La musicoterapia, come ogni attività, necessita di uno spazio in cui aver luogo. Questi deve essere prima di tutto delimitato, stabile, riservato e protetto. Deve avere poi medie dimensioni (circa quaranta metri quadrati).
Lo strumentario deve essere sufficientemente nutrito e vario e provvisto di strumenti di ampia facilità e libertà d’uso. La famiglia di strumenti più utilizzata è quella degli idrofoni (il suono viene prodotto direttamente dal materiale costruttivo), ma si usano anche membranofoni (strumenti il cui suono si origina dalla vibrazione di membrane tese). Non molto frequentemente, ma comunque usati sono infine i cordofoni (strumenti il cui suono deriva dalla vibrazione di corde tese tra due punti fissi).
Ogni intervento musicoterapico utilizza strumenti psicologici al fine di creare un clima collaborativo: si ha quindi un atteggiamento di accoglimento e di costanza per quanto riguarda ogni singolo aspetto del processo terapeutico (regolarità degli incontri, degli spazi, dei partecipanti…).
Nella formazione, nella riabilitazione e nella terapia abbiamo sempre a che fare con una progettualità: analisi preliminare di domanda e bisogni, dichiarazione preventiva di intenti, monitoraggio dell’esperienza ed un bilancio finale.
Mentre il ritmo è un parametro estremamente complesso per i soggetti e quindi non sempre utilizzabile, il timbro, è uno dei più usati. Per i suoi stretti rapporti con gli schemi di rappresentazione psico-motoria viene spesso adoperato nell’integrazione spaziale (rapporti tra suoni e parti del corpo), temporale (per discriminazioni e riconoscimenti temporali) e sociale (attraverso l’attribuzione di differenti timbri ed un conseguente sviluppo di collage sonori).
Per quanto riguarda l’integrazione sociale si utilizza spesso anche il canto come lavoro di gruppo (ad esempio attraverso le filastrocche) ma anche la musica pura, in assenza di parole, può essere un forte elemento di aggregazione ed integrazione.