“Caelum non animum mutant qui trans mare currunt” (Orazio, Ep. I, 11, 26), la località e non lo stato d’animo cambiano coloro i quali aspirano alla commutatio loci; la fuga, il viaggio, sono da sempre istinti primordiali dell’uomo, che si illude di trovare altrove ciò a cui non riesce a dare risposta, ma quello che si cerca non è lontano, si può trovare anche in un piccolo paese, se nell’animo alberga la serenità.
Emanuele Crialese, avvalendosi delle splendide bellezze naturali e del fattivo contributo di un cast eterogeneo di alto spessore artistico, particolare forza espressiva e delicata sensibilità, coinvolge il pubblico per 88 minuti intensissimi di proiezione e ribadisce icasticamente il precetto oraziano connotato da un forte sapore gnomico. Il regista romano, di origine siciliana, classe 1965, con la partecipazione di Rai Cinema e il supporto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Sicilia Film Commission, ha firmato una splendida opera d’arte la cui microstoria, in cui si percepisce lo sciabordio delle onde e il battito di cuori in tempesta, gli ha fatto meritare il Premio Speciale della Giuria alla 68° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Un’aerofotogrammetria …La carena di una nave solca il regno di Nettuno, “una rete scende e si allarga gradualmente fino ad avvolgere nelle sue maglie il blu dello schermo e, allo stesso tempo, l’occhio dello spettatore” (www.nazioneindiana.com, sett. 2011). Nel plot narrativo, arricchito da continui entrelecement, il regista interpreta il viaggio mentale, fisico, spirituale di uomini, la cui avventura esistenziale è raccontata con un tocco leggero che avvince lo spettatore e lo invita a riflettere. In questo paradiso naturale, vive Ernesto, un meritevolissimo Mimmo Cuticchio, apprezzato nel mondo dello spettacolo per la sua multiforme attività ma, soprattutto, per aver tenuta viva una forma di teatro che si perde nella notte dei tempi. È il più importante erede della tradizione dei cuntisti siciliani e dell’arte del puparo nel teatro dei Pupi siciliani, oggi iscritto nel Patrimoni orali e immateriali dell’umanità dell’UNESCO.
TERRAFERMA si sovrappone inizialmente ai “Malavoglia” di Giovanni Verga. Molte le similarità. Entrambi i film sono ambientati in Sicilia e parlano di barche, pescherecci, gommoni, persone e, su tutto, si distinguono una casa, una famiglia, i vecchi, i giovani, la legge della tradizione, il darwinismo sociale …. Lì la “Provvidenza”, qui la “Santuzza”; lì Bastianazzo muore naufragando e qui il figlio maggiore è morto da tre anni, probabilmente divorato da onde fameliche e impietose; lì Ntoni, per sfuggire alla dura vita di pescatore alla giornata, decide di andare via dal paese per far ricchezze ed entra nel giro del contrabbando, qui Nino, stanco di soccombere agli inesistenti guadagni della pesca, cerca l’alternativa nel turismo, “scarrozzando orde fameliche di spensierati vacanzieri” (Francesca Fiorentino, Vecchio mondo, www.movieplayer.it, sett. 2011); lì Alessi, continuando a fare il pescatore, ricostruisce il nucleo familiare e ricompra la “casa del nespolo”, qui il giovane Filippo, per buona parte del film indeciso fra nonno e zio, si rivela “degno nipote del patriarca che trova la via per la terraferma senza sapere se il mare consumerà la sua nave e la tempesta l’affonderà” (Marzia Gandolfi, Un dramma poetico che risponde alle grandi domande sul mondo, www.mymovies.it, sett. 2011); lì Padron ‘Ntoni, qui Ernesto, l’uno e l’altro pescatori dalla solida moralità che, fra due mondi inconciliabili che si fronteggiano, seguendo l’assioma secondo cui vivere significhi rispettare la tradizione, condannano, rispettivamente, i tentativi di ‘Ntoni e di Nino decisi a tuffarsi nella “certezza dell’effimero” (Valerio Sammarco, Terraferma, www.cinematografo.it, sett. 2011).
