Sta comodamente seduto sul divano di casa sua ma è connesso con più realtà ed è presente in più posti. E non perché sia provvisto di poteri paranormali, ma perché si muove con agilità in quel mondo fatto di tecnologia e dinamismo che i futuristi avevano prefigurato ed esaltato. Facebook, skype, telefono, internet sono le sue “appendici volatili”. Quel futuro è già presente, è la quotidianità. E, proprio per questo motivo, per il modello del navigatore tipo seduto a casa e onnipresente, bisogna arrendersi: è arrivato il momento di celebrare le esequie dell’avanguardia che vide la luce nel 1909 con il Manifesto firmato da Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato su il quotidiano Le Figaro.
Come perché? Semplice. Quando si arriva a commemorare un’avanguardia è il momento in cui si fa il funerale a tutto ciò che essa ha profetizzato. Se ricordiamo il futurismo, in questo centenario del 2009, vuol dire che oggi ha esaurito tutte le sue possibilità di sviluppo ed espansione. Cercare ancora stimoli e segnali di attualità e di modernità nel futurismo, individuandoli come fenomeni forti a cui orgogliosamente adeguarsi, significa fare la più passatista delle operazioni. Ammesso che l’essere futuristi possa essere considerato ancora un valore.
Oggi siamo veloci? Chiediamoci piuttosto cosa significhi oggi vivere nel futuro. Occorre riuscire a vedere oltre il segno dei nostri tempi, ormai palesemente condiviso da tutti, e capire dove possano esserci dei segni premonitori di un’avanguardia simile. Oggi, per alcuni professionisti, l’errore più palese compiuto nei confronti del futurismo è pensare che se ci fossero i futuristi sarebbero tutti su internet, sarebbero tutti 2.0. Per taluni non è affatto vero. Nel web non c’è http:\\/\\/psicolab.neta di dirompente, di altrettanto forte della rivoluzione futurista. Il web è un luogo in cui sono immersi tutti. Le riflessioni sul web corrispondono alle più bieche speculazioni passatiste che facevano orrore ai futuristi.
Per altri la rete è la fase ultima di quella meravigliosa profezia sul primato della velocità, della civiltà delle macchine. Anche se molto poco legata ad atti eroici, di rottura con il tempo in cui viviamo. Tutti concordi comunque, tra apolicattici e integrati, che il mondo del web tende alla uniformazione del pensiero, abbassa ogni picco, è totalmente privo di spunti poetici. È una riproposizione dell’uomo contemporaneo e della possibilità di considerare se stesso non soltanto legato a circostanze concrete, ma distribuito e diviso in più entità spazio-temporali. Sono gli ultimi cascami di un meraviglioso lampo di civilizzazione che aveva al centro di ogni attesa l’uscita dal mondo vecchio, il trionfo di un vitalismo che prolungava l’uomo al di là delle proprie capacità sensoriali. Il vero valore nel futuro sarà forse essere il più fermi possibili e magari sovrapporsi in tante possibilità di esistenza. Web 3.0? C’è che la velocità e la dinamica come chiave rivoluzionaria non funzionano più. Sono già il presente. Bisognerebbe capire quali siano le formule magiche per uscire dal mondo in cui si vive, come allora i futuristi le individuarono in questi gesti, nella loro contrapposizione rispetto ai modelli forti. Viviamo quotidianamente il futuro. È come l’avverarsi dei film di fantascienza. Il maggior omaggio nei confronti del futurismo sarebbe fare una gioiosa cerimonia di chiusura del sepolcro del futurismo perché, fino a quando esso non finisce, non possiamo guardare avanti. Oggi occorrerebbe cominciare a guardare che cosa ci sarà dopo il futuro che stiamo vivendo. Ecco una migliore celebrazione del centenario.