La disciplina che studia le condizioni e l’ambiente di lavoro per adattarli alle esigenze psico-fisiche del lavoratore ( dal greco “érgos”- lavoro e “nomos” – norma, regola) è chiamata ergonomia.
La parola ergonomia fu coniata nel 1949 volta ad idealizzare e concentrare lo studio dei limiti delle possibilità umane e l’applicazione di questo studio in tutte le situazioni in cui l’uomo risulta coinvolto nel corso della sua esistenza.
Si pronuncia a proposito E.Grandjen: “ I problemi ergonomici non sono nuovi; gli uomini hanno sempre cercato di alleviare le fatiche del lavoro progettando degli strumenti pratici.
Gli utensili di ieri oggi sono macchine, dispositivi elettronici, impianti chimici o nastri trasportatori. Alle mani sono rimaste pochissime funzioni creative; per contro le infinite funzioni del cervello sono sempre più sfruttate. Il cambiamento delle condizioni di lavoro ha imposto alla scienza di confrontarsi, in maniera sistematica, con la nuova situazione: così è nata l’ergonomia”.
Questa è una delle tante alternative possibili per definire l’ergonomia, che risulta sempre maggiormente un campo interdisciplinare talvolta sconosciuto (in parte) ma altresì stimolante alle più svariate aree di ricerca e sviluppo (psicologia, antropologia, fisiologia, ingegneria, sociologia, biomeccanica, ecc.).
All’inizio l’area di indagine della materia riguardava l’incremento di produttività, oggi gli scopi sono cambiati, infatti le ricerche hanno come obiettivo la riduzione della fatica nel lavoro, l’adattamento scientificamente corretto dell’ambiente lavorativo ( e non solo) nelle dimensioni e nel microclima, nel rumore e in tutte le condizioni ambientali nelle quali l’uomo, i gruppi, sono fisiologicamente e psicologicamente esposti per gran parte del proprio vissuto.
(Nemo psychologus nisi physiologus- Nessuno è psicologo se non è anche fisiologo. –Johannes Müller 1801-1858-)
Oltre a queste due concezioni di operare con e per l’Uomo, va preso in considerazione lo studio dell’anatomia, in particolare dell’antropometria e della biomeccanica, la fisiologia del lavoro e la fisiologia ambientale.
Di particolare interesse risulta la teoria dei sistemi cioè lo studio della totalità, eseguito a partire dalla Teoria dei tipi logici di B. Russell e la Psicologia sistemica elaborata dal biologo austriaco L. von Bertalanffy, secondo il quale tutto è comunicazione, anche l’apparente non comunicazione.
Un sistema è dato da un qualunque aggregato fisico, astratto nel quale gli elementi sono connessi da una relazione causa-effetto.
Il funzionamento del sistema è connesso a due tipi di cause.
Esterne: sono manipolabili, che generano i vari comportamenti del sistema.
Interne: intrinseche al sistema, legate di solito alle situazioni precedenti all’inizio delle sollecitazioni.
Risulta interessante comprendere ciò che il Comitato della Salute Pubblica, unitamente all’Ufficio Internazionale del Lavoro e all’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella prima Sessione di Lavori nel 1950, ritiene come principali finalità di questo campo di ricerca dell’igiene del lavoro:
– promuovere e mantenere il più efficiente possibile lo stato di salute fisica e mentale del lavoratore;
– prevenire l’insorgere delle malattie professionali;
– prevenire gli infortuni sul lavoro;
– mantenere le condizioni ambientali del lavoratore ad un alto livello di salubrità fisiologica e psicologica;
– adattare l’ambiente di lavoro all’uomo e fare in modo che ciascun uomo esplichi il lavoro piu’ adatto alle sue capacità ed aspirazioni.
L’idea stessa di ergonomia era già concettualizzata alla fine del ‘600, percorrendo la storia della medicina del lavoro, in particolare la figura di Bernardino Ramazzini, professore presso l’Università di Medicina di Modena e Padova il quale era ben consapevole del danno che certe condizioni di lavoro generano negli operai e insegnò ai suoi allievi ad aggiungere sempre una domanda in più a quelle fatte al loro paziente: “ Dove lavori?”.
Non furono soltanto i danni della salute dovuti a sostanze e materiali nocivi, Ramazzini occupò buona parte del suo famoso trattato: “Prevenzione della salute” per le considerazioni sulle condizioni ambientali del lavoratore ed in particolare della postura richiesta dal lavoro stesso.
Lui stesso si fece promotore di una Medicina che vada a perseguire nei riguardi del lavoratore tutti quegli obiettivi che rendano possibile il lavoro senza danno per la salute.
Passò più di un secolo prima che Charles Turner, considerato oggi uno dei fondatori della Medicina del Lavoro in Inghilterra, continuasse e estendesse questi concetti: “ l’operaio gode meno considerazione della macchina; questa è oggetto di frequenti revisioni, del primo nessuno si occupa “.
Nei confronti del lavoro di sarto Turner scrisse: “ sedendo ogni giorno in uno spazio angusto e spesso in una stanza molto affollata, con le gambe accavallate, con la spina dorsale curva, egli respira male, il sangue circola con difficoltà, la digestione è imperfetta. Infatti noi non vediamo mai sarti in buone condizioni fisiche e con sviluppo armonico delle masse muscolari. Come possiamo porre rimedio a questi inconvenienti? Per esempio modificando la circonferenza del tavolo ed il sedile in modo che gli occhi e le mani siano sufficientemente vicini al piano di lavoro e la sua spina dorsale non sia piegata innaturalmente ed il petto e l’addome non siano schiacciati “.
