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Salute

Bambini Asmatici e Qualità di Vita

Premessa
 
La qualità della vita del bambino asmatico ed allergico è un tema di preoccupante attualità, che coinvolge in maniera diretta il malato e la sua famiglia, il medico e tutti coloro che hanno la responsabilità di tutelarne ed assicurarne il benessere.
In generale qualsiasi tipo di intervento sui bambini in ospedale è causa di sofferenza e spesso interviene sull’integrità fisica e sul processo evolutivo, così da poter rappresentare presenti condizionamenti dello sviluppo psichico e relazionale. Gli interventi istituzionali tendono a costituire una rete di azioni coordinate da parte dei genitori, operatori sanitari, medici e psicologici per garantire ai bambini una serena continuità degli standard di vita in famiglia, nel gioco e nelle relazioni amicali. Il diritto del bambino è  essere riconosciuto come persona.
Quanto indicato dalla Convenzione dei diritti dell’infanzia è disatteso da parte di molti paesi (e non solo da quelli che hanno maggiori problemi economici e sociali); l’infanzia ancor oggi è poco rispettata e continua a subire violenze fisiche, psicologiche, sociali.
La violenza e l’abuso verso l’infanzia presentano molte variegate sfaccettature: dalla violenza fisica a quella psicologica, dall’emarginazione sociale allo sfruttamento.
Ci sono state numerose definizioni di “abuso”. Quanto indicato dal Consiglio d’Europa sembra essere, pur nella sua sinteticità, la più esaustiva, definendo l’abuso come “tutti quegli atti e carenze che possono turbare gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, intellettivo, morale”.
Alfredo Carlo Moro ha osservato come, in questi ultimi anni, si sia assistito a un progressivo aumento dell’attenzione dei media e dell’opinione pubblica verso l’abuso e la violenza sessuale nell’infanzia. “Il bambino che viene oggi ossessivamente preso in considerazione dall’opinione pubblica è sempre e solo quello sessualmente abusato, sadicamente maltrattato, drammaticamente abbandonato. Il bambino comune, con le sue ordinarie e spesso traumatiche difficoltà di crescita, con la sua sostanziale solitudine, è, di fatto, assente ed il messaggio che viene quotidianamente veicolato è che il bambino o è gravemente maltrattato da un mondo crudele o è, se ciò non avviene, sempre un bambino felice e senza problemi” (Moro, 1999).
Questo aspetto è un tema poco trattato in letteratura poiché l’intervento medico in ospedale, proprio per le sue peculiarità, è costretto sovente ad agire sull’integrità fisica di un bambino; spesso alcuni interventi determinano rallentamenti nella crescita fisica intesa nella sua globalità, con possibili conseguenze per lo sviluppo psicologico e relazionale.
In questa realtà, è possibile che in un contesto di non rispetto dei bisogni principali del bambino malato ed ospedalizzato, al peso derivato dallo stato di malattia, si aggiunga quello originato da un comportamento degli adulti non attento ai suoi bisogni, necessità, diritti. Tale non rispetto può determinare delle conseguenze che, pur difficilmente individuabili e valutabili, possono causare una profonda sofferenza per il bambino (Moro, 1999).
 
Le implicazioni psicologiche, emotive e sociali nel trattamento del bambino asmatico.
 
Promuovere la salute, in età pediatrica, per una specifica patologia può comportare la necessità di intervenire sullo stile di vita. L’asma insieme alle ben precise caratterizzanti di natura medica manifesta una serie quanto mai ricca di correlati e vissuti psicologici, che si rendono responsabili, in parte, della comparsa del disturbo, della sua persistenza e della sua intensità. In quanto malattia cronica ad inizio infantile, può produrre reazioni di adattamento emozionale e di personalità in modo più accentuato rispetto a malattie che insorgono in età adulta; sono proprio queste stesse caratteristiche che rendono più intense e significative le reazioni dell’ambiente familiare sul malato.
In primis bisogna chiarire che il problema, davanti ad una malattia grave e cronica, è sempre duplice: quello dell’investimento da parte del bambino di un corpo il cui funzionamento è “difettoso” o in “pericolo” e quello dell’investimento da parte dei genitori di un bambino malato. Le reazioni del bambino di fronte alla patologia dipendono innanzitutto dall’età e dalla comprensione che il bambino può avere della propria malattia. Prima dei 3-4 anni, la malattia è difficilmente riconosciuta come tale, ciascun episodio è vissuto per suo conto separatamente: il bambino è sensibile alle separazioni, alle ospedalizzazioni e alle “aggressioni” subite. Mentre fra i 4 e i 10 anni la malattia è da principio, come ogni episodio acuto, l’occasione di una regressione più o meno profonda e duratura.
Di fronte alla continuità della malattia il bambino promuove delle difese che si possono grossolanamente ripartire secondo tre modalità:
·                     La modalità di opposizione: il bambino si oppone alle limitazioni che impone la malattia. Questa negazione può essere imponente e pesante, con crisi di collera e impulsività o più modulato sotto forma di rifiuto delle difficoltà.
·                     La modalità della sottomissione e dell’inibizione: la malattia può accompagnarsi ad un vissuto depressivo a cui partecipa “la ferita narcisistica” spesso sotto  forma di vergogna del proprio corpo e sentimento di colpa. L’inibizione che oltre ad essere psichica (incapacità a comprendere la malattia) è anche fisica (passività e accettazione della dipendenza) rischia di portare ad una inibizione intellettiva come ad esempio l’insuccesso scolastico.
·                     La sublimazione e la collaborazione: sono i meccanismi difensivi più positivi. Vi può essere una identificazione con l’aggressore benefico (il medico), caso più frequente, oppure una identificazione positiva talvolta con un genitore colpito dalla stessa malattia. La possibilità di dare al bambino la più larga autonomia conciliabile con una presa in carico del suo trattamento va nel senso di queste difese. È così nell’asma giovanile, quando il bambino può misurare da solo il suo respiro avendone il controllo della situazione, o nel diabete giovanile insulino-dipendente quando il bambino può farsi lui stesso le iniezioni (Cazzullo, 1999).
 
