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Psicoterapia e Psicoanalisi

Cambiare le profezie: la terapia indiretta con un bambino presunto psicotico

Abstract

Le nostre aspettative, positive e negative, influenzano la percezione, l’interazione, la comunicazione e il comportamento dando luogo al ben noto fenomeno sistemico della “profezia che si autorealizza”. Gli antichi strateghi cinesi parlerebbero di “creare qualcosa dal http:\\/\\/psicolab.neta”. Qui presentiamo il caso di un bambino di 7 anni con una diagnosi di tratti psicotici e autistici che è stato trattato indirettamente presso il nostro centro con la Terapia Breve Strategica. Il bambino (che chiameremo Ovidio) presentava una comunicazione incomprensibile in associazione a comportamenti di evitamento delle interazioni sociali con i compagni, comportamenti aggressivi e provocatori verso gli adulti e gli estranei, soliloqui con amici immaginari e un’estesa serie di pervasivi rituali sia linguistici che comportamentali. La diagnosi di autismo fu presumibilmente fatta in base al mutismo che il bambino presentava durante gli incontri individuali con lo psicoterapeuta del servizio pubblico. Per evitare ulteriori collusioni “nell’elicitare tratti autistici”, abbiamo trattato il bambino indirettamente intervenendo solo sui genitori. Il cardine della terapia è consistito nella ristrutturazione della diagnosi: abbiamo introdotto, quasi fosse un gioco di ruoli, una nuova realtà diagnostica proponendo di agire come se il disturbo di O. fosse un disturbo ossessivo-compulsivo. Si tratta, in sostanza, di un’applicazione della tecnica del come se sulla profezia. In questo modo siamo passati da un labirinto senza via d’uscita ad uno dotato di un filo d’Arianna. La prescrizione principe per scardinare il disturbo è stata invece la paradossale richiesta di esibizione sintomatica programmata, più volte al giorno, che i genitori hanno attuato con il figlio. Tale manovra segue la logica della prescrizione del sintomo: aggiungere legna per spegnere il fuoco. La terapia è poi proseguita secondo l’usuale protocollo di trattamento del disturbo oppositivo-provocatorio nel bambino. Ovidio oggi ha interrotto le esibizioni compulsive e provocatorie, è tornato ad una comunicazione comprensibile e ad interagire con i compagni, iniziando anche a praticare uno sport sociale; non è più seguito da insegnanti di sostegno, ma, cosa più importante, non è più considerato un bambino autistico e psicotico. Presenta ancora un ritardo nell’acquisizione dei contenuti scolastici, se paragonato ai coetanei, ma questo deve essere ora considerato un problema pedagogico, non più psicopatologico.

Introduzione
L’etichettamento patologico e l’effetto Pigmalione: creare qualcosa dal http:\\/\\/psicolab.neta

La locuzione effetto Pigmalione fu introdotta in ambito psicologico da Rosenthal (Rosenthal & Jacobson, 1976; Rosenthal, 2002) per dare spiegazione degli effetti delle aspettative sul comportamento.
Il mito (Ovidio) narra di uno scultore greco, Pigmalione, che “… viveva celibe, e senza una compagna che dividesse il suo letto a lungo rimase. Ma un giorno, con arte invidiabile scolpì nel bianco avorio una statua, infondendole tale bellezza, che nessuna donna vivente è in grado di vantare; e s´innamorò dell´opera sua … Venne poi il giorno della festa di Venere … quando Pigmalione, deposte le offerte accanto all´altare, timidamente disse: “O dei, se è vero che tutto potete concedere, vorrei in moglie (non osò dire: la fanciulla d´avorio) una donna uguale alla mia d´avorio”. L´aurea Venere … per tre volte fa palpitare una fiamma …”. Questa donna ideale, naturalmente, divenne reale. È facile cogliere la similitudine con i concetti sistemici di “profezia che si auto-realizza” e di etichettamento patologico (Watzlawick et al., 1971, 1974; Watzlawick, 1980). Gli antichi strateghi cinesi parlerebbero di “creare qualcosa dal http:\\/\\/psicolab.neta” (Anonimo).
Rosenthal portò Pigmalione in classe e fu in grado di aumentare le prestazioni scolastiche di bambini scelti a caso, dopo aver instillato negli insegnanti la profezia che quelli fossero dei bambini particolarmente intelligenti. Fu anche in grado di creare dal http:\\/\\/psicolab.neta dei bravi nuotatori e dei topolini con elevate capacità esplorative agendo semplicemente sulle aspettative rispettivamente degli insegnanti di nuoto e degli sperimentatori.
Purtroppo, o fortunatamente, non solo le nostre aspettative positive ma anche quelle negative possono influenzare la realtà percepita e i comportamenti. Immaginiamo di osservare in un bambino una serie di “comportamenti bizzarri e linguaggio sconclusionato” e “mutismo”, e ancora “isolamento ed evitamento delle interazioni sociali con i coetanei”: potremmo, se terapeuti, non necessariamente alle prime armi, arrivare alla facile diagnosi di delirio psicotico e tratti autistici.

