La giovane Maria è quasi spaventata, in quel quadro.
Nel suo sguardo sembra leggersi un rifiuto,una domanda: perché io?
Non è la classica rappresentazione dell’annuncio dell´Arcangelo Gabriele, bensì pare che si sia messa sulla tela una sorta di condanna che la Santa pare restia ad accettare: perché a me?
Il pittore, del resto, è un personaggio controverso e complesso, un iniziatore suonato ai contemporanei come sacrilego. Con le sue stravaganze e le sue debolezze, la società dell´epoca (vittoriana e ipocrita) difficilmente l´avrebbe compreso e mai lo avrebbe perdonato.
Dante Gabriel Rossetti nasce a Londra nel 1828 da padre italiano e mostra sin da subito un carattere adattissimo alla vena romantica tanto in voga, con una particolare predisposizione e affezione per i temi sovrannaturali – una passione che come tutti i suoi interessi diviene inevitabilmente quasi ossessione.
Non c’è in lui la capacità di frenare e arginare un´emotività enorme quanto il suo talento, talento che lo avrebbe portato ad avere per insegnante Maddox Brown e a fondare la celebre confraternita dei preraffaelliti, con la collaborazione dell´amico William Hunt. Lo stesso nome del movimento manifesta una volontà d´essere quasi un culto segreto o elitario, ma di fatto non propone temi morali, non vuole educare né denunciare; non accetta l´accademia e la mancanza di freschezza di tutto quanto è dogmatico nell´arte, bensì propugna un ritorno a tematiche medioevali e manifesta un chiaro orientamento verso la pittura precedente a Raffaello. In questo gruppo all´inizio coeso si coltivano opere che ripropongono la quotidianità anche nel contesto del sacro, creando scene bibliche in una maniera quasi profana – una familiarità che scandalizza, ma senza rinunciare a un´idealizzazione puramente estetica e ad una umanizzazione che mal si accorda con i modi di vivere e sentire la religione nel diciannovesimo secolo.
In seguito questi artisti si allontaneranno e riavvicineranno, modificandosi e crescendo, ma Rossetti rimane la figura emblematica e per il suo tocco e per la sua stessa esistenza. L´impeto dei suoi lavori corrisponde pienamente alla foga della sua vita e al suo bisogno di purezza e totale dedizione. Metafora e amore dei suoi giorni è la modella Elizabeth Siddal, il cui volto ci affascina ancora oggi dalla tela, con i suoi magnifici capelli rossi preraffaelliti che hanno già nella loro tonalità una spinta erotizzante difficilmente accettabile per i savi inglesi.
La femminilità che ci osserva dal pennello di Rossetti ha colori accesi, forme magnifiche che nella realtà sfuggono; sono opulenza, estetismo puro, fascinazione in un incanto che non nasconde la spinta sensuale tanto disapprovata. Questa lenta trasformazione dell´immagine femminile nella sua pittura, questa compulsiva ripetizione di quei tratti, nascondono una storia tragica della donna che da musa diviene moglie per poi togliersi giovanissima la vita dopo una gravidanza finita male. Non era un uomo fedele, Rossetti, cosa del resto abbastanza usuale per l´epoca, se trattata con garbo e riservatezza. Eppure ama intensamente, col suo modo quasi morboso, quella bellissima fanciulla di semplici origini, che accanto a lui aveva studiato e si era migliorata, mostrando a sua volta una notevole vena creativa. Quando, depressa, si era suicidata col laudano, aveva segnato una svolta nella vita del pittore – sarebbe rimasta da lì in poi sempre nei suoi quadri, sempre lei, come fermata in quel tempo che era riuscita crudelmente a sfuggire. Dante non si sarebbe mai più ripreso realmente da quella mancanza, da quell´assenza, e si sarebbe perduto in tematiche ripetitive e interessi astrusi, come quello per gli animali esotici – per tutto ciò che potesse ricordare una bellezza rara e lontana.
Ma un gesto più di tutti ci racconta e lo racconta: Rossetti, che era anche traduttore dell’Alighieri e aveva dunque un artisticità poliedrica, seppellì nella tomba della moglie, infilato fra i suoi capelli, il quadernetto in cui vi erano le sue poesie incompiute e a lei dedicate; solo anni dopo si fece convincere a riesumare quel corpo per riprendere possesso di quelle parole e pubblicarle, causando un notevole brusio di benpensanti, essendo versi che trattavano la sessualità e l´amore in tutta la loro completezza e con un tono talvolta quasi gotico (forse rubato a quel Poe che tanto apprezzava).
