Istruire i bambini e garantire un corretto sviluppo delle loro competenze, lavorando in contesti educativi che espongono i piccoli allievi a situazioni di rischio e stress, rappresenta la sfida più difficile che le scuole pubbliche e la società contemporanea si trovano ad affrontare.
Le relazioni tra bambini e adulti sono una risorsa fondamentale per lo sviluppo, lo formano e lo modellano: nei primi anni le relazioni con gli adulti, principalmente con i genitori, formano l’infrastruttura dello sviluppo che costituirà la base di tutte le attività in cui il bambino sarà coinvolto quando entrerà a scuola. Negli anni della scuola tale infrastruttura viene ulteriormente elaborata e ampliata, ma il suo procedere regolare può essere ostacolato da eventuali cambiamenti nelle relazioni( per esempio morte di un genitore, depressione di un genitore, divorzio dei genitori..), è a questo punto che l’insegnante entra in scena, in particolare la sua relazione coi bambini rappresenta una potenziale risorsa per migliorare esiti evolutivi.
Ogni docente possiede uno stile educativo legato alla propria personalità e alle proprie convinzioni, all’identità psicologica, alle conferme e disconoscimenti sociali e affettivi legati a questi comportamenti.
Gli alunni sono anch’essi un universo inafferrabile di caratteri, aspirazioni, desideri e disagi.
Compito proprio dell’insegnante è quello di mediare la conoscenza, al fine di permettere l’avvicinamento ad una disciplina e favorirne l’acquisizione dei nuclei fondanti che la costituiscono. Se l’insegnante si pone come mediatore didattico e non come trasmettitore di saperi deve far sì che l’alunno sia in grado di scoprire e dare senso a ciò che fa, quindi di appassionarsi ai saperi.
Non c’è apprendimento senza coinvolgimento emotivo, ma è vero anche il contrario: non c’è reale coinvolgimento emotivo senza apprendimento.