La profezia: il bambino con presunta psicosi e autismo

Quanto appena esposto è esattamente il caso di un bambino di 7 anni (che non a caso chiameremo Ovidio), portato presso il nostro centro dai genitori, con in tasca una diagnosi di tratti autistici e psicotici.
La definizione del problema (Scheda 1). Il bambino mostrava una comunicazione incomprensibile fatta di cantilene indisponenti, ripetizione compulsiva di formule verbali, soliloqui a voce alta con un amico immaginario, e stereotipie motorie e comportamentali. Inoltre, isolandosi spesso, non interagiva con i compagni di scuola; piuttosto, era solito mettere in atto delle vere e proprie provocazioni “psicotiche” nei confronti degli adulti o degli estranei mettendo in estremo imbarazzo i genitori.
Le tentate soluzioni (Nardone & Watzlawick, 1990; Watzlawick & Nardone 1997) (Scheda 2). Le tentate soluzioni familiari erano focalizzate su: intervenire con punizioni e correttivi allo scopo di far cessare il comportamento anormale; delega a figure istituzionali (insegnanti di sostegno, psichiatri, psicologi) per la gestione del bambino e per la soluzione del problema; maggiore coinvolgimento materno e quasi assenza del padre nella gestione quotidiana del bambino. Ovidio era inoltre seguito in psicoterapia individuale (sic!) presso i centri di salute mentale di zona. Per inciso, la diagnosi di autismo fu presumibilmente fatta in seguito al ripetuto mutismo mostrato dal bambino durante tali incontri… incidentalmente, va detto che, durante la prima seduta nel nostro centro, il bambino fu in grado di molestare con le sue urla e la sua iperattività tutti i pazienti della sala d’aspetto! I genitori, inoltre, parlavano ampiamente del problema di Ovidio sia all’interno della famiglia che all’esterno. Questa situazione contiene evidentemente tutti i principali agenti sociologici dell’effetto Pigmalione nella malattia mentale: i genitori, la scuola, la Sanità Pubblica.

L’intervento terapeutico
Cambiare la profezia

Per evitare ulteriori collusioni “nell’elicitare tratti autistici”, siamo intervenuti sul bambino indirettamente, ovvero attraverso i genitori, cosa questa che è peraltro la nostra usuale forma di intervento strategico in tutti i casi pre-adolescenziali (Nardone & Fiorenza, 1995). Il cardine della terapia (Scheda 3) è consistito nella ristrutturazione della diagnosi: abbiamo introdotto, quasi fosse un gioco di ruoli, una nuova realtà diagnostica proponendo di agire come se il disturbo di O. fosse un disturbo ossessivo-compulsivo. In questo modo, siamo passati da un labirinto senza via d’uscita ad uno dotato di un filo d’Arianna.
Proponendo ai genitori una sorta di gioco delle profezie abbiamo utilizzato la tecnica del come se sulla diagnosi (Nardone & Watzlawick, 1990; Watzlawick et al., 1974; Watzlawick, 1980).
Un breve estratto della 1a seduta:
“Vostro figlio vi propone dei giochi, io ve ne propongo un altro, ok? Mi sembra che il gioco a cui stia giocando tutto il mondo intorno a O., è partire dal presupposto che O. ha un disturbo mentale così grave, da essere trattato per questo disturbo mentale così grave che si chiama autismo … il gioco potrebbe essere cominciare a pensare che O. non è un autistico!? Questo per dirvi che il gioco che vi voglio proporre, è un gioco in cui ipotizziamo, per gioco, che vostro figlio non sia autistico; ma che abbia tutta una serie di disturbi, che possono essere cambiati attraverso delle strategie messe in atto, però attraverso voi. Però queste vi impegneranno”.
È superfluo notare che la suggestiva e ridondante modalità con la quale questa comunicazione è stata presentata è altrettanto, se non più, importante del contenuto proposto. Tale nuova profezia ha costituito una sorta di ipotesi operativa di intervento. Una ipotesi, però, che dischiudeva una luce in fondo al tunnel; non più un gioco convergente, in cui l’unica via d’uscita era la malattia mentale, ma un gioco divergente, in cui ad un certo punto si potesse smettere di giocare.

