donne, eppure quelle voci si librano nell’aria a un’altezza che nessuno di loro ha mai osato sognare. E’ come se un uccello meraviglioso voli via dalla grande gabbia in cui essi sono, facendola dissolvere nell’aria e, per un brevissimo istante, tutti gli uomini si sentono liberi” (Red).
La vicenda, narrata secondo la visione soggettiva dell’io narrante, affronta tematiche che vanno dall’esaltazione dell’amicizia istintiva vera e sincera, alla perdita di individualità nella coercizione, all’implicita condanna dei metodi violenti e repressivi nelle carceri, al desiderio primario di difendere quella libertà individuale “ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta” (DC, Purg, I, vv. 71-72).
Nessuna descrizione del penitenziario, la parola, con l’ossimòro del silenzio assordante, è lasciata all’aerofotogrammetria … Un faro illumina lo spazio circostante, la sequenza di macchina inizia con un primo piano della facciata del carcere, dopodiché la videocamera scorre gradualmente dietro la facciata e mette a fuoco gli elementi dell’istituzione carceraria, il campo per i detenuti, le guardie, la rete, il filo spinato … si sta entrando all’interno delle pareti asfittiche di Shawshank. Andy Dufresne, “un uomo onesto, dritto come una freccia” (Red), all’inizio del 1947, viene colpito da un fulmine, una mano di ghiaccio si posa sul suo cuore e la sua vita tramonta all’improvviso … Ha veramente ucciso la moglie e l’amante di lei? La sua conclamata innocenza è una mirabile simulazione? La legge dice di sì e Tim Robbins, condannato a due ergastoli e privato di ogni legame affettivo, di ogni ragione di vita, di ogni speranza, si trova avviluppato nelle maglie di una rete inesorabile in cui gli si impone un regolamento fatto di violenze gratuite e omicidi impuniti. Un singolare spirito remissivo s’insedia negli strati più profondi del suo animo e gli fa subire in silenzio ogni angheria, persino quella delle “sorelle”. Il cane sperduto senza collare si chiede “se valga la pena di inseguire i propri sogni, di far sanguinare le proprie mani arrampicandosi su per raggiungere la vetta, di sprecare tutte le proprie forze per un ideale in cui crede veramente ma che ritiene quasi impossibile da raggiungere” (Marcella Sardo, Il Piano di Sviluppo è efficace solo se si ha una conoscenza capillare della realtà economica territoriale, L’Inchiostro, gennaio 2009).
Il suo io, però, “sa” che, prima o poi, spiccherà il volo perché “alcuni uccelli non sono fatti per la gabbia, sono nati liberi e tali devono essere, anche se il posto in cui si vive, senza di essi, diventa, all’improvviso, grigio e vuoto” (Red); ciò che, sostanzialmente, lo distingue dal resto dei detenuti è il grado di vitalità e di coscienza di sé che gli giunge dalla sua cultura, dalla sua sensibilità, dalla sua abilità professionale maturata a Portland, dalla fitta serie di interazioni nella quotidianità che lo aveva formato, dalle sue competenze di geologia che aveva coltivato come hobby sin dall’adolescenza e, persino, dalla conoscenza dei versetti della Bibbia. Lo studio accurato che, per tutta l’esistenza gli aveva nutrito il pensiero, saranno, per lui, il rimedio sovrano per superare i traumi, i fallimenti e i lutti dell’esistenza. L’ex vicedirettore di banca, “nell’inferno” (Red), diventerà “un diavolo” (Andy), architetterà i più sofisticati stratagemmi per cercare la chiave giusta con cui riappropriarsi della sua identità e troverà la soluzione dentro di sé, nella sua mente geniale, supportato da una forza di volontà encomiabile … Senza tali sostegni sarebbe caduto, probabilmente, “in quella forma di vita-nella-morte” (H. Bloom, La saggezza dei libri, 2004) che fa esitare Ellis Boyd Redding, ormai “istituzionalizzato” (Red), sulla via della salvezza o, peggio, che spinge al suicidio Brooks Hatlen. James Whitmore, in tale ottica, rappresenta una delle figure più drammaticamente emblematiche del film perché l’anziano libraio-carcerato, rimesso in libertà al termine di una detenzione durata oltre cinquant’anni, perduto il rispetto di cui godeva in biblioteca, ha gli incubi notturni, insegue con la mente un espediente per “essere rimandato a casa” (Red) e dimostra che, “per un avanzo di galera, le mura di Shawshank sono strane, prima si odiano, poi, se passa abbastanza tempo, non se ne riesce più a farne a meno. È la vita del detenuto che vogliono e se ne prendono la parte che più conta” (Red).