In particolar modo, per quanto riguarda il bambino asmatico, le conseguenze psicologiche e comportamentali del disturbo, risultano essere di notevole interesse poichè sottolineano l’importanza che riveste il ruolo dell’ aiuto psicologico per questi pazienti che, se pur non possono essere classificati in una determinata categoria diagnostica, presentano comunque caratteristiche peculiari a cui occorre fare attenzione in quanto influiscono su vari aspetti delle cure, quali la compliance e la calma necessaria per affrontare tali situazioni di crisi (Battistini 1990).
I disturbi respiratori sono stati interpretati in modo differente dai vari specialisti che hanno trattato tale disturbo. L’asma è una delle più frequenti malattie croniche dell’infanzia, si stima che la percentuale di bambini asmatici sia del 10-15% della popolazione infantile con prevalenza del sesso maschile. E’ una condizione morbosa caratterizzata da attacchi ricorrenti di dispnea (indice di ventilazione inefficace o di bassa pressione di ossigeno nel sangue circolante), con reperto ascoltatorio di sibilli provocati da costrizione spasmodica dei bronchi (Miller, Keane,1983).
L’asma è una malattia che altera il respiro e invalida la qualità della vita (Juniper, Fabbri, Boner, 1999). A mio avviso, l’affermazione potrebbe in un primo momento sembrare alquanto “forte” ma in realtà, credo che voglia solo rendere giustizia alla frase “IL RESPIRO E’ VITA”. Con tale dichiarazione bisognerebbe guidare, con gli adeguati trattamenti medici e psicologici, i bisogni di ogni singolo paziente. Di conseguenza se il medico non può guarire del tutto il proprio malato deve sicuramente lenirne le sofferenze nel momento in cui tale miglioramento definitivo non fosse possibile.
Il paziente asmatico esprime un messaggio unico e irripetibile, trattiene l’aria dentro di sè o tenta di farlo il più possibile, avendo la sensazione di essere sopraffatto da un evento che sfugge completamente al suo controllo. Nei pazienti asmatici i sintomi più comuni quali ad esempio la tosse, la dispnea, le turbe del sonno conseguenti ai sintomi respiratori notturni, riflettono la gravità della malattia evidenziandone le limitazioni che questi sintomi impongono al paziente nella sua quotidianità. Tali sintomi quindi, hanno un notevole impatto psicologico e, possono imporre dei “freni” nelle abituali attività di ogni giorno in grado di portare a gravi disagi.
Ricerche effettuate da Fabre Ortiz, Caraballo Pupo et al. (2005) presso l’Ospedale Pediatrico di Juan Manuel Marquez, hanno mostrato interessanti risultati dove si mettono in evidenza nel periodo dell’ospedalizzazione, fattori psicologici come l’ansia e di come quest’ultima  agisca da fattore predittivo nei bambini asmatici al 92%. Tali risultati si possono riscontrare anche negli studi condotti presso l’Università di Instambul nel Dipartimento di Pediatria, dove lo studio di 55 bambini asmatici e relativo gruppo di controllo, nel lavoro di ricerca, ha evidenziato un’alta ansia e rilevanti sintomi depressivi nei bambini con asma moderata e asma acuta. Inoltre, è anche emerso, dalla ricerca una significativa correlazione tra l’ansia del bambino asmatico e  l’ansia materna (Akcakava, Avdogan, Hassanzadeh, Camcioglu e Cokugras, 2003). In ultima analisi, risultati di studi condotti presso l’Università di Kentucky, inerenti allo sviluppo dell’ansia del bambino asmatico dimostrano come  i bambini con una buona concezione del sè e una maggiore abilità nel controllare la loro salute hanno sintomi d’ansia più contenuti, rispetto a bambini con poca autostima e autoconsapevolezza (Burkhart e Rayens, 2005).
Per quanto concerne la famiglia nella gestione della malattia, l’analisi della letteratura mette in luce la necessità della partecipazione se non dell’accettazione da parte della famiglia e/o del bambino affetto dalla malattia: “L’asma non ha un andamento sempre prevedibile,…non è possibile discutere a priori ogni possibile evento, quindi persone affette da asma devono spesso prendere decisioni riguardo la loro malattia da sole (Clark, Gotsch, Rosenstock, 1993)”. Questo suppone appropriate conoscenze riguardo le cause, i meccanismi patogenetici, la prevenzione e la terapia. L’aumento delle conoscenze implica il miglioramento della gestione, se: porta con sè un adeguato contenuto emotivo; se non viene assunto un comportamento colpevolizzante nei confronti di chi riceve l’informazione; e se oltre alle spiegazioni si riesce ad introdurre la speranza. Altro presupposto
