Fu W. Reich per primo a utilizzare il contatto corporeo per liberare zone contratte, integrandole così con vissuti correlati.
Anche C.G. Jung mostrò profondo interesse per la danza e per il movimento che definì immaginazione attiva dato che, secondo lui, rende manifesto l’inesprimibile che è in noi.
Nancy J. Chodorow inserì la danza nel setting junghiano e nel 1966 M. Chase, T. Schoop e M. Whitehouse fondarono la Associazione Americana di Dance Therapy per diffondere la loro “Danza Movimento Terapia”. La spontaneità e l’espressione individuale attraverso il movimento erano viste come possibilità per indurre cambiamenti psichici e comportamentali.
Oggi la danza ed il movimento sono alla base di interventi che sono ritenuti capaci di portare a una integrazione emotiva, mentale e fisica della persona.
Oltre a Jung ed alla Chodorow, anche la Mahler e la Judit Kestemberg hanno prodotto importanti lavori che dimostrano come il movimento e la danza facilitino la consapevolezza di sé, la rappresentazione, la comunicazione, la trasformazione ed una maggior integrazione sociale.
La psicodanza nasce per noi dalle esperienze fatte a Buenos Aires nell’ambito della scuola di psicodramma “Zerka Moreno” (con i professori: Jaime Rojas- Bermudez, Cristina Narvaez, Cristina Lucioni, Monica Zuretti) e, soprattutto, con un intenso lavoro di Biodanza, svolto il Italia con il suo creatore Rolando Toro Araneda.
Applicare la danza nella psicoterapia diventa un elemento importante proprio perché libera sia il corpo che la mente da legami che inibiscono il fluire regolare dei pensieri, delle emozioni, degli affetti ed anche delle componenti motorie e psicomotorie.
Molte esperienze sono state fatte nel trattamento di pazienti affetti da:
§ Sindrome di Parkinson: in questi casi la musica e la danza liberano dalle contratture, dalle ipercinesie e dai tremori, attraverso meccanismi che non sono ancora ben conosciuti (forse intervengono fibre sopracingolari), ma che si dimostrano molto efficaci anche se non è stato possibile confermare i miglioramenti con il passare del tempo. Spesso risulta sorprendente vedere pazienti rigidi ed incapaci di iniziare un movimento che rapidamente si “sciolgono” arrivando a ballare anche a ritmo di rock.
§ Sindrome di Alzheimer: pazienti anche gravi dimostrano una buona accettazione delle pratiche di biodanza e di psicodanza che inducono un recupero nelle funzioni motorie e psicomotorie, ma anche una riorganizzazione affettiva attraverso il contatto corporeo ed il riconoscimento delle proprie capacità che spesso sono percepite dai pazienti come quasi del tutto perse. La danza è molto utile per integrare sedute di terapia-emotivo-espressiva che richiedono un maggior autocontrollo e perciò risultano frustranti.
Per la psicodanza è fondamentale la scelta delle musiche attraverso le quali si può modulare il ritmo, la velocità del movimento e, soprattutto, l’elaborazione di vissuti ed una speciale attivazione dell’immaginario.
Per questo vengono pianificate sedute come “feste campestri”, espressioni eroiche o componenti romantiche.
Nelle nostre esperienze, si è cercato sempre di evitare lo scivolamento verso espressioni erotico-sentimentali, considerando che questi atteggiamenti libidici portano troppo a sviluppare un autoerotismo regressivo.
Proprio per questo si preferiscono attività di gruppo, con continui scambi tra le coppie che si formano naturalmente, attraverso la circolazione dei vissuti anche utilizzando oggetti come cuscini, veli, sciarpe, corde, bastoni, ecc.
Il progetto operativo è sostenuto dall’idea di favorire nel soggetto un riequilibrio psico-fisico (scoperta delle proprie capacità psicomotorie), emotivo (percepire le risposte intime, non solo libidiche, ma anche di vera e propria partecipazione vivenziale), affettivo (legato al senso di partecipare con gli altri, sentimenti, vibrazioni, com-partecipazioni) e cognitivo (riuscire a capire il significato della partecipazione ad un “rito”, ad un mistero che riflette, come in uno specchio, le interferenze interpersonali e sociali).
La messa in azione del corpo (come del resto succede anche nello psicodramma) smuove rapidamente le barriere, le difficoltà e le incongruenze che una psicoterapia verbale e “faccia-faccia”, potrebbe raggiungere solo con molto tempo e con grande fatica.
Questo è anche l’obiettivo di una esperienza di gruppo (come è quella della psicodanza). Il contesto pieno di gioia, di iniziative, di ricchezza emotiva e di profondità affettiva, favorisce l’armonizzazione e l’integrazione di parti del sé in conflitto tra loro. Il senso di sé e quello dell’Altro, la voglia di togliersi la maschera per acquisire autenticità, scoprire una visibilità nuova che si accompagna a poter vedere l’Altro in una luce ludica, libera da sovrastrutture limitanti e responsabili di togliere verità, immediatezza e trasparenza ai comportamenti.