Parte attiva, nell’evoluzione dell’avventura esistenziale di Andy, avrà Red, carcerato di colore nel film e bianco con i capelli rossi nel romanzo, che controlla la maggiore cellula di contrabbando all’interno del carcere, “uno che si trova in tutte le prigioni, uno che, per denaro, procura ai detenuti sigarette, spinelli, whisky ed è sempre disponibile nell’esaudire qualunque desiderio essi abbiano” (Red). Il “grande magazzino” (Red) si accorge, subito nel romanzo e dopo pochi giorni nel film, delle grandi potenzialità di Dufresne “perché l’anima libera è rara, ma, quando la si vede, si riconosce, soprattutto perché si prova un senso di benessere quando le si sta vicino” (Red). Gli procura dei poster, nel libro molti mentre nel film solo quelli di Rita Hayworth, Marilyn Monroe e Raquel Welch, e “un minuscolo giocattolo” (Red), perchè il giovane uomo colleziona e scolpisce minerali. Morgan Freeman ha molte perplessità e gliele manifesta, ma lo accontenta perché gli amici sono angeli che, in silenzio, sollevano da terra chi è caduto, ricordando loro come volare. Red, però, non si rende conto che il martellino da geologo servirà all’amico a scavare, durante i vent’anni di reclusione, una galleria attraverso la quale fuggirà, esso sarà il passaporto per uscire dalla gabbia e raggiungere “Zihuatanejo, il piccolo porto sul Pacifico, un posto caldo che non ha memoria” (Andy) e che cancellerà le brutture incise nell’animo, cicatrici, medaglie con cui si è pagato il piacere di riassaporare la libertà, “un bene che ha un prezzo alto, alto quanto quello della schiavitù. L’unica differenza è che il contributo si paga con piacere e con un sorriso … anche quando quel sorriso è bagnato dalle lacrime” (Paulo Coelho, Aforismi, 1999) …
Tim Robbins resta inizialmente in disparte rispetto agli altri detenuti. Un giorno, durante il ripristino del tetto del carcere, sente una guardia parlare ai colleghi dei suoi problemi economici e, “rischiando di essere assassinato per la sua impudenza” (Red), la convince a farsi aiutare con le sue esperienze lavorative. Chiede e ottiene in cambio qualche birra per gli altri detenuti che stanno lavorando con lui e li fa sentire “i signori dell’intero creato, con il sole che picchia sulle loro spalle, mentre lui rimane tutto il tempo seduto, con uno strano sorriso stampato in faccia … L’avrà ideato per ingraziarsi i secondini? O, magari, per avere qualche amico in più fra i compagni di prigione?Più verosimilmente, per sentirsi di nuovo come tutti gli altri, anche se solo per poco tempo” (Red), rispondendo, anche mentalmente, ai problemi di sopravvivenza da affrontare in carcere per recuperare le scintille di umanità che ancora gli pulsano nel cuore. “Un corpo sempre in movimento non affonda mai” (Jean de La Fontaine, Aforismi, 1674) e fa rinascere nel proprio animo riflessioni e ricordi; tutta la parte spirituale dell’individuo, che l’organizzazione del penitenziario mira sistematicamente ad annientare, riaffiora e ha la meglio sulla riduzione dell’uomo ad animale o a cosa.
Samuel Norton, l’unico Direttore del film a differenza del romanzo in cui se ne susseguono molti, venuto a conoscenza delle abilità di Andy, gli commissiona il disbrigo di pratiche contabili; gli garantisce, in cambio, la protezione dagli altri detenuti e dalle stesse guardie, nonchè il privilegio di curare la biblioteca della casa di detenzione. Il “cavo teso tra la bestia e il superuomo” (Nietzsche, Così parlo Zaratustra – Prefazione, 1883-85) trova un’altra molla per andare avanti, per evitare che le preoccupazioni, le incertezze, i timori, i dispiaceri lo pieghino verso terra e lo facciano diventare polvere prima della morte. Gli eventi, a questo punto, precipitano e la trama s’infittisce di continui entrelecement sostanzialmente correlati. L’ex vicedirettore del Maine prende a cuore il suo nuovo incarico e, con il consenso del Direttore, progetta di ampliare la biblioteca e di intitolarla all’anziano detenuto-bibliotecario; Andy scrive ogni settimana una lettera al Senato chiedendo la concessione di fondi, ma le sue richieste rimangono senza risposta. Ottiene finalmente un modesto stanziamento, ma chiede di più, oggetti cartacei da utilizzare nella biblioteca, libri, cataloghi di raccolta dei libri, film tratti da libri, film sui libri, dischi musicali con opere prese dai libri e un biliardo da impiegare come tavolino su cui posare i libri. Il detenuto con nr. 37927 inizia, quindi, a spedire in media due lettere alla settimana e, nel frattempo, nel suo lavoro di collaborazione, aiuta il dispotico e corrotto Bob Gunton ad accumulare denaro in modo disonesto; nel portare avanti questo disegno, egli intesta ogni operazione a un fantomatico capro espiatorio, Randall Stephens nel film e Peter Stevens nel libro, con tanto di documento di identità, assicurazione sanitaria, certificato di nascita, patente di guida, brevetto di nuoto e abbonamento settimanale a Topolino, strumenti indispensabili nel caso in cui gli illeciti, scoperti, possano far accusare Dufresne e il direttore.
