Viviamo nell’era di Internet, comunicando in videoconferenza, ed in tempo reale, con ogni abitante del globo si sia preso la briga di installare l’apposito software sul computer. I nostri figli sono più disinvolti ad inviare un sms che ad allacciarsi le scarpe. Eppure, vi è grande incomprensione nei rapporti tra persone.
Perché sono più gli umani che non capiscono le intenzioni dei propri conspecifici dei leoni o delle scimmie?
In natura, comunicare efficacemente un pericolo, una fonte di cibo, un atteggiamento di sottomissione significa vivere o morire. Ed ogni specie animale ha i propri mezzi espressivi, efficacissimi: usando perfettamente il linguaggio del corpo, la comprensione è perfetta.
Anche nella comunicazione tra uomini il linguaggio non verbale è di fondamentale importanza: Albert Mehrabian, uno dei primi studiosi di comunicazione, già negli anni ’50 scoprì che nella comprensione di un messaggio, solo il 7% dipende dalle parole, il 38% dal linguaggio para-verbale (tono di voce, inflessione), ed il restante 55% dipende dal non verbale.
Ciò significa che conta molto di più come diciamo una cosa (il 93%) piuttosto che cosa diciamo (solo il 7%): peccato che l’evoluto animale-uomo, capace di esprimersi con un sistema così articolato e complesso come il linguaggio verbale, abbia perso la capacità conscia di usare quello non verbale!
Se a ciò si aggiunge il fatto che comunichiamo continuamente (…anche il silenzio comunica…) e che il 95% circa dei nostri comportamenti sono inconsci, e dunque emergono involontariamente, ben si comprende la difficoltà di comprensione tra soggetti spesso presente nella società.
Parlando per metafore, è come andare in giro con un bambino piccolo e chiacchierone per mano, che dice continuamente ciò che pensa a tutti e su tutto… e chi ha fatto questa esperienza sa quanto possa essere socialmente pericoloso!
Imparare a decifrare il linguaggio del corpo significa riappropriarsi di quella parte istintiva e naturale della comunicazione che consente di entrare in diretta sintonia con noi stessi e con gli altri. Personalmente, il modo più diretto, veloce ed efficace che io conosca per riscoprire il linguaggio non verbale è osservare la comunicazione tra animali: essi comunicano continuamente e quasi esclusivamente da migliaia di anni con il linguaggio del corpo, usando la forma di comunicazione più istintiva, universale e naturale oggi esistente … e non si registrano casi di facoceri incompresi o di ornitorinchi sottovalutati!
La storia dell’uomo è strettamente collegata al bisogno di usare, domare, ammansire, allevare gli animali, utili come mezzi di sopravvivenza, di lavoro e di trasporto. Ed il rapporto con il cavallo, simbolo di forza, potenza, libertà, ha da sempre suscitato particolare emozione ed attenzione: cavalcare era determinante per i trasporti, le battaglie, l’allevamento del bestiame.
Trasformare i cavalli liberi in fidi destrieri era un bisogno fondamentale: sin da epoche antiche, vi è stato chi ha usato la forza e la violenza, e chi ha tentato un approccio diverso.
Gli Indiani d’America furono tra i primi popoli ad entrare in armonica simbiosi con i cavalli: particolarmente sensibili ed attenti al mondo naturale, erano in grado di instaurare con i propri animali rapporti molto intensi, di fiducia, amore e rispetto reciproci, montando a pelo in tutta sicurezza gli esemplari abbandonati dai cow-boys perché considerati indomabili o inutilizzabili.
Oggi, Monty Roberts è considerato uno dei più famosi horse-man (= lett. “uomo di cavalli”) esistenti: diventato celebre per aver domato cavalli “pazzi, indomiti, ribelli”, ha tra i propri clienti anche la Regina di Inghilterra, la quale, amante dei cavalli, ha deciso di usare nelle scuderie reali esclusivamente tale sistema.
Roberts ha dedicato la propria vita ad ascoltare i cavalli ed a comunicare con loro. Assistere ad una sua manifestazione è sempre un’emozione: il pubblico conduce nel recinto dov’è Roberts cavalli difficili, ribelli, pericolosi. E, in mezz’ora, il cavallo si calma, abbassa la testa, segue Monty e si fa docilmente montare.
L’unica alchimia che questo uomo di cavalli utilizza è la comunicazione: utilizzando la “lingua” equina, prima mostra al cavallo che si può fidare di lui, poi ne ottiene il pieno rispetto ed infine esercita una leadership gentile e sicura.
Ed invariabilmente, ogni animale lo sceglie come capo-branco, riconoscendogli spontaneamente quell’autorità e quel rispetto che lo portano ad adeguarsi immediatamente e naturalmente al suo volere.
Il cavallo è per natura spinto ad adeguarsi agli ordini del capo-branco, unico modo che ha per rimanere inserito nel branco e quindi per sopravvivere: i cavalli disubbidienti, pericolosi, sono cavalli che hanno perso la fiducia nell’uomo, arrabbiati. Il loro livello di malessere, di insicurezza, di sofferenza è molto alto.
Per imparare a comunicare con i cavalli occorre imparare ad osservare il movimento corporeo proprio ed altrui, ad interpretare il silenzio, a rispettare tempi, individualità e ritmi naturali, ad uscire dalla propria mappa di mondo per dare spazio alle altrui, a superare le proprie barriere comportamentali e comunicative, i propri limiti, diventare esperti in rapport e modellamento, lasciare emergere la propria naturale leadership.
E quando, padroneggiando tali tecniche ed abilità, si mette in scena in un recinto quella particolare danza su cui si basa la comunicazione con il cavallo, rispettandone i movimenti, le modalità ed i tempi, vivendo la magia di percepire il momento giusto per fare la cosa giusta, e si gode l’emozione che regala la scelta del cavallo di seguirci e di rispettarci, ci si accorge della strada che si è compiuta nel prendere coscienza del linguaggio corporeo, nostro ed altrui.
Imparare a rapportarsi con i cavalli utilizzando la loro lingua significa instaurare un rapporto intenso, profondamente gratificante per cavallo e cavaliere.
E significa anche scoprire di aver instaurato un rapporto intenso con la nostra parte più intima e profonda. E di essere in grado di entrare in profonda sintonia con chi ci circonda.