Anche Crialese, come Verga, inoltre, appare narratore omodiegetico che rinunzia alla mediazione e si eclissa nel mondo rappresentato, riproducendo spesso, nei dialoghi generalmente scarni, alcune caratteristiche del dialetto e adattandosi quanto più possibile al punto di vista dei personaggi, o mimando i gesti elementari, o affidando i commenti più coinvolgenti a silenzi densi e pregnanti. I due romanzi, infine, hanno un’impostazione corale e rappresentano personaggi uniti dalla stessa cultura, ma divisi dalle loro diverse scelte di vita reificate da un destino ineluttabile.
Presto, però, la memoria incipitaria cede il posto alla memoria generativa e il film si carica di significanti ben più complessi, anche ricorrendo a spettacolari giochi di luce, strategie discorsive che danno “un prezioso valore aggiunto a una prova che richiama l’attenzione pubblica, comprensibilmente distratta da altri problemi su una biblica tragedia umana tutt’altro che risolta” (L’uomo bianco, l’uomo nero e il mare, www.mymovies.it, sett. 2011); l’implicita analisi di Crialese diventa più cruenta di fronte ai tanti, e specialmente ai turisti, che, “indifferenti alla tragedia di altri uomini disperati, scelgono di chiudere gli occhi, di ballare e tuffarsi nello stesso mare da un altro tipo di barcone, spingendosi con la barca alla ricerca di una rotta morale ormai, forse, irrimediabilmente perduta. (Elena Mascioli, Oltre lo schermo, www.agiscuola.it, sett. 2011)
La scenografia, curata da Paolo Bonfini, è quella di un’isola siciliana, tanto piccola da non risultare sui mappamondi, quasi intatta, appena lambita dal turismo, che pure comincia a modificare comportamenti e mentalità degli isolani, ma il paese in cui ci si trova non viene mai menzionato nello specifico. Il regista “ha scelto deliberatamente di chiamarla ISOLA perché non voleva raccontare un particolare caso, ma una realtà metaforica riferibile a Lampedusa, a Linosa e a qualsiasi altro luogo che il mare separa da tutto il resto verso cui tende qualcuno in disperata ricerca della terraferma” (Elena Mascioli, Ibidem).
Terra di frontiera invasa da relitti di barche in attesa di essere cancellate dal mare, intimorita da motovedette con cannoni e mitragliatrici, personaggi in preda alla confusione, disperati, smarriti, annichiliti … Partire o non partire? “Se, da un lato, c’è chi pensa di lasciare l’isola, la sua povertà, la tradizione della pesca o un intero mondo di luoghi e cultura che, purtroppo, non consente di vivere decorosamente, dall’altro c’è chi in quel pezzettino di terra pensa di aver trovato una soluzione ai problemi della vita” (Andrea D’Addio, Terraferma, www.film.it, sett. 2011).
Il mare è il vero protagonista del film … il mare che, con i suoi moti incessanti, determina e influenza la vita degli isolani … il mare, che, nella sua grandezza, riesce ad accogliere in sé i tanti e diversi tipi di umanità pronti ad attraversarlo … il mare, che dà da vivere ai pescatori, ma che è anche causa di morte … il mare che esprime la crudeltà della vita … “Come navi di vetro smarrite in un oceano di terrore, gli uomini-clandestini, i turisti e gli isolani sono esseri minuscoli e fragili al suo cospetto” (Valentina Di Giacomo, Nuovo mondo italiano nel mare di Crialese, mediacritica.it, sett. 2011). “Il regista, in sostanza, guarda al mare come luogo di infinite risonanze interiori e, al centro del suo navigare, immette un nucleo familiare in tensione verso un altrove e oltre quella distesa azzurra che invade l’intera superficie dell’inquadratura” (Marzia Gandolfi, Ibidem).
La giovane vedova, Donatella Finocchiaro, propone di riadattare la casa sempre più malandata per affittarla nei mesi estivi ai turisti, un’opportunità nuova che Nino “abbraccia facendone un business che rende sempre più obsoleto il tradizionale lavoro dei pescatori dell’isola” (www.nazioneindiana.com, Ibidem).
