I meccanismi basilari dell’apprendimento sono stati ampiamente studiati dalla scuola comportamentista (Pavlov e Watson), che assegnò al condizionamento un ruolo fondamentale in questo processo. Il condizionamento classico presume che esistano comportamenti innati che possono essere associati, in modo permanente, anche a stimoli nuovi per mezzo di esperienze ripetute, dando vita a risposte apprese che Pavlov chiamò riflessi condizionati. Il condizionamento operante invece, si basa su rinforzi, punizioni e rinforzi negativi, capaci di far acquisire o scoraggiare certi comportamenti (Skinner 1953). Dobbiamo pensare che, per quanto riguarda un essere umano, i possibili rinforzi e le possibili punizioni sono probabilmente infiniti. Negli anni ’60-’70, Albert Bandura evidenziò che l’apprendimento è comunque possibile per imitazione, e dunque anche in assenza di un rinforzo immediato. L’imitazione è un processo più complesso dell’associazione stimolo-risposta di cui parlavano i comportamentisti, essa infatti richiede attenzione selettiva e capacità di esecuzione ritardata. L’abituazione ad uno stimolo o l’imitazione, richiedono memoria; il suo studio è stato condotto dagli anni ’60 in poi entro l’approccio HIP “Human Information Processing”, che intende la mente come uno strumento di elaborazione di informazioni, paragonandola nel suo funzionamento ad un computer. La memoria è un immagazzinamento di informazioni che vengono codificate e trattenute per essere poi recuperate attraverso il riconoscimento e la rievocazione.