per arricchire le conoscenze è sicuramente l’accettazione da parte dei genitori nei confronti della malattia e allo stesso tempo la capacità di non riportare il tutto a questo problema. Inoltre la presenza di un bambino con qualche disagio, come quello dell’asma, incide fortemente anche sul rapporto di coppia, influenzandone molte volte l’intimità, non di meno risulta essere marginale l’influenza sui processi decisionali e sulla comunicazione. Allo stesso tempo, la malattia cronica si ripercuote in modo alquanto rilevante anche sulla vita sociale e sul bilancio economico familiare, sui fratelli sani e sull’adattamento individuale dei vari membri (in particolare della madre). Anche in letteratura si è riscontrata l’importanza di tali dinamiche familiari e, a tale proposito, ricordiamo una ricerca di studio condotta presso l’Ospedale di Toronto in Canada, la quale ha rilevato come le “preoccupazioni” (economiche, di cambiamento e di salute) dei singoli membri di famiglie (a basso reddito) del bambino asmatico, riportavano dati dove l’ansia appariva significativamente alta. Allo stesso tempo mostrava come l’avere accesso a benefici di medicazioni da parte dell’assistenza Sanitaria, avrebbe invece, un impatto notevolmente positivo sulla qualità della vita di tutta la famiglia (Ungar, Macdonald, Cousins, 2005). Nella famiglia dell’asmatico, come in tutti i nuclei in cui è inserito un membro che ha particolare bisogno di cure, esiste una condizione emozionale stressante. La famiglia provvede alla crescita, al benessere fisico ed al consolidamento dei legami affettivi dei membri che la compongono. Questi compiti diventano più ardui e fonte di maggiore stress per i nuclei che comprendono un bambino con malattia cronica: in questo caso la malattia colpisce tutta la famiglia. La grande maggioranza degli studi è d’accordo nel riconoscere l’estrema importanza delle reazioni familiari nell’equilibrio ulteriore del bambino malato, le reazioni di angoscia e di abbattimento estreme fino al panico o alla collera sono abituali al momento della notizia della malattia.
La turba frequente del narcisismo parentale si focalizza intorno alla questione dell’eziologia e dell’eredità: vengono elaborate dai genitori teorie eziologiche talvolta molto fantasiose per negare ogni responsabilità ereditaria o al contrario per fare assumere tutto il peso della trasmissione della “imperfezione” all’uno dei due. Le reazioni difensive costituiscono la prima espressione del senso di colpa costante delle famiglie: questo esaspera le reazioni di ambivalenza verso il piccolo paziente e spiega in parte le attitudini descritte in tutte le malattie croniche: iperprotezione ansiosa, rifiuto, negazione onnipotente della malattia o del ruolo dei medici. In generale la famiglia attraversa queste diverse modalità prima di arrivare nei casi migliori all’accettazione tollerante e realistica della malattia (Cramer, Feihl, Palacio Espasa, 1979).
Per quanto concerne la diade madre-bambino, è generalmente noto che le irrealistiche deformazioni di questa interazione  svolgono un ruolo importante nell’asma dell’età infantile. A tale proposito, dal lato psichico, manchevolezze e scontentezze nel primo rapporto madre-bambino sono vissute con eccessiva ansia, esagerata indulgenza o atteggiamento iperprotettivo da parte del genitore. Il bambino asmatico controlla e aspetta che il suo respiro diventi sempre più affaticante, come se la sua angoscia aumentasse parallelamente al disturbo acuto, per poi divenire opprimente durante l’attacco. È  all’apice di questa angoscia il bambino si rivolge alla mamma per averne aiuto, difesa e protezione nonostante sia cosciente che il più lieve ansimare in presenza della madre susciti in lei la stessa angoscia del figlio. Tale reazione comune intensifica il legame eccessivo tra madre e bambino. Il quadro del bambino asmatico evidenzia problemi di dipendenza materna, caratterizzati simbolicamente dal rifiuto della respirazione ritmica e regolare diaframmatici. Il piccolo paziente pur soffrendo nella sua condizione di mancata indipendenza che persiste nel suo disagio, se ne immerge nella dipendenza. In conclusione, il rapporto di dipendenza con la madre, caratterizza il vissuto psicologico del bambino asmatico (Freud, Bergmann, 1974).

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Francesca Lecce

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