Sono piene manifestazioni di un desiderio che sarebbe stato meglio tacere, come ad esempio nell´opera “Sonno nuziale”, dove si parla del riposo dopo l´atto sessuale. Molte erano state le attività che Rossetti aveva intrapreso e dopo la morte di Elizabeth si dedicò in particolar modo al ciclo di re Artù e al tema della morte di Beatrice, nel quale sublimava (dopo averlo proiettato) il proprio dolore per la perdita di quel viso che è diventato storicamente e universalmente simbolo della pittura preraffaellita. Incompreso inizialmente dal grande pubblico per quanto appoggiato dal celebre critico Ruskin, depresso (tentò il suicidio una volta vedovo) e con una tendenza ad abusare di droghe, passò gli ultimi anni ritirato e morì nel Kent, nel 1882 ad appena cinquantaquattro anni.
Il volto (che non è mai faccia, non ne ha la mobilità) di Proserpina e di tutte le protagoniste delle sue opere è quello di Elizabeth, che non è più solo l’amata, ma diviene anche simbolo della natura di Rossetti: una natura inquieta, morbosa, talvolta persino fosca. I suoi attaccamenti sono totali e quasi patologici, siano essi rivolti a un tema o a un essere umano; per quanta tenerezza si possa leggere nella dedizione che riservò al ricordo della moglie, la ricerca continua dell´oggetto d´amore sembra il costante motivo di Dante. In amicizia, nella pittura, nel matrimonio e in quanto altro, questa brillante mente sembra inseguire l´angoscia. E non solo perché è figlio di un tempo dedito al languore e allo struggimento, ma per una sorta di afflizione continua che non si riesce e non si vuole esorcizzare e che dunque si coltiva con continuità. Quella continuità che pareva essergli venuta sposandosi e che, svanita Elizabeth, diviene cenere. Emblematico è appunto il gesto di infilare fra i capelli di lei nella tomba quelle poesie incompiute, come incompiuta è stata la loro storia e la loro vita e il loro stesso futuro; mezze poesie nascoste in quella chioma tanto rappresentata e così idealizzata da essere segno distintivo di un movimento culturale, di uno stile e della sua breve epoca.
Il resto sarebbe stata una perpetua ripetizione senza sosta, e solo in seguito un ripensamento lo avrebbe portato a recuperare quelle parole, a recuperare quei sentimenti e quelle emozioni e quella profondità di sè che aveva sepolto con la donna. Non per forza bisogna dare all´amore significati psicoanalitici che lo sviliscono del suo valore e nel suo splendore, ma il semplice atto di questo artista di fronte alla bara di lei è esso stesso dramma e opera d´arte. L´idealizzare, il sublimare, e il cercare continuamente compensazione a questo vuoto che era presente prima e dopo la Siddal, ci mostra il contrasto tra la pienezza dei suoi quadri (ove non esiste un dettaglio tralasciato o un angolo libero), e un vuoto perenne, che pare di ritrovare negli scritti di sua sorella Christina, celebrata poetessa.
Nella stessa concezione della vita di Rossetti, come si può vedere nel quadro sulla giovinezza della Madonna, appare una tendenza ad abbellire un quotidiano che così perfetto non è, per la stessa natura umana. Una natura umana ombrosa, riprodotta dagli scritti di Edgar Allan Poe – e proprio per questo forse bisognosa di quelle tonalità dense e magnetiche che traspaiono dalle pennellate di Rossetti. Il percepire l´inadeguatezza dell´umanità e della vita tutta e poi ricostruirla nella sua mente e nei suoi affetti come dovrebbe essere sguardo – e invece non è fattibile. Elizabeth, con la sua bellezza eternata e intatta, morta prematuramente coi suoi capelli rossi, è la fine di un ciclo: è il venir meno delle illusioni, degli appigli, della perfezione che Rossetti sentiva il bisogno di ricamare nei suoi giorni. Scesa lei nella terra, non resta che un vivere che non può essere fuga e che non può essere fiaba, che non può nascondersi in miti del passato o in immagini senza sbavature. La consolazione per lo sguardo che è nella crudele bellezza dei suoi lavori è una consolazione momentanea e irrealizzabile. Ma proprio per questo, lui che non cercava grandi messaggi o grandi significati, ci ha lasciato il suo talento in tutto il vigore possibile: la luce quasi soffocante che esce dai dipinti, in quella bocca carnosa e rossa che all´infinito ci osserva in tutti i modi, quella figura dalla quale non si può distogliere l’attenzione (dalle sue vesti, dai suoi occhi) e attrae ancora incommensurabilmente.
Ha rapito la bellezza da un mondo ideale e, trasgressivo, quasi prepotente, ce l´ha lasciata con tutta l´estasi dell´intensità che quasi si avverte sulla nostra pelle – l’estasi di quei capelli perfetti e accecanti che erano un´aspirazione e un desiderio.
E proprio lì ha sepolto le sue emozioni e se stesso nella terra.