Continuando ostinatamente a inviare le sue richieste, l’ex bancario, a cui sembra bastare “una bolla d’aria rubata da una grotta ideale, sommersa dal mare, per trovare la forza” (Ambrogio Fogar, Aforismi, 2000), riceve ulteriori fondi, fino a rendere la biblioteca la più fornita di tutto lo Stato e adeguandola a far conseguire un diploma a diversi detenuti tra cui Tommy Williams; quest’ultimo, condannato a due anni per furto con scasso, aveva collezionato, fin dall’età di 13 anni, una lunga serie di condanne scontate in molti diversi istituti di detenzione. Gil Bellows, collegando vari tasselli, capisce che Andy è innocente, ma il direttore, pur di non perdere la fonte dei suoi guadagni, si libera del giovane, nel film facendolo uccidere e nel romanzo trasferendolo altrove, per impedirgli di testimoniare in un ipotetico processo e fa chiudere il bibliotecario in isolamento per due mesi. Finita la segregazione, Andy dice BASTA e confida a Red l’intima speranza di poter finalmente un giorno uscire di galera per vivere serenamente perché “o si fa di tutto per vivere, o si fa di tutto per morire” (Andy). Anche l’amico, se mai uscirà di prigione, potrà seguirlo e lo invita ad andare nella cittadina di Buxton a cercare una grande quercia, sotto di essa troverà le indicazioni per raggiungerlo. La mattina dopo, durante l’appello dei detenuti, il direttore e le guardie scoprono che Andy è scappato attraverso la galleria scavata nel muro; di lui troveranno solo la divisa da prigioniero ancora sporca di liquami, una saponetta e un martello da roccia. Red aveva pensato “che ci sarebbero voluti 600 anni per scavare un tunnel con quell’affare, Andy c’era riuscito in 20 e, per non farsi notare, aveva sparso pezzetti del suo muro, un poco alla volta, in cortile”. La sera precedente, particolarmente servile agli ordini del Direttore, gli aveva persino pulito le scarpe fino a farle brillare come uno specchio … “troppo zelante per essere vero, infatti, poi, se le era messe lui.” (Red). Evaso, nel 1966 nel film e nel 1975 nel libro, Dufresne assume l’identità di Randall Stephens, invia al Daily Bugle e alla magistratura i documenti che incriminano Norton, intasca i suoi soldi e si trasferisce nella città di Zihuatanejo, mentre il Direttore, piuttosto che consegnarsi alla polizia ormai pronta ad arrestarlo, decide di suicidarsi nel suo ufficio con un colpo di pistola alla gola.
Il carismatico Ellis Boyd Redding, condannato all’ergastolo nel 1927, dopo 40 anni trascorsi in galera, viene rilasciato per buona condotta … Si sente riabilitato? Pronto a rientrare nella società? “Non passa un solo giorno senza che egli provi rimorso. Si guarda indietro e rivede un giovane, stupido ragazzo che ha commesso un crimine terribile. Vorrebbe parlare con lui. Vorrebbe cercare di farlo ragionare, ma quel ragazzo se n’è andato da tanto, questo vecchio è tutto quello che rimane e nessuno può farci niente” (Red). Il suo animo palpita per le stesse angosce di Brooks, ma un più stimolante ritornello lo bombarda, “o si fa di tutto per vivere, o si fa di tutto per morire” (Andy); sollecitato dalla promessa da mantenere, viola la libertà condizionata e raggiunge Andy in Messico.
Red, insomma, va incontro alla vita, lasciando allo spettatore un assioma metaforico di carattere universale …. “Io scelgo di vivere e SPERO di passare il confine, SPERO di incontrare il mio amico, SPERO di stringergli la mano, SPERO di trovare il Pacifico azzurro come nei miei sogni. SPERO”. La speranza gli ha impedito di chiudere gli occhi e gli ha dato la forza di guardare oltre le grate, salvandolo dalle prigioni interiori che inaridiscono l’animo umano fino alla dissoluzione. Ogni uomo ha un paio di ali, ma solo chi spera impara a volare … Il mondo è nelle mani dei tanti Andy e dei tanti Red che hanno la forza di aspettare il ritorno del sole nella loro travagliata esistenza, di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di costruire sui propri sogni, accarezzando le meraviglie che rendono la vita degna di essere vissuta.