Nella psicodanza, ogni movimento acquista un significato simbolico e rituale che, con l’aiuto della musica (elemento liberatorio) e dell’ambiente predisposto ad hoc, porta a far riemergere memorie positive e sensazioni intense.
La guida del direttore e l’aiuto preciso e puntuale degli “Io-ausiliari” strutturano presenze e valenze che ricordano la funzione del “Nome del Padre” che, in questo ambito, dimostra fortemente le sue valenze permissive, facilitanti la crescita individuale e soggettiva, spinte a proporre quei sensi di liberazione e di autosoddisfazione che, molto spesso, risultano coartati, annichiliti se non frustrati e castrati.
Il ritmo, la musica, i gesti che si susseguono e scivolano rispettando la “costruzione scenica”, liberano dalle tensioni, rendono auspicabile la spontaneità e vantaggiose tutte le forme di contatto e di incontro che gli stessi “attori-ballerini” facilitano ed attivano.
Scopo della psicodanza è quello di aiutare la persona a vivere bene se stessa, con soddisfazione, con gioia e, soprattutto, nella “certezza di potersi vivere spontaneamente, senza sotterfugi e senza paure”.
Riassumendo, ogni seduta di psicodanza permette di:
§ affrontare e via via risolvere conflitti emotivi, contenendo risposte di ansia e/o di angoscia;
§ correggere atteggiamenti rigidi, coatti o innaturali;
§ attivare le valenze affettive che danno un senso timologico (carico di valori) all’incontro, all’integrazione ed alla partecipazione;
§ sviluppare quelle attività psicomotorie che erano risultate annichilite o bloccate dai conflitti intrapsichici;
§ superare la timidezza, frutto di mascheramenti incongrui ed inibitori;
§ arricchire il proprio senso di sé con valenze affettive autoriferite, con il desiderio di farsi vedere e riconoscere, con il piacere di “osare” e di essere se stessi in ogni forma e per sempre.
Evocare stati d’animo, riscoprire valenze psicomotorie, rendersi liberi rinunciando a “mascheramenti”, trovare il piacere della vicinanza dell’Altro al quale sentirsi uniti nella ricerca della felicità, sono gli elementi strutturanti della psicodanza che così si propone come mezzo a volte indispensabile per completare programmazioni terapeutiche, riabilitative e soprattutto capaci di sciogliere nodi inibitori ed atteggiamenti rinunciatari e di isolamento conseguenti a situazioni di stress e di disagio.
I risultati più importanti ottenuti con l’applicazione delle tecniche della “psicodanza” sono stati osservati nell’affrontare i disturbi dello sviluppo.
– Autismo autistico o sindrome di Kanner;
– Sindrome ADD e ADHD;
– Mutismo essenziale;
– Sindromi inibitorie reattive a situazioni di stress cronico;
– Microcefalia;
– X-fragile:
il trattamento di questi quadri psicopatologici è da considerarsi decisamente difficile ed abbisogna di un approccio multidisciplinare. Nella programmazione delle sedute terapeutiche (E.I.T.) e di quelle riabilitative (TyLA), vengono introdotte sedute di psicodanza con il particolare obiettivo di sviluppare la relazione corporea. Questa viene anche mediata attraverso l’uso degli oggetti:
§ Veli (più o meno grandi) che permettono di sviluppare la psicomotricità ed anche quelle dimensioni misteriose che nel contatto generano tensioni, attenuate e superate con l’uso di questi “oggetti evanescenti” che nascondono, creando ombre. In queste, il soggetto trova momenti di liberazione nei quali può esprimersi senza paure, senza sotterfugi, senza dover usare delle maschere. Si recupera, in questo modo, il senso di potersi “mostrare”, di farsi vedere e di “diventare protagonisti”. Le esperienze fatte con i parkinsoniani sono state particolarmente utili proprio perché hanno permesso di valutare come sotto i grandi veli si sblocchi la motricità, si attivi l’iniziativa, si riesca a creare il contatto non solo visivo, ma addirittura di viso contro viso.
§ Cuscini: servono a creare una dimensione di tenerezza, di coccolamento che può essere trasferito all’altro, mentre ci si guarda profondamente negli occhi. Questa tecnica è particolarmente interessante per lavorare con gli autistici (trovano la possibilità di ritrovare il piacere di un contatto intimo, sostenuto dallo sguardo, oltre che dal contatto) e con gli ipercinetici (scoprono finalità per loro poco transitate perché il controllo motorio viene utilizzato per raggiungere quel contatto soddisfacente ed accettabile perché non troppo esplicito o intenso).
§ Bastoni: hanno il compito di trasferire nei movimenti della danza le valenze di dominio, di dilatazione della coscienza, senza mai approdare in atteggiamenti distruttivi. Il senso di potere viene mediato dalla relazione, trasformando il dominio in contatto, in un fraseggio che porta a scoprire valenze personali di autocontrollo motorio, di dinamicità creativa, di sicurezza di sé nel rispetto dell’altro.