Questo mondo di pescatori, intanto, viene investito dagli arrivi dei clandestini, un ingombro che, minacciando il fatturato turistico, inasprisce la regola nuova del respingimento, rappresentata dal Comandante della finanza Claudio Santamaria, e cambia l’esistenza di tutti. La legge italiana, infatti, obbliga i motopescherecci a non raccogliere i migranti, neppure quando stanno per annegare; Ernesto, però, seguendo la connaturata etica della cultura del mare, decide di garantire l’inviolabilità della vita prima di ogni altra cosa. Ecco perché, vedendo dalla sua barca da pesca uomini e donne nuotare disperati verso la vita, ignora “l’ordine scellerato” (Roberto Escobar, Terraferma, L’espresso, sett. 2011) , accoglie il manipolo di persone e, addirittura, porta a casa Titti-Timnit incinta che ha con sé un altro figlio. “Non ho mai abbandonato nessuno in mare, dice Mimmo Cuticchio, con l’orgoglio morale di chi, in settant’anni, dal mare ha imparato durezza e generosità (Roberto Escobar, Ibidem).
Ben salda rimane, pertanto, la grandezza morale di uomini e donne, pronti a disobbedire quando si tratta della vita di altri uomini e altre donne, tutti messi di fronte a una decisione da prendere tempestivamente; “quando c’è bisogno di aiutare chi sta peggio di noi, non ci si può girare dall’altra parte per evitare di correre dei rischi” (Andrea D’Addio, Ibidem). L’allargamento forzato della famiglia crea dapprima incomprensione e rigetto verso i nuovi innesti, ma la nascita della bimba riduce le distanze, ponendo le basi per un’alleanza tra madri e figli ospitanti e ospitati, consentendo ai più riflessivi di trovare la propria terraferma interiore. La posizione di Crialese è chiara, egli sta con i deboli, con i clandestini, con la gente del posto, orgogliosa e umana, che, in un Paese sempre più miope e razzista, si distingue per stimabile affabilità.
TERRAFERMA … Un titolo alquanto evocativo che richiama immediatamente il fulcro essenziale del film, incentrato SULLA PERENNE INSODDISFAZIONE di chi è ancora in cerca della propria anima … SULL’ INSANABILE CONFLITTO tra le proprie radici e la modernità, tra i padri che, legati al passato, tendono sempre la mano a un uomo in difficoltà, e i figli che, chiusi nel loro bozzolo, preferiscono non vedere, cambiare rotta, vogliono vivere anziché sopravvivere … SUI RAPPORTI INTERPERSONALI tra Giulietta e Sara, un’isolana e una straniera, l’una sconvolge la vita dell’altra, eppure desiderose entrambe di ricostruire, di migliorare sé stesse, di raggiungere la propria “terraferma” e aiutare i propri figli a crescere senza paura. Tra le due donne, “più degli scarni scambi di battute, possono i silenzi, i non-detti, gli sguardi, le lacrime, il riconoscere, l’una nell’altra, la forza della determinazione” (Jessica Cugini, La Terraferma di Timnit, www.combonifem.it., ott. 2011).
I personaggi, infatti, si scontrano, si osservano, si guardano, infine si capiscono e comprendono che “sumus membra magni corporis” (Seneca, La volta umana, Ep. ad Luc, 95, 51-53), che tutti gli uomini devono collaborare per il bene comune e che la società è alquanto simile “fornicationi lapidum” (Seneca, Ibidem), a una volta di pietre, quae casura sit, destinata a cadere, “nisi esse obstarent invicem” (Seneca, Ibidem), se le pietre non si puntellassero a vicenda. Tali riflessioni sono state supportate anche dal Sngci, il Sindacato nazionale dei giornalisti cinematografici, promotore del Premio Pasinetti 2011 ricevuto da Crialese, perché le microstorie, “tra cronaca autentica e racconto epico, tra realismo e poesia, mettono a fuoco un capitolo di quotidianità che è già Storia dei nostri tempi, con un messaggio universale di solidarietà” (Premio Pasinetti, Motivazione, www.ifestival.it, sett. 2011).