L’ulteriore provocatoria ristrutturazione è consistita nell’utilizzare il potenziale del problema contro se stesso: fu proposta l’idea che Ovidio fosse un mascalzoncello provocatore, e che proprio grazie a questo suo comportamento tenesse in ostaggio i genitori. Siamo poi passati ad una prescrizione comunemente utilizzata nel protocollo strategico di trattamento indiretto del disturbo oppositivo-provocatorio nel bambino (Nardone & Fiorenza, 1995): abbiamo chiesto alla madre di esigere in modo programmato, allo scoccare di ogni ora del giorno per cinque minuti, una “esibizione”, un “piccolo teatrino” che Ovidio doveva mettere in scena. Ritualizzare ancor di più i suoi rituali. Tale manovra segue la logica della prescrizione del sintomo (Watzlawick et al., 1971; Watzlawick, 1980; Anonimo, 2003): aggiungere legna per spegnere il fuoco.
Inoltre, abbiamo prescritto di evitare, nei restanti 55 minuti, ogni forma di intervento correttivo per far smetter i suoi rituali: una sorta di congiura del silenzio (Nardone & Watzlawick, 1990; Watzlawick & Nardone, 1997), osservare senza intervenire. In tal modo si evitava che la madre o il padre, “abboccando” alle continue provocazioni, potessero ulteriormente rinforzare l’utilità secondaria del sintomo.

Gli effetti della nuova profezia

Già nel corso della 2a seduta sono stati visibili gli effetti della nuova profezia (Scheda 4). I genitori hanno riferito, infatti, che O. aveva ricominciato a comunicare in modo comprensibile. Quando gli era stato chiesto in modo programmato di “fare il teatrino” il bimbo, inizialmente, ne era stato molto felice e si era impegnato nelle esibizioni, ma dopo le prime richieste aveva iniziato a mostrare un crescente rifiuto (il teatrino, non più spontaneo, non era poi così piacevole!). In effetti, ogniqualvolta la madre evitava di cedere al ricatto provocatorio e “psicotico” del figlio rispondendogli e tentando di farlo smettere, egli tornava ad una comunicazione comprensibile. Inoltre, il bambino si comportava in modo più affettuoso e calmo. La cosa dal nostro punto di vista più importante è che osservammo un nuovo orientamento verso aspettative positive: la madre aveva fatto esperienza diretta di poter gestire la sintomatologia del figlio, vedendo in questo modo una luce in fondo al tunnel. Questo miglioramento era stato notato anche in classe e riferito dalle insegnanti. Inoltre, cosa “buffa”, la madre ha iniziato a dare a noi una diversa immagine del figlio, come di un bambino intelligente e con le normali abilità dei coetanei, cercando di convincere noi della veridicità di questa nuova realtà percepita!

Il modellamento della nuova profezia

Dopo aver “scolpito” questa nuova realtà, la terapia è stata portata avanti per meglio modellare tale nuova profezia (Scheda 5).
Per quanto riguarda le prescrizioni, la richiesta programmata di esibizione è stata gradualmente dilatata a 2, 3, 4, 5 ore, ed è stato mantenuto il compito di incitare all’esibizione ogniqualvolta O. iniziava le sue provocazioni “psicotiche”. Nel tempo restante i genitori dovevano continuare a “osservare senza intervenire”. In quest’ottica è stata anche prescritta ai genitori la compilazione di un diario dei rituali osservati (compito che blocca l’intervento correttivo e al tempo stesso cambia la prospettiva di osservazione). Abbiamo poi aggiunto, per incentivare l’attribuzione di responsabilità al bambino, la prescrizione di un altro compito quotidiano: ogni giorno i genitori dovevano chiedergli un piccolo favore che avesse però un carattere di piacevolezza. Parallelamente, abbiamo dato indicazioni dirette, basate sulla stessa logica, alle insegnanti su come trattare O.
Al livello delle ristrutturazioni ci siamo invece focalizzati sul riorientare i fraintendimenti interpretativi del comportamento di O., sostenendo che il gioco dei personaggi immaginari andava considerato come un normale fenomeno ludico-esplorativo infantile e che non andava confuso con un sintomo psicotico dissociativo o con i rituali.
Abbiamo inoltre sempre più marcato l’interpretazione del problema di O. come un disturbo compulsivo provocatorio-oppositivo, e non come un tratto psicotico.
La rimozione dell’etichettamento patologico doveva inoltre passare attraverso la creazione di un differente contesto socio-interattivo intorno ad O. A tal fine abbiamo suggerito ai genitori di iniziare a presentare una nuova immagine del figlio, come quella di un bambino che aveva avuto in passato dei problemi che ora stava risolvendo con successo.