Con queste esperienze si è potuto dimostrare che attraverso la psicodanza si possono ottenere risultati interessanti come:
– attenuare conflitti interni, latenti o repressi, nell’ordine emotivo, affettivo e relazionale;
– correggere difetti di postura e di coordinazione motoria (fine e grossa) inducendo espressività psicomotorie armoniche, naturali, seducenti e capaci di indurre momenti di autosoddisfazione;
– migliorare la relazione affettiva con l’altro con il quale si attivano contatti vivaci e positivi, nel rispetto reciproco ed in una dimensione di “piacere” che, lontano dall’erotizzazione, crea memorie di incontri piacevoli favoriti dall’uso di musiche coinvolgenti;
– superare sensi di timidezza e di vergogna, decidendo di potersi mostrare e farsi vedere senza mascheramenti e senza bisogno di perdere autenticità;
– dare valore al contatto ed alla socializzazione come mezzi per sviluppare le proprie capacità relazionali che spesso sono coartate da dannosi sensi di inadeguatezza e di inefficienza;
– recuperare le valenze della spontaneità, dell’improvvisazione, dell’auto-espressività creativa;
– apprendere a “osare”, a non “subire” e, soprattutto, a non rinunciare a esprimere se stessi nelle forme più autentiche;
– saper evocare stati d’animo che rendono forti, sicuri e liberi;
– scoprire il contesto gioioso della relazione interpersonale.
La psicodanza permette di creare il miglior contatto con se stessi perché libero, genuino, autentico e creativo. Il soggetto spesso ha paura di cambiare e si trincera dietro manierismi, gesti ripetitivi e coatti, si mette la maschera perché teme di essere “riconosciuto come perverso”.
Questo atteggiamento è sostenuto da sentimenti profondi e molto primitivi, legati al suo sviluppo, quando predominava l’odio nei confronti del mondo esterno accusato (solo per spinte istintive) di fargli perdere il suo cosiddetto “paradiso”.
Più tardi, entrano anche altri meccanismi legati alle problematiche edipiche che inducono altri odi relazionabili con desideri incestuosi ed inespressi verso i genitori.
Proprio tenendo conto di queste caratteristiche psico-affettive, che si sviluppano per lo più nell’inconscio ( il paziente non riesce perciò ad averne una precisa coscienza) è necessario (spesso inevitabile) attivare modelli di intervento che non usino le vie razionali (il parlare dal lettino; le associazioni libere; l’analisi critica della realtà).
La psicodanza è dunque un metodo pratico ed efficace perché attiva il linguaggio del corpo (istintivo ed intuitivo) che apre alle problematiche nascoste, alza i veli, libera il fluire semplice e profondo di proto-pensieri, di attitudini e di sentimenti mantenuti segreti. Si tratta anche di far uscire allo scoperto energie occulte che devono essere scoperte, comprese, aiutate perché perdano le loro capacità disorganizzanti e distruttive.
Jung, nel suo “Il segreto del fiore d’oro” (1929) ricorda come le sue pazienti non riuscivano a disegnare i mandala, ma sì potevano danzarli.
Le figure della danza esprimono gli stessi sentimenti e le stesse emozioni sottesi ai disegni ed alle parole. Con i movimenti si scoprono i significati di simboli e dello stato soggettivo psichico soggiacente (Nancy J. Chodorow).
L’energia che si libera con la danza fa vibrare tutto il corpo nelle sue componenti psico-mentali (affettive e cognitive) e trascendenti (Fernando Battista), utilizzando un “arcobaleno di colori”, una miriade infinita di sensazioni, una cascata di progetti che spingono al di là del tempo e dello spazio.
Le componenti della psicodanza si legano con le espressioni più profonde dell’energia cosmica che si sprigiona e si attiva nel corpo attraverso i punti ben riconosciuti dall’antica cultura medica cinese: i “chakra”. Tutto il sistema si attiva con le emozioni, con le espressioni affettive ed anche con le modulazioni cognitivo-intellettive, in un insieme che deve raggiungere un equilibrio ed una integrazione.
Tutte queste potenzialità aprono a visioni nuove nel campo della medicina, della psicologia, della psichiatria, della riabilitazione e dello sviluppo psico-affettivo. Non bisogna però cadere nel semplicistico atteggiamento di credere che chiunque può autoregolarsi o utilizzare le forze più poderose della natura umana.
Per raggiungere risultati validi, per utilizzare le nuove tecniche, le nuove “armi”, si richiede una profonda conoscenza, una preparazione teorica e pratica di tutto rispetto e, soprattutto, un costante ed approfondito studio nel rispetto delle aspettative di tante persone che attendono sempre più nuovi modelli di intervento per vincere il dolore, il disagio, le difficoltà ed anche le malattie.