Nel film, personaggi di finzione si affiancano ad altri realmente esistiti o fedelmente ricostruiti e tutti, comunque, spiccano per prerogative specifiche, dando vita a “una storia sospesa tra realtà e mito, narrata con il linguaggio lieve e potente delle fiabe. Non un film sull’immigrazione, ma su di noi. Su chi cerca la propria Terraferma” (Intervista a Emanuele Crialese, www.mymovies.it, Ibidem).
Un posto a sé, occupa Titti-Timnit, alias Sara, la venticinquenne “dagli occhi profondi come l’abisso in cui precipita l’umanità che rifiuta di soccorrere i suoi simili” (Troppo rumore per quasi http:\\/\\/psicolab.neta, www.mymovies.it, sett. 2011), a cui il regista ha chiesto di salire a bordo con lui “su una barca immaginaria, quella della rappresentazione, per reinterpretare alcuni momenti della sua avventura sconvolgente, con l’intesa e l’intento di poterla riscrivere, di poter cambiare” (Emanuele Crialese, Note di regia, www.cinemaitaliano.info, luglio 2011).
La microstoria dell’Etiope, non attrice di professione, ma, comunque, protagonista di quella vita, si assimila al dramma vissuto realmente dalla donna, sussurrando un prodigioso “la” a Crialese che, attraverso l’implicita analisi del problema dei profughi, stigmatizza le ferite dell’immigrazione e delle prevaricazioni a livello socio-economico-culturali. Come dimenticare Titti-Timnit, la ragazza comparsa sul sito di Combonifem nel settembre 2009? Magrissima, molto provata, ma illuminata sempre dal sorriso e da una forza di volontà disarmante, era partita da Tripoli il 28 luglio 2009, insieme ad altri cinquantatré uomini e ventiquattro donne, ed era sbarcata a Lampedusa il 20 agosto 2009. Si erano salvati solo in cinque. Titti era l’unica donna, aveva con sé il figlioletto e portava in grembo il frutto dello stupro subito durante il passaggio in Libia.
L’ex soldatessa eritrea, in quelle tre settimane, aveva trovato la salvezza mettendo in pratica quanto aveva imparato durante i precedenti addestramenti militari, esercitandosi nel deserto a stare senza cibo e acqua per giorni. La giovane, nell’agosto 2009, come accade alla Sara del film salvata da Ernesto, è stata accolta dai palermitani Franco e Anna Chinnici con tale generosa ospitalità da farle dichiarare che, “ogni anno, il 20 di agosto, ricorda, con somma gratitudine, la sua nuova nascita” (Jessica Cugini, Ibidem); l’evento simbolico, nel film, viene evocato attraverso il parto della figlia che porterà il nome di colei che l’ha aiutata a nascere, Giulietta.
“Chissà quanto di quel dolore mostrato sul grande schermo arriva dal vissuto. Chissà cosa si prova a dovere interpretare davanti a una cinepresa una vita che mostra i contorni drammatici del passato e il miraggio lontano di una Terraferma, senza che, fino all’ultimo momento, si abbia la certezza dell’approdo. Tali domande risuonano nel momento in cui lo schermo si riempie per intero del suo volto e si percepisce, dall’espressione dei suoi occhi, un magnetismo indefinito, derivato probabilmente dalla consapevolezza di chi conosce già il suo copione” (Jessica Cugini, Ibidem).
Scorre, dunque, agli occhi partecipi dello spettatore “un’umanità che rimette alla prova sé stessa, consegnando, infine, al giovane Filippo, il timone di un avvenire che ritrovi la luce dopo il buio di una difficile traversata. Quale sarà la sua terraferma? Quale sarà l’approdo saldo della sua ancor giovane vita (Valerio Sammarco, Ibidem)?