L’obiettivo finale è stato quello di ottenere un cambiamento istituzionale della diagnosi. Tale scopo è stato raggiunto in un modo indiretto e paradossale: è stata certificata la necessità di O. di avere un insegnate di sostegno, pur essendo egli in fase di superamento dei problemi precedenti. Fortunatamente la burocrazia del nostro sistema sanitario è sensibile ai paradossi, e naturalmente certificò la non ammissibilità della richiesta, cambiando conseguentemente la diagnosi.
Ovidio oggi ha interrotto le esibizioni compulsive e provocatorie; è tornato ad una comunicazione comprensibile e ad interagire con i compagni, iniziando anche a praticare uno sport sociale; non è più seguito da insegnanti di sostegno, ma, cosa più importante, non è più considerato un bambino autistico e psicotico. Presenta ancora un ritardo nell’acquisizione dei contenuti scolastici, se paragonato ai coetanei, ma questo deve essere ora considerato un problema pedagogico, non più psicopatologico.

Sulle diagnosi anti-terapeutiche

Alcuni mesi or sono, uno degli autori partecipò ad un importante congresso italiano di neuroscienze. Venne presentato, tra i vari seminari, il lavoro di un gruppo di psichiatri sull’epidemiologia della malattia mentale.
Lo scopo della ricerca era quello di confrontare l’incidenza territoriale (si trattava di un comune vicino Firenze) dei disturbi mentali in due gruppi di persone: un primo gruppo era costituito da pazienti diagnosticati e in trattamento presso i centri di igiene mentale della zona; il secondo gruppo era formato da persone scelte a caso e intervistate con una batteria testistica ad ampio spettro per evidenziare la presenza di eventuali psicopatologie. Le stesse persone di entrambi i gruppi furono testate una prima e poi una seconda volta a distanza di 6 mesi.
Ebbene, l’incidenza di disturbi mentali risultò essere assolutamente comparabile… ciò che cambiava era la prognosi, che era paradossalmente più favorevole nelle persone non diagnosticate né trattate.

Scheda 1. La definizione del problema

•Diagnosi di autismo e tratti psicotici.
•Comunicazione incomprensibile. Cantilene, ripetizione compulsiva di formule verbali, soliloqui a voce alta con un amico immaginario, stereotipie verbali e comportamentali.
•Evitamento delle interazioni sociali con i compagni; comportamenti aggressivi o provocatori verso gli adulti e gli estranei.

Scheda 2. Le tentate soluzioni

•Interventi punitivi e correttivi allo scopo di far cessare il comportamento anormale.
•Delega a figure istituzionali per la gestione del bambino e per la soluzione del problema (insegnanti di sostegno, neuropsichiatri infantili, psicologi, maestre).
•Psicoterapia individuale.
•Esteso parlare del problema all’interno e all’esterno della famiglia.

Scheda 3. Cambiare la profezia

Ristrutturazione della diagnosi con la tecnica del come se la nuova profezia è “disturbo ossessivo-compulsivo”, un gioco divergente.
Prescrizione del sintomo esibizioni programmate ad ogni ora per 5 minuti.
Congiura del silenzio osservare senza intervenire.

Scheda 4. Gli effetti della nuova profezia

•Ritorno ad una comunicazione comprensibile.
•Diminuzione delle esibizioni “psicotiche”.
•Nuovo ri-orientamento verso aspettative positive.

Scheda 5. Modellare la nuova profezia

Prescrizioni
•Graduale diminuzione della richiesta di esibizione: ogni 2, 3, 4, 5 ore.
•Incitare all’esibizione ogni qualvolta O. iniziava a mettere in atto una provocazione.
•Osservare senza intervenire.
•Diario dei rituali.
•Attribuzione di piccole responsabilità.
•Indicazioni dirette alle insegnanti sulle modalità di interazione con O.

Ristrutturazioni
•Problema di O. come disturbo provocatorio-oppositivo, non come tratto psicotico.
•Personaggi immaginari come normale gioco nell’infanzia, e non come fenomeno dissociativo.

Effetti
•Eliminazione dell’etichettamento patologico.
•Cambio di diagnosi.

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