In Danimarca nel 1952, proprio dopo i suggerimenti di Turner, venne emanata una norma nei riguardi della posizione del lavoro di sarto in diverse industrie; 250 anni dopo che Ramazzini esaminò per primo questo tipo di problema.
Si intuì così la necessità di formare e sensibilizzare i capi, i lavoratori ed i legislatori ad avere sempre come obiettivo supremo la prevenzione; l’argomento non riguarda solo la Medicina, ma anche l’Ingegneria in tutte le sue specializzazioni, le Direzioni nelle Officine e le Scienze Sociali.
In particolare la Scienza medica Industriale nei suoi aspetti preventivi nei confronti del rumore, del microclima, di ogni altra condizione stressante, coincide esattamente con le esigenze ergonomiche.
Trovare esempi del modo in cui macchinari, attrezzi, utensili esercitano influenze sull’operatore non è difficile; molte sono le attrezzature che impongono spesso posizioni e movimenti obbligati.
Il senso di adattamento dell’uomo è davvero elevato; infatti possiede la possibilità di adeguarsi alle condizioni di lavoro più varie; questo fa si che la determinazione delle soglie fisiologiche per la fatica e la sicurezza siano difficili da individuare.
L’analisi critica sugli effetti della postura e dei movimenti di determinati posti di lavoro si fonda sull’esistenza del concetto di buona e cattiva posizione e sulla possibilità di condizioni di lavoro ottimali.
Posture anormali sono quelle che obbligano l’operatore ad assumere posizioni scomode con elevato dispendio di energia statica.
Richiamare l’attenzione sullo studio sistematico degli effetti favorevoli di alcune innovazioni non è molto diffuso, specie nei settori industriali, i giudizi sono comunemente basati più sul buon senso che su prove empiriche.
L’ergonomia può dare un valido contributo al soddisfacimento di questa esigenza anche utilizzando e valutando i dati statistici, basati su osservazioni sperimentali. In questo modo potrà essere valutata con esattezza l’efficacia della variazione di un procedimento tecnologico.
Lo strumento di lavoro che ha maggiormente richiamato l’attenzione dei progettisti è la macchina da scrivere, sia per quanto riguarda il disegno della tastiera, sia la disposizione della tastiera.
Notevoli sono stati gli studi sul carico delle dita e sull’evoluzione del piano di lavoro: si è considerata una uniformità nella distribuzione del carico delle dita, eccezion fatta per il mignolo che sopporta il minor carico; inoltre è stata ravveduta la debolezza dell’anulare dovuta alla sua posizione anatomica.
E’ dimostrato che i rapidi movimenti delle mani sulla tastiera, sia del pianoforte che della macchina da scrivere, sono di tipo “balistico”.
L’azione muscolare si verifica prima del movimento che è molto breve, e questo persiste anche dopo la cessazione dell’azione muscolare.
Le dita e la mano sono scagliate sulla tastiera e sono arrestate dall’azione antagonista del muscolo e dalla resistenza della tastiera stessa.
Poiché vi è una diffusa tendenza di introdurre le tastiere per l’azionamento di macchine e di segnalatori negli uffici e nelle fabbriche, è importante che le tastiere e le pulsantiere siano adatte per l’utilizzazione da parte dell’uomo.
L’uomo è la sorgente di energie e resterà tale nonostante il perfezionamento e la creazione di nuove macchine e nuovi utensili.
Quale può essere la mole di lavoro che un uomo può fornire in maniera costante giorno dopo giorno, settimana dopo settimana?
Sono state condotte numerose ricerche circa il dispendio energetico rapportato ai diversi tipi di lavoro; furono presi in considerazione consistenti dati relativi alla fatica e al recupero.
La bioenergetica è una parte importante dello studio dell’ergonomia e malgrado la meccanizzazione e l’automatizzazione, lo sarà per molto tempo ancora; la misura del dispendio energetico offre una valida metodologia per valutare l’efficacia di migliorie tecniche.
Max Planck e un suo studio sui sedili dei trattori illustra bene questo concetto: il corpo umano da un punto di vista tecnico è un trasformatore di energia, il lavoro eseguito fa variare quindi il rendimento del corpo stesso; ad esempio sollevare pesi è un sistema improduttivo di lavoro, migliore risulta spendere le proprie energie andando in bicicletta.
In fabbrica la funzionalità delle informazioni arriva ad incrementare l’indice produttivo, diminuisce gli errori, migliora la qualità del lavoro, aumenta la sicurezza e diminuisce la fatica.
La casalinga o l’autista possono essere condizionati nello svolgere il proprio mestiere, dal tempo a disposizione e dal carico di lavoro necessario.
La fatica può essere assottigliata se si ha la possibilità di poter disporre delle migliori condizioni di lavoro possibili: per la casalinga importante sarà la disposizione dei piani di lavoro, per l’autista una razionale vettura e un comodo sistema stradale.
Questo discorso ci porta a comprendere come i rapporti uomo-macchina interessino in maniera più o meno diretta anche la cibernetica di Norbert Wiener.
La limitazione della possibilità di risposta dell’uomo alle diverse informazioni costringe alla ricerca dei migliori sistemi affinché questi input possano essere correttamente interpretati.
Le macchine dovrebbero essere costruite in modo da far giungere sempre all’uomo un’informazione utile ed efficace anche in situazioni di emergenza.
Questo può avvenire solo quando la macchina è stata progettata in senso ergonomico.