TERRAFERMA, le cui riprese sono iniziate nel maggio 2010, per una durata di 12 settimane, a Linosa, è il film italiano designato all’Academy Award dalla Commissione istituita presso l’Anica come probabile candidato all’Oscar; dal 28 sett. u.s. è cominciata la lunga e difficile corsa verso il premio cinematografico più ambito. Data miliare il 25 gennaio 2012. Sarà prescelto tra la “rosa dei cinque” del prossimo 26 febbraio? Sarà ulteriormente riconosciuto “il talento purissimo di un direttore artistico capace di narrare storie dalla grande forza emotiva, attraverso immagini nitide e incisive, che, senza concessioni a una banale spettacolarità, toccano la platea nel profondo” (Francesca Fiorentino, Ibidem)?
“Non sarà facile, perché ormai anche il cinema è globalizzato e ogni anno ci sono titoli importanti provenienti da tutto il mondo a contendersi la prestigiosa statuetta. I gusti hollywoodiani, inoltre, spesso sono molto distanti dai nostri ed è quasi impossibile individuare i film che potrebbero scaldare i cuori dei giurati di oltreoceano; le storie di emigranti, con stereotipi tutti italici come mare, sole, vacanze e mandolini, infatti, non hanno mai fatto particolare impressione all’Academy, mentre funzionano quelle di respiro universale, che possono essere comprese a ogni latitudine, privilegiando l’aspetto poetico e melodrammatico” (Terraferma verso l’Oscar, solaris-film.blogspot.com, sett. 2011).
L’Italia è in fibrillazione e lo stesso Crialese riconosce le difficoltà del “percorso a ostacoli in cui bisogna riuscire a fare vedere il film a più membri possibile dell’Academy, pur sapendo che è vietato organizzare apposite proiezioni”; egli, in ogni caso, ritiene che il film “sia fruibile negli Stati Uniti non solo perchè quello dell’immigrazione è il tema del secolo, molto sentito anche in America, ma, soprattutto, per l’interesse che riscuotono le figure femminili alla ricerca di una vita diversa” (Beatrice Bertuccioli, Intervista a Crialese, qn.quotidiano.net., sett. 2011) e il forte messaggio che vi si incarna.
La vita di ogni uomo, sembra ribadire il regista, ha bisogno di luce, ma spesso il buio è profondo … Impariamo, invece, a farla scorrere come un fiume che disseta, a farla penetrare negli sguardi smarriti di cerbiatti sperduti nel caos della vita, ad aprire i cuori sordi incapaci di ascoltare umili preghiere, ad alimentare ciascun lanternino, a uccidere il mostro della solitudine, dell’indifferenza, dell’insensibilità … e, finalmente, la storia che stiamo scrivendo con la nostra esistenza non sarà più intrisa solo di sangue e di morte.
BIBLIOGRAFIA
Orazio, Caelum non animum mutant, Ep. I, 11, 26
nazioneindiana.com, sett. 2011
Francesca Fiorentino, Vecchio mondo, www.movieplayer.it, sett. 2011
Marzia Gandolfi, Un dramma poetico che risponde alle grandi domande sul mondo, www.mymovies.it, sett. 2011
Valerio Sammarco, Terraferma, www.cinematografo.it, sett. 2011
L’uomo bianco, l’uomo nero e il mare, www.mymovies.it, sett. 2011
Elena Mascioli, Oltre lo schermo, www.agiscuola.it, sett. 2011
Andrea D’Addio, Terraferma, www.film.it, sett. 2011
Valentina Di Giacomo, Nuovo mondo italiano nel mare di Crialese, mediacritica.it, sett. 2011
Roberto Escobar, Terraferma, L’espresso, sett. 2011
Jessica Cugini, La Terraferma di Timnit, www.combonifem.it., ott. 2011
Seneca, La volta umana, Ep. ad Luc, 95, 51-53
Premio Pasinetti, Motivazione, www.ifestival.it, sett. 2011
Intervista a Emanuele Crialese, www.mymovies.it, sett. 2011
Troppo rumore per quasi http:\\/\\/psicolab.neta, www.mymovies.it, sett. 2011
Emanuele Crialese, Note di regia, www.cinemaitaliano.info, luglio 2011
Terraferma verso l’Oscar, solaris-film.blogspot.com, sett. 2011
Beatrice Bertuccioli, Intervista a Crialese, qn.quotidiano.net., sett. 2011