In un percorso di counseling, attraverso le tecniche della Gestalt o della PNL, l’obiettivo dell’integrazione degli opposti è una delle mete che viene spesso perseguita, per ottenere il ben-essere dell’individuo.
Dato che “Non sono i fatti che turbano la mente degli uomini, ma è il giudizio che gli uomini esprimono sui fatti a turbare la loro mente” (Epitteto 120-50 a. C.), ecco che con metodologie un po’ diverse si cerca di portare alla consapevolezza che non tutto ciò che giudichiamo “un male” è realmente pericoloso e che non tutto ciò che giudichiamo “un bene” è realmente vantaggioso.
Del resto anche con l’Analisi Transazionale la maturità e la libertà dell’individuo si raggiungono quando le figure del genitore e del bambino si integrano fondendosi nella figura dell’adulto che vive con consapevolezza nel qui e ora.
In tutti i percorsi di empowerment, quali siano le tecniche adottate, si mettono sempre in funzione dei processi nei quali aspetti razionali sempre ben evidenti ed aspetti emotivi, che vivono nel sottobosco dell’inconscio, si confrontano, si affrontano, si scontrano e solo nel momento in cui la competizione tra interessi diversi converge in modo congruente verso l’obiettivo del benessere comune, il nodo si scioglie e tutte le energie dell’individuo, che prima erano in gran parte sprecate in una lotta intestina tra razionalità ed emotività, possono essere impiegate per una sana realizzazione dell’individuo.
E’ all’interno di questo scenario, ben conosciuto da tutti coloro che si occupano di benessere psicologico, che presi da questa lotta tra conscio ed sub-conscio, forse ci si è dimenticati di un dualismo, così radicato nella nostra cultura, da non ritenerlo meritevole di attenzione o comunque non determinante per una felice soluzione dei problemi.
Chiedo fin da subito scusa a tutti i professionisti dei diversi settori se per necessità di sintesi mi trovo costretto a delle generalizzazioni, ma questo intende essere solo un appunto teorico che non ha nessuna pretesa di fare totale chiarezza su un argomento così vasto e delicato.
Nella plurisecolare divisione tra mente e corpo, quando dalle scienze mediche si si è iniziato ad indagare sul funzionamento della mente si sono consolidati due filoni.
Quello psichiatrico che, sulla strada tracciata dalla “scienza” medica ha continuato a vedere i comportamenti della psiche come “misterioso” risultato del funzionamento più o meno ottimale di un organo, sul quale intervenire più o meno “meccanicamente” con farmaci o chirurgia e quello umanistico che si è concentrato prevalentemente sulle ipotetiche modalità di formazione dei pensieri e delle idee, cause del disagio e sulla conseguente possibilità di intervenire su tali procedure per renderle più funzionali al benessere dell’individuo stesso.
Se con la Gestalt nelle sua varie filiazioni, quali la danza terapia, la musicoterapia, e via via, tante altre terapie, senza dubbio si fa un gran uso del corpo e della corporeità, e se questo accade anche con la PNL e ancor più con la bioenergetica che lavora quasi esclusivamente sugli aspetti fisici, il più delle volte il corpo stesso viene considerato come il semplice contenitore della mente,con la sola funzione di riflettere o manifestare le sensazioni della mente ma con ben poche possibilità di dare il suo importante e pro-attivo contributo alla soluzione del problema.
In altre parole, per far si che avvenga quell’integrazione tra razionalità ed emotività, il corpo viene usato come semplice “accessorio”.
La psiconeuroendocrinoimmunologia è una nuova branca della scienza medica, talmente nuova che, anche negli ambienti medici a volte quasi non si è sentita nominare ma è proprio da questa nuova scienza che studia le strettissime relazioni tra funzionamento psichico, la mente e il funzionamento neuro-biologico, fatto da corpo, cervello, sistema nervoso autonomo, e sistema endocrinologico che possono venire degli interessanti suggerimenti per l’uso attivo del corpo anche nel settore